Il quadro normativo
1. Gli obblighi di pubblicazione per i quali è previsto uno specifico regime sanzionatorio nel d.lgs. 33/2013
L’art. 47 del d.lgs. 33/2013 prevede uno specifico regime sanzionatorio per la violazione degli obblighi di comunicazione di alcuni dati di cui all’art. 14 del medesimo decreto e di pubblicazione e comunicazione dei dati di cui agli artt. 22, co. 2, e 47, co. 2, ultimo periodo, del decreto stesso.
In particolare, l’art. 47, co. 1, nel rinviare all’art. 14, sanziona la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado (art. 14, co. 1, lett. f)), nonché di tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica (art. 14, co. 1, lett. c)).
Ne consegue che i titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di poteri di indirizzo politico, come individuati ai sensi della delibera ANAC n. 144/2014, sono tenuti a comunicare i suddetti dati, ai fini della pubblicazione, al Responsabile della trasparenza, o ad altro soggetto individuato nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità o in altra disposizione anche regolamentare interna a ciascuna amministrazione.
Con la delibera n. 144/2014 l’ANAC ha fornito alle amministrazioni indicazioni sulla pubblicazione dei dati di cui all’art. 14, sulla decorrenza dell’obbligo di pubblicazione ed, in particolare, sull’applicazione dell’art. 14, co. 1, lett. f), ai comuni. A tale delibera, pertanto, si rinvia per gli opportuni approfondimenti.
Ai sensi dell’art. 47, co. 2, è sanzionata, invece, la violazione degli obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 22, co. 2, del d.lgs. 33/2013 secondo cui le amministrazioni sono tenute a pubblicare ed aggiornare annualmente, con riguardo alle categorie di enti di cui all’art. 22, co. 1, lettere da a) a c) - enti pubblici vigilati, enti di diritto privato in controllo pubblico, società partecipate, con l’esclusione delle società menzionate al co. 6 del medesimo articolo - i seguenti dati: ragione sociale, misura della eventuale partecipazione dell’amministrazione, durata dell’impegno, onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l’anno sul bilancio dell’amministrazione, numero dei rappresentanti dell’amministrazione negli organi di governo, trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari, incarichi di amministratore dell’ente e il relativo trattamento economico complessivo.
Al fine di porre le amministrazioni nella condizione di pubblicare alcuni dei dati sopra elencati, l’art. 47, co. 2, del d.lgs. 33/2013 pone in capo agli amministratori societari l’obbligo di comunicare ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal percepimento. Essi sono tenuti, pertanto, a comunicare i dati sopracitati al Responsabile della trasparenza di ciascun socio pubblico, o ad altro soggetto individuato nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità o in altra disposizione anche regolamentare interna ai fini della pubblicazione sul sito istituzionale di ciascun socio pubblico.
La mancata comunicazione dà luogo alla sanzione amministrativa pecuniaria disposta dal medesimo art. 47, co. 2.
2. Le sanzioni previste
L’art. 47del d.lgs. 33/2013 prevede l’irrogazione di sanzioni pecuniarie per la violazione degli obblighi di comunicazione e di pubblicazione sopra illustrati sia nei confronti dei soggetti tenuti a comunicare i dati previsti dall’art. 14 e dall’art. 47, co. 2, secondo periodo, sia nei confronti dei soggetti tenuti a pubblicare i dati di cui all’art. 22, co. 2.
Nello specifico, per le informazioni e i dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado (art. 14, co. 1, lett. f)), nonché per tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica (art. 14, co. 1, lett. c)), primo periodo, il legislatore dispone, in caso di mancata o incompleta comunicazione, l’irrogazione, a carico del responsabile della mancata comunicazione, di una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro e la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio sul sito internet dell’amministrazione o dell’organismo interessato.
La sanzione pecuniaria di cui sopra è applicabile, esclusivamente, nei confronti dei titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico come individuati ai sensi della delibera n. 144/2014. Nessuna sanzione è applicabile nei confronti del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, stante la subordinazione prevista dal legislatore per la diffusione dei relativi dati a un espresso consenso da parte dei medesimi. Allo stesso modo, nessuna sanzione pecuniaria è prevista per il soggetto tenuto alla pubblicazione di tali dati che, pur avendoli ricevuti, non abbia provveduto a pubblicarli. Depone in tal senso la previsione normativa che si limita a sanzionare con una pena pecuniaria la sola mancata comunicazione dei dati. Sono, comunque, applicabili al soggetto tenuto alla pubblicazione dei dati le sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza previste dagli artt. 45 e 46 del d.lgs. 33/2013.
