Ieri, così è stato definito in generale dai media, il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, avrebbe sferrato un ultimo “attacco”, in ordine di tempo, alla manovre pensionistiche del governo. Banalizzazioni giornalistiche, che lasciano purtroppo il tempo che trovano: molto, dal punto di vista del clamore fine a se stesso, ma soprattutto molto poco dal punto di vista dei contenuti delle proposte in vista di soluzioni “politiche” che eventualmente andrebbero prese.
Piuttosto, l’opera meritoria di Boeri s’inscrive nel novero degli atti cosiddetti di policy, termine statunitense che attiene, pragmaticamente, alla definizione prima ed eventuale risoluzione poi di una o più questioni (traducibile anche con il termine inglese question, ovvero letteralmente: domanda). Scrupolosamente, occorrerebbe distinguere il termine policy dal termine politics; termine, quest’ultimo, che viceversa pone l’accento sulla definizione ed eventuale risoluzione non di una questione specifica, tanto per intenderci, quanto di un conflitto ideologico o di poteri insorto, direi occasionalmente, in ordine alla questione medesima. Un’opera pertinente, quella di policy, che lo stesso Boeri non ha esitato a definire “di controllo democratico”.
L’ultima occasione, si diceva dell’“attacco”, è stato l’incontro svoltosi a Roma lo scorso 16 gennaio. Tema dell’incontro: Esplicitare il debito implicito. All’incontro, oltre a Boeri, hanno partecipato: Laurence Kotlikoff (Università di Boston), Agar Brugiavini (Università Cà Foscari di Venezia), Daniele Franco (Ragioniere Generale dello Stato) e Giuseppe Pisauro (Università di Roma e Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio).
L’analisi - in parte tendenziale degli esiti delle riforme del sistema pensionistico in Italia, fino alla previsione delle nuove misure introdotte con la Legge di Stabilità 2017 - dei diversi interventi - che in prospettiva abbiano tenuto conto degli sviluppi sistematici sia di breve ma soprattutto di medio e lungo periodo - è stata il presupposto per una discussione relativa innanzitutto ai migliori parametri di accountability applicabili e riscontrabili alla validità delle proposte e all’efficacia duratura (duration) di un sistema pensionistico.
Il Presidente dell’Inps ha pertanto rappresentato l’esigenza, a suo giudizio, di “esplicitare il debito implicito” dei sistemi pensionistici, non solo il nostro, prestando attenzione al bilancio dei paesi europei. Brevemente, il debito implicito rappresenta la misura del debito pubblico - per così dire nascosto in quanto proiettato nel futuro - che uno Stato dovrebbe nell’attualità contabilizzare al fine di far fronte alla spesa che si prevede sia in futuro necessaria per garantire o sostenere l’intero sistema di welfare (Stato sociale). E, come qui espliciteremo, in questo sta il nodo della differenza sostanziale tra la sostenibilità dell’attuale sistema e la garanzia dei livelli attuali di benessere.
Un dato di sostenibilità, che è emerso dalla relazione di Boeri, indica per l’Italia una misura del gap-2016 pari a 107 (fonte: Stiftung Marktwirtschaft), un dato che indica l’attuale sostenibilità del nostro sistema, ma che tuttavia emerge da un rapporto di stima sempre attuale di un debito esplicito pari al 132% del PIL e un debito implicito pari al 25% PIL. Il confronto, in particolare su questo dato, ha registrato un generale ottimismo, senz’altro maggiore da parte del Ragioniere Daniele Franco.
L’esperto studioso statunitense ha invece proposto l’utilizzo di un altro parametro di accountability, di sua parziale invenzione, accreditato maggiormente negli USA, denotato gap fiscale; in breve, un indice pertinente alla misura d’incremento delle tasse e/o riduzione delle spese necessarie per colmare il divario fiscale di lungo periodo. Kotlikoff ha quindi sostenuto che “la contabilizzazione del fiscal gap può mostrare come l’Italia sia in una forma ben migliore degli altri Paesi OCSE”.
Il Professor Pisauro ha sostanzialmente ripreso tale intervento, precisando che negli anni più recenti di riforme il Parlamento italiano ha adottato una nuova prospettiva di contabilità confermando l’uso di parametri non più senz’altro di breve periodo ma di “medio termine”.
L’intervento della Professoressa Brugiavini, a mio modestissimo parere, direi che è invece sopraggiunto a dare soprattutto conferma di un quadro mutato del sistema in discussione. Sistema, che ormai travalica i confini del vecchio rapporto tra “contributi” e “prestazioni”, e viceversa s’innesta nel quadro nuovo generale di un sistema di welfare complessivo, relativo cioè all’intera organizzazione dello Stato. Tale ultimo intervento, anche se strettamente propositivo di un altro sistema di accountability pensionistica (SSW), ha finito così con il reintrodurre l’analisi di quelle che potremmo definire le “ragioni” di Boeri.
In definitiva, dovrebbe trattarsi piuttosto dell’interesse dei contribuenti di uno Stato a che il sistema nel suo complesso, e quindi il nostro welfare state sia sempre non tanto sostenibile quanto piuttosto in grado di garantire anche nel futuro i livelli generali delle attuali prestazioni. A margine di ciò, occorre comunque evidenziare che, come ha ribadito lo stesso Presidente dell’Inps, “entro il 2017 i paesi UE devono produrre tavola aggiuntiva di Contabilità Nazionale con misure del debito pensionistico implicito”. Una certificazione - e aggiungerei qui, anche una conclusione - per nulla da sottovalutare.
Angelo Giubileo