Una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro è anche disposta a carico del responsabile della violazione degli obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 22, co. 2, del d.lgs. 33/2013 (soggetto tenuto a pubblicare), e nei confronti degli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal percepimento in virtù dell’art. 47, co. 2, secondo periodo.
3. L’ “autorità amministrativa competente” all’irrogazione delle sanzioni e la delibera n. 66/2013
Con riguardo al procedimento per l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie e all’individuazione dell’autorità competente, l’art. 47, co. 3, del d.lgs. 33/2013 si limita a stabilire che le sanzioni «sono irrogate dall’autorità amministrativa competente in base a quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689».
La norma, con un mero rinvio generico alla l. 689/1981, è da subito apparsa non perspicua e carente sotto il profilo della corretta formulazione, stante il principio di stretta legalità che informa il sistema sanzionatorio. Detta norma, pertanto, ha dato luogo a numerose incertezze interpretative.
Consapevole delle difficoltà ermeneutiche e della necessità di un intervento legislativo chiarificatore1 e sia pure in presenza di ipotesi alternative, l’ANAC con la delibera n. 66/2013 ha operato un tentativo di lettura della normativa, incentrata sull’elaborazione da parte di ciascuna amministrazione di un regolamento in cui individuare, sulla base dei principi contenuti negli artt. 17 e 18 della l. 689/1981, i soggetti competenti all’istruttoria dei procedimenti sanzionatori e i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni.
Secondo la delibera n. 66/2013, tenuto conto delle previsioni dei menzionati artt. 17 e 18, ciascuna amministrazione deve provvedere, in regime di autonomia, a disciplinare con proprio regolamento il procedimento sanzionatorio, ripartendo tra i propri uffici le competenze, in conformità con alcuni principi di base posti dal legislatore del 1981. Tra i più importanti, quelli sui criteri di applicazione delle sanzioni (art. 11); quello del contraddittorio con l’interessato (art. 14); quello della separazione funzionale tra l’ufficio che compie l’istruttoria e quello al quale compete la decisione sulla sanzione (artt. 17-18).
Ogni regolamento deve individuare il soggetto competente ad avviare il procedimento di irrogazione della sanzione e il soggetto che irroga la sanzione, di norma, e compatibilmente con l’autonomia riconosciuta agli enti territoriali, individuati tra i dirigenti o i funzionari dell’ufficio di disciplina.
Nelle more dell’adozione del regolamento gli enti, nell’esercizio della loro autonomia, sono tenuti ad indicare un soggetto cui compete l’istruttoria ed uno cui compete l’irrogazione delle sanzioni.
Qualora gli enti non provvedano al riguardo, tali funzioni sono demandate, rispettivamente, al Responsabile della prevenzione della corruzione e al responsabile dell’ufficio disciplina. Questi ultimi agiranno sulla base dei principi sopra evidenziati e contenuti nella l. 689/1981.
Il procedimento per l’irrogazione della sanzione è avviato a seguito della segnalazione della mancata pubblicazione da parte dell’ANAC o dell’OIV e/o del Responsabile della trasparenza, al soggetto competente ad avviare il procedimento sanzionatorio, così come individuato dal regolamento adottato da ciascuna amministrazione.
Relativamente al procedimento sanzionatorio per l’inadempimento degli obblighi di cui all’art. 14 riguardanti gli organi di indirizzo politico dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella delibera n. 66/2013 si è ritenuto di dover demandare ai d.p.c.m. regolati dall’art. 49, co. 2, del d.lgs. 33/2013 la definizione della disciplina applicabile.
Si è infatti considerato che una soluzione di questo tipo, da un lato, può favorire l’uniformità della disciplina nei confronti dei componenti del governo nazionale e la semplicità del relativo processo decisionale; dall’altro lato, trova un suo fondamento normativo nello stesso art. 95 della Costituzione e nella attribuzione che esso fa al Presidente del Consiglio del potere di mantenere l’unità di indirizzo politico e amministrativo del Governo. Nelle more dell’adozione dei citati d.p.c.m. i Responsabili della trasparenza vigilano sull’adempimento degli obblighi di cui all’art. 14 e segnalano i casi di mancato o ritardato inadempimento all’ANAC.
4. Le recenti novità legislative
Nel corso del 2014 sono intervenute alcune significative modifiche della normativa primaria in materia di anticorruzione e trasparenza, intesa come accessibilità totale delle informazioni, apportate con il d.l. 90/2014 convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114.
Il legislatore ha rafforzato ruolo e poteri dell’Autorità nazionale anticorruzione, prevedendo, in primo luogo, la concentrazione in capo all’ANAC delle competenze, sia di vigilanza che di regolazione, in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza in precedenza attribuite al Dipartimento della funzione pubblica dalla l. 190/2012 e dal d.lgs. 33/2013 (art. 15 d.l. 90/2014).
Al Presidente dell’ANAC sono stati affidati compiti di alta sorveglianza e garanzia della correttezza e trasparenza delle procedure connesse ad EXPO 2015 nonché poteri di proposta ai prefetti di adozione di misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione (artt. 30 e 32, d.l. 90/2014).
La normativa si inquadra, anche in relazione alla soppressione dell’AVCP e del trasferimento all’ANAC di tutte le relative competenze, nella scelta di individuare un forte presidio a livello centrale per la prevenzione della corruzione, come anche evidenziato nell’atto di organizzazione dell’ANAC del 29 ottobre 2014 adottato in attuazione della delibera n. 143 del 30 settembre 2014. La missione istituzionale dell’Autorità viene, tra l’altro, individuata «nella prevenzione della corruzione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate anche mediante l’attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali».
Per quanto riguarda in particolare la trasparenza, nel d.l. 90/2014 i poteri dell’ANAC sono stati incrementati, anche nella prospettiva di valorizzare la trasparenza come strumento per la prevenzione della corruzione in linea con le indicazioni delle principali organizzazioni internazional2.
Infatti, in aggiunta ai poteri di vigilanza e di controllo sull’esatto adempimento degli obblighi, pena l’adozione di misure di rimozione e di ordine già specificamente previste nell’art. 1, co. 2 e 3, della l. 190/2012 e nell’ art. 45 del d.lgs. 33/2013, l’ANAC può irrogare direttamente sanzioni pecuniarie in caso di mancata adozione dei programmi triennali per la trasparenza e l’integrità, oltre che dei piani triennali di prevenzione della corruzione e dei codici di comportamento (art. 19, co. 5, d.l. 90/2014).
Con riferimento specifico alle sanzioni di cui all’art 47 del d.lgs. 33/2013, è attribuito al Presidente dell’ANAC il potere di segnalare «all’Autorità amministrativa di cui all’art. 47 c. 3 del d.lgs. n. 33/2013 le violazioni in materia di comunicazione delle informazioni e dei dati e di obblighi di pubblicazione previsti nel citato art. 47, ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio di cui al medesimo articolo»(art. 19, co. 7, d.l. 90/2014).
Oltre al rinnovato quadro istituzionale in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza, il d.l. 90/2014 ha introdotto modifiche significative relativamente all’ambito soggettivo di applicazione della disciplina della trasparenza prevista dal d.lgs. 33/2013. L’art. 24 bis del decreto legge, infatti, amplia in modo considerevole il novero dei soggetti tenuti all’osservanza delle regole sulla trasparenza. Sono stati inseriti le autorità amministrative indipendenti, tutti gli enti pubblici anche economici nonché le società e gli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 11 d.lgs. 33/2013 come modificato dall’art. 24 bis del d.l. 90/2014).
Le ragioni di una nuova delibera
La portata dei recenti interventi normativi illustrati sinteticamente si ritiene incida anche sulla corretta interpretazione del regime sanzionatorio previsto dall’art. 47, co. 3, del d.lgs. 33/2013 ed è alla base delle motivazioni che spingono l’Autorità ad adottare una delibera che, in parte, si discosta da quella del 2013. L’interpretazione che si fornisce soffre, naturalmente, dei limiti che, come già evidenziato sopra, derivano da una non chiara formulazione dell’art. 47, co. 3. Per questo motivo l’ANAC ribadisce la necessità di un intervento legislativo urgente e appropriato che definisca con precisione il sistema sanzionatorio e i soggetti responsabili. Tuttavia, nelle more, si ritiene comunque opportuno modificare il precedente orientamento contenuto nella delibera n. 66/2013 per garantire una maggiore coerenza dell’applicazione delle sanzioni ai principi dell’ordinamento come risultano anche dalla recenti modifiche normative.
L’intero quadro normativo che emerge dalla l. 190/2012, dal d.lgs. 33/2013 e dal d.l. 90/2014, infatti, è espressione di una chiara scelta legislativa di ritenere la trasparenza, intesa quale accessibilità totale delle informazioni da pubblicare sui siti web,strettamente collegata alla prevenzione della corruzione e materia di competenza statale, sulla cui attuazione vigila l’Autorità nazionale anticorruzione3.
La competenza statale si desume, in primo luogo, dall’art. 1, co. 15, della l. 190/2012 secondo cui «ai fini della presente legge» la trasparenza dell’attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. m), della Costituzione. Il legislatore ha ribadito la qualificazione della trasparenza come livello essenziale delle prestazioni in altre due norme: nell’art. 1, co. 36, della stessa l. 190/2012 e nell’art. 1, co. 3, del d.lgs. 33/2013 specificando che i contenuti del decreto delegato integrano l’individuazione del «livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai fini di trasparenza, prevenzione, contrasto alla corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’art. 117, co. 2, lett. m) della Costituzione».
In secondo luogo, l’art. 1, co. 3, prevede anche che la medesima disciplina costituisce esercizio della funzione statale di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale di cui all’art. 117, co. 2, lett. r), della Costituzione.
Per quel che riguarda la trasparenza come livello essenziale delle prestazioni, si evidenzia che già nell’art. 11 del d.gs. 150/2009, abrogato poi dal d.lgs. 33/2013, era contenuta una previsione analoga. Tuttavia, diversamente dal d.lgs. 150/2009, la l. 190/2012, con i criteri di delega, e più approfonditamente il d.lgs. 33/2013 superano la disposizione dell’art. 11 citato chiarendo direttamente le implicazioni della disciplina della trasparenza e specificando gli obblighi, che ne costituiscono il contenuto minimo, che devono essere osservati da tutte le pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti tenuti alla loro attuazione.
Poiché la trasparenza ai sensi della l. 190/2012 e i contenuti normativi del decreto 33/2013 costituiscono livello essenziale delle prestazioni, esso deve essere garantito su tutto il territorio nazionale, senza limitazioni o condizionamenti da parte della legislazione regionale4. Proprio per questo, peraltro, si deve ritenere che il d.l. 90/2014 abbia inteso rafforzare il sistema di vigilanza sulla trasparenza incardinato nell’ANAC, alla quale il legislatore ha conferito i relativi poteri senza operare distinzioni con riguardo ai soggetti destinatari del controllo siano essi amministrazioni centrali, di livello territoriale ovvero enti di diritto privato. Con il d.l. 90/2014 si rafforza, in definitiva, la disciplina della trasparenza ai sensi della legge 190/2012 e del d.lgs. 33/2013 come livello essenziale di prestazione, sottratto pertanto all’autonoma iniziativa regionale e locale5.
Restano fermi, naturalmente, i poteri legislativi e regolamentari delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, che possono essere esercitati per garantire livelli ulteriori e più elevati di tutela. La possibilità di fissare maggiori livelli di trasparenza è, peraltro, prevista nell’art. 1, co. 9, della l. 190/2012 secondo cui tra i contenuti dei piani triennali di prevenzione della corruzione le amministrazioni indicano «specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge», laddove per legge non può che intendersi, innanzitutto, quella statale.
Poiché, dunque, il sistema della trasparenza che discende dalla l. 190/2012, dal d.lgs. 33/2013 e dal d. l. 90/2014 rientra nell’ambito della competenza statale, anche la disciplina sanzionatoria come delineata nell’art. 47, co. 3, si ritiene debba essere sottratta ad altre fonti normative ed interpretata ed applicata coerentemente6.
La delibera n. 66/2013 è incentrata sulla pluralità di fonti di disciplina del procedimento sanzionatorio, attraverso il rinvio a regolamenti che devono essere adottati da ciascun soggetto ricompreso nell’ambito soggettivo di applicazione del d.lgs. n. 33/2013. Detta delibera comporta un’attuazione eterogenea del regime sanzionatorio sul territorio in ragione di scelte effettuate autonomamente da ogni singolo ente o amministrazione, con possibili conseguenze sia di non effettività dell’applicazione delle sanzioni, che di violazione del principio di uguaglianza rispetto alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni.
Tenuto anche conto delle recenti modifiche normative, ad avviso dell’Autorità, per l’interpretazione della disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 47, co. 3, è, invece, necessario muovere dal riconoscimento della competenza statale in materia di trasparenza anche quale livello essenziale delle prestazioni e da una lettura integrata dell’art. 19, co. 7, del d.l. 90/2014, e dell’art. 17, co. 1, della l. 689/1981.
Visto che la trasparenza è materia di competenza statale e alla luce di quanto previsto dall’art. 19, c. 7, del d.l. 90/2014, si deve ritenere che spetti solamente all’Autorità, nell’esercizio delle funzioni di controllo e vigilanza in materia di trasparenza ad essa attribuite, il potere di avviare il procedimento sanzionatorio ai sensi della legge 689/1981, nell’ambito del quale può attivarsi la segnalazione del Presidente dell’ANAC di cui al predetto articolo 19 co.7.
Come già sopra indicato, quest’ultima disposizione attribuisce al Presidente dell’ANAC il potere di segnalare le violazioni di cui all’art. 47, co. 1 e 2 del d.lgs. 33/2013, all’ “autorità amministrativa competente all’irrogazione delle sanzioni ai sensi dalla l. 689/1981”.
L’art. 19 citato introduce, quindi, una dialettica fra il Presidente dell’ANAC e un’altra autorità amministrativa non direttamente identificata nell’art. 47, co. 3, del d.lgs. 33/2013.
In base ad una lettura sistematica della normativa sulla trasparenza e della legge 689/1981 - e sempre tenuto conto che si tratta di materia di competenza statale - questa autorità amministrativa non può che essere individuata, a legislazione vigente, nel prefetto del luogo in cui si verificano le violazioni di cui all’art. 47, co. 1 e 2, del d.lgs. 33/2013.
Infatti, nelle materie di competenza statale, l’art. 17 della l. 689/1981 stabilisce che per l’irrogazione della sanzione definitiva, in caso di mancato pagamento in misura ridotta, intervenga il prefetto in assenza di altri uffici sul territorio e dunque a chiusura del sistema sanzionatorio. Questa interpretazione è suffragata anche dalla considerazione che i prefetti svolgono in generale sul territorio funzioni di garanzia e di promozione dei diritti civili e sociali dei cittadini, alla cui piena attuazione la trasparenza è finalizzata (artt. 1 e 2, d.lgs. 33/2013).
Ne consegue che si delinea un collegamento fra l’ANAC, a cui l’ordinamento attribuisce le funzioni di vigilanza sulla trasparenza, e i prefetti.
Si è consapevoli che nel d.p.r. 29 luglio 1982, n. 571, adottato in attuazione dell’art. 17, co. 7, della l. 689/1981, e che indica gli uffici competenti a ricevere il rapporto, non risultano corrispondenze fra l’ANAC e i prefetti. Ma questo in parte si spiega con l’assenza di aggiornamenti recenti al d.p.r. citato. E’ di rilevo, invece, il fatto che nell’art. 32 del d.l. 90/2014 il legislatore abbia previsto un modello di relazione fra Presidente dell’ANAC e prefetti per l’adozione di misure in senso lato sanzionatorie per la straordinaria gestione, per il sostegno e il monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione.
Per il rispetto del principio di legalità che impronta, in generale, la materia sanzionatoria ed anche ai fini di un’interpretazione sistematica, si rileva che concorre all’orientamento ermeneutico accolto anche la specifica previsione dell’art. 1, co. 735, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, laddove attribuisce al prefetto la competenza ad irrogare una sanzione pecuniaria nei confronti dei soggetti responsabili della omessa pubblicazione dei dati concernenti gli incarichi di amministratori delle società degli enti locali conferiti da soci pubblici e dei relativi compensi, nonché nei confronti dell’amministratore che non comunichi ai soci pubblici il proprio incarico e il relativo compenso. La fattispecie sanzionata in tale norma è analoga a quella definita nell’art. 47, co. 2, del d.lgs. 33/2013.
Infine, deve ritenersi almeno in parte superato per abrogazione implicita l’art. 2, co. 1, lett. f), del d.l. 174/2012, convertito in legge 7 dicembre 2012, n. 213. Detta disposizione, infatti, ha previsto che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all’80 per cento di alcuni trasferimenti erariali a favore delle regioni sia erogata a condizione dell’adozione da parte delle regioni di una serie di provvedimenti. Tra questi è inclusa l’adozione di una disciplina sulle modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo, con il relativo sistema sanzionatorio.
Come visto, la pubblicità dei dati relativi allo stato patrimoniale dei titolari di incarichi politici e di indirizzo politico è disciplinata dagli artt. 14 e 47, co. 1, del d.lgs. 33/2013. Nella misura in cui gli obblighi di pubblicazione indicati nell’art. 2, co.1, lett. f), del d.l. 174/2012 coincidono con quelli indicati dagli artt. 14 e 47, co. 1, del d.lgs. 33/2013, si deve ritenere che, poiché la disciplina contenuta nel d.lgs. 33/2013 integra un livello essenziale delle prestazioni ed è successiva a quella del d.l. 174/2012, prevalga la disciplina del d.lgs. 33/2013, con il relativo apparato sanzionatorio, nei confronti di ogni amministrazione, ivi comprese le regioni.
Rimane, invece salva la disciplina relativa agli altri obblighi di trasparenza sullo stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo contenuta nelle leggi regionali eventualmente adottate in attuazione del d.l. 174/2012. Si deve in ogni caso trattare di obblighi diversi da quelli relativi allo stato patrimoniale già previsti nel d.lgs. n. 33/2013.
Procedimento
Alla luce del richiamato quadro normativo, il procedimento per l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 47, co. 3, del d.lgs. 33/2013, considerata la competenza statale e tenuto conto dell’art. 19 c. del d.l.90/2104 nonché del rinvio alla l. 689/1981, si delinea come segue.
L’ANAC, nell’ambito delle proprie funzioni di vigilanza e di controllo, d’ufficio o su segnalazione, sul rispetto degli obblighi di trasparenza, è il soggetto competente ad avviare il procedimento sanzionatorio per le violazioni di cui all’art. 47, co. 1 e 2, del d.lgs. 33/2013, provvedendo all’accertamento, alle contestazioni e alle notificazioni ai sensi degli artt. 13 e 14 della l. 689/1981 ai fini del pagamento in misura ridotta (art. 16, l. 689/1981).
In questa ottica, gli OIV, ovvero le strutture o i soggetti con funzioni analoghe, in attuazione del potere di attestazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione previsto dall’art. 14, co. 4, lett. g), d.lgs. 150/2009, e anche in relazione alle segnalazioni ricevute dai Responsabili della trasparenza, ai sensi dell’art. 43, co. 1 e 5, del d.lgs. 33/2013, comunicano ad ANAC le irregolarità riscontrate in relazione agli adempimenti di cui al citato articolo 47 co. 1 e 2.
Qualora non sia stato effettuato ad ANAC il pagamento in misura ridotta, il Presidente dell’Autorità, in base all’art. 19, co. 7, del d.l. 90/2014, ne dà comunicazione, con un apposito rapporto ai sensi dell’art. 17, co. 1, della legge 689/1981, al prefetto del luogo ove ha sede l’ente in cui sono state riscontrate le violazioni per l’irrogazione della sanzione definitiva (art. 18, l. 689/1981).
Il prefetto comunica al Presidente dell’ANAC l’esito della procedura sanzionatoria e all’amministrazione, all’ente o all’organismo interessato l’eventuale provvedimento sanzionatorio adottato anche ai fini della pubblicazione sul sito istituzionale ai sensi dell’art. 47, co. 1, del d.lgs. 33/2013 nella sotto-sezione relativa agli organi di indirizzo politico.
Come previsto dall’art. 49, le sanzioni in argomento si applicano «a partire dalla data di adozione del primo aggiornamento del Programma triennale della trasparenza e, comunque, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore” del d.lgs. 33/2013.
A decorrere da tali date, la mancata pubblicazione e/o la mancata comunicazione che configurano l’inadempimento sono presupposto per l’avvio del procedimento sanzionatorio.
Con riferimento al procedimento sanzionatorio e all’individuazione dell’autorità competente all’irrogazione delle sanzioni per l’inadempimento degli obblighi di cui all’art. 47, co. 1, relativamente agli organi che compongono il Governo si ritiene, in ragione della speciale posizione costituzionale del Governo, di dover rinviare a quanto previsto all’art. 49, co. 2, del d.lgs. 33/2013 secondo cui «con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono determinate le modalità di applicazione delle disposizioni del presente decreto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in considerazione delle peculiarità del relativo ordinamento ai sensi degli articoli 92 e 95 della Costituzione», come anche già previsto nella delibera n. 66/2013.
Comunque, anche per questo aspetto, si ritiene opportuno un intervento del legislatore che chiarisca il tipo di disciplina applicabile ai vertici politici dei Ministeri.
Disciplina transitoria
Considerato che la presente delibera stabilisce una diversa regolamentazione del procedimento sanzionatorio già previsto nella delibera n. 66/2013, l’Autorità ritiene necessario indicare una disciplina transitoria che tenga conto del principio generale deltempus regit actum.
Ne discende, quindi, che ai procedimenti sanzionatori per i quali, alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della presente delibera, sia stata già conclusa l’istruttoria da parte dell’ufficio competente e siano già stati trasmessi gli atti all’ufficio cui spetta l’irrogazione della sanzione, si applicano le disposizioni previste dai regolamenti di ogni amministrazione o ente adottati ai sensi della delibera ANAC n. 66/2013 o, in mancanza, le disposizioni previste in via suppletiva dalla stessa delibera.
Le amministrazioni comunicano ad ANAC gli esiti del procedimento sanzionatorio.
Laddove, invece, alla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della presente delibera, il procedimento sia stato avviato ma la fase istruttoria non sia stata ancora conclusa con la trasmissione degli atti all’ufficio cui spetta l’irrogazione della sanzione, gli stessi atti dovranno essere trasferiti dal Responsabile della trasparenza dell’amministrazione o dell’ente all’ANAC che procederà agli accertamenti e alle contestazioni secondo quanto previsto al paragrafo relativo al procedimento della presente delibera.
Con successivo comunicato l’ANAC indicherà l’ufficio al quale trasmettere gli atti delle istruttorie procedimentali in corso e le relative modalità.
Il Presidente
Raffaele Cantone
Roma, 21 gennaio 2015
Depositata presso la Segreteria del Consiglio in data 29 gennaio 2015
Il Segretario: Maria Esposito
Delibera formato pdf
1-
Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190/2012, pp. 10 e 49, pubblicato sul sito www.anticorruzione.it.
2- La stretta relazione tra la disciplina della trasparenza e quella della lotta alla corruzione si rinviene ad esempio nella Convenzione Onu contro la corruzione del 31 ottobre 2003, ratificata dall’Italia con legge 3 agosto 2009, n. 116, e in numerosi documenti internazionali adottati in sede sia OCSE sia GRECO (“Gruppo di Stati contro la Corruzione” nell’ambito del Consiglio d’Europa).
3- Si vedano l’ art. 1, co. 2, lett. f), l. 190/2012, l’art. 45, d.lgs. 33/2013 e l’art. 19 del d.l. 90/2014.
4- Sul tema dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la Corte costituzionale ha avuto modo di ribadire in diverse circostanze che la competenza statale sulla determinazione dei livelli essenziali è in grado di incidere anche sulle potestà legislative e regolamentari regionali e locali. La Corte ha infatti precisato che non si tratta di una “materia” in senso stretto, quanto di una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, «senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle». Si vedano, C. cost., 26 giugno 2002, n. 282; C. cost., 4 dicembre 2009, n. 322.
6- Nel caso di materie attribuite alla competenza dello Stato e non già trasferite o delegate alle regioni (o alle province autonome) deve ritenersi di spettanza statale anche l’applicazione delle sanzioni amministrative” Corte costituzionale n. 60/1993. La Corte costituzionale ha ripetutamente affermato, tra l’altro, che la regolamentazione delle sanzioni spetta al soggetto nella cui sfera di competenza rientra la disciplina della materia, la cui inosservanza costituisce l’atto sanzionabile Corte costituzionale n. 28/1996, n. 361/2003, n. 12/2004, n. 384/2005.