PERCHE' SI RIAPRE IL CAPITOLO PENSIONI

La recente sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale, abrogativa del meccanismo perequativo delle pensioni introdotto con l’art. 25 comma 5 della legge n. 214/2011, ha suscitato numerose critiche sia favorevoli che sfavorevoli, ottenendo tuttavia l’effetto innanzitutto di riaprire la discussione sul capitolo della spesa pensionistica pubblica in Italia.

In ambito europeo, la valutazione dell’andamento del fabbisogno di spesa pubblica pensionistica è operata annualmente adottando quale parametro prioritario di riferimento il dato percentuale della spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL. In base alle recenti modifiche normative, di cui alle leggi 122/2011 e 214/2011, lo scenario di base-2013, sia nazionale che europeo, ha previsto una diminuzione tendenziale e costante del rapporto spesa-PIL fino al 2025 circa quando il dato, allineato rispetto ai due scenari di base, è stimato pari al 15,2%.

Il dato tendenziale e costante in diminuzione riprende poi a crescere fino al 2045, raggiungendo il 15,6% (scenario nazionale) o 16,2% (scenario europeo) per poi riprendere a scendere fino al 2060 al livello del 14% (scenario nazionale) o 14,6% (scenario europeo).

La previsione dello scenario nazionale era stata affidata, in base alla legge di riforma Dini n. 335/95, al NuVaSP (Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale), che ha cessato la sua attività a maggio 2012. Mentre, in ambito europeo prosegue l’analisi con la pubblicazione di Rapporti annuali (Pensions at glance – OECD).

Se dunque la previsione del dato percentuale del rapporto spesa/PIL sembra faccia ben sperare per il futuro del nostro sistema pensionistico, essa in effetti risulta ingannevole a motivo, vedremo, del fatto che il meccanismo di pagamento delle pensioni pubbliche in Italia continua ad operare mediante un sistema cosiddetto “a ripartizione” (pay as you go).

Ciò comporta che siano piuttosto altri i fattori che, soprattutto nelle fasi di recessione o stagnazione economica, destano a ragione maggiore preoccupazione tra gli esperti. In particolare, trattasi della misura del debito pensionistico cosiddetto “implicito”, derivante dall’obbligo della contribuzione, a cui lo Stato deve fare fronte per il pagamento delle prestazioni oltre che, di conseguenza, della misura che potremmo definire genericamente “adeguata” delle prestazioni medesime.

In ordine all’ammontare del debito implicito, il Rapporto OECD-Pensions at glance 2011 riporta le stime dell’OCSE e del FMI. In entrambe, risulta che l’Italia ha accumulato il debito pensionistico più elevato tra tutti i paesi avanzati, stimato per allora in misura pari al 242% (OCSE), forse più attendibile, e 357% (FMI), forse più azzardata, del PIL.

Questo dato, senz’altro il più allarmante in prospettiva futura, relega in subordine anche un altro, direi, problema che insiste nel nostro paese, e cioè la misura  dell’elevata contribuzione pensionistica obbligatoria, oggi pari al 33% della retribuzione lorda datoriale. A cui, non dimentichiamolo, occorre aggiungere la misura della contribuzione, anch’essa obbligatoria, ai fini della prestazione di liquidazione (TFS-TFR pubblico/privato).

La rilevazione del Rapporto OECD-Pensions at glance 2014, condotta sulla base di 20 indicatori specifici, offre dati di sintesi, rispetto a quelli già qui riportati, ancora più allarmanti:

Indicatori principali

INDICATORI PRINCIPALI

ITALIA

OCSE

Tasso di sostituzione futuro lordo

Salario medio *

Basso salario *

71,2

71,2

54,4

71,0

Spese pubbliche per pensioni di vecchiaia e superstiti % rispetto al PIL

15,4

7,8

Speranza di vita

Alla nascita

A 65 anni di età

82,2

20,3

79,9

19,1

% Popolazione di 65 anni di età e oltre rispetto alla popolazione di età lavorativa

34,5

25,5

Salario medio (Aw Ocse)

Eur

28.900

32.400

N.d.r.: il tasso di sostituzione indica il rapporto tra il primo assegno di pensione e l’ultimo assegno di stipendio. Il dato del rapporto risulta più favorevole se calcolato al netto dei rispettivi importi, perché è chiaro che sul lordo stipendiale pesa in negativo l’importo delle trattenute a scopi pensionistici e previdenziali.

*I dati in tabella presuppongono che il lavoratore svolga una carriera lavorativa senza interruzioni con contribuzione versata a decorrere dal 2012. Per “bassi salari” s’identificano i salari pari, per ipotesi, alla metà dei “salari medi”.

Pertanto, data la misura percentuale dell’elevata contribuzione obbligatoria a cui si accennava, il quadro negativo appena delineato - complessivamente relativo al fabbisogno di spesa necessario - potrebbe anche risultare peggiorativo se relazionato al fenomeno, che attiene viceversa alla patologia del rapporto obbligatorio, dell’evasione contributiva.

Fenomeno che, in generale, può essere considerato parte di un altro fenomeno, assorbente, rispetto al quale si dispone piuttosto di dati registrati e certificati: si tratta dei sempre più ri/correnti disavanzi di bilancio (a parte i dati della gestione economico-patrimoniale, che qui non riportiamo), avendo come ultimo riferimento, per le gestioni annuali in esso certificate, il Rendiconto generale del bilancio INPS 2013:

Risultati di bilancio – Quadro di sintesi

 

Consuntivo 2009

Consuntivo 2010 *

Consuntivo 2011

Consuntivo 2012 **

Consuntivo 2013

Gestione finanziaria di competenza

Accertamenti

281.533

279.112

284.428

382.065

397.701

Impegni

276.209

277.448

283.131

391.851

406.425

Risultato finanziario di competenza

5.324

1.664

1.297

- 9.786

- 8.724

di parte corrente

in conto capitale

3.316

2.008

1.965

- 301

1.534

- 237

- 9.175

- 611

- 8.799

75

Avanzo di amministrazione alla fine dell’esercizio

57.347

59.535

60.271

53.870

43.890

Gestione finanziaria di cassa

Riscossioni

189.749

186.996

191.032

271.587

273.532

Pagamenti

271.639

275.966

280.238

378.209

388.354

Differenziale di cassa

81.890

88.970

89.206

106.622

114.822

Trasferimenti dallo Stato

79.210

75.585

81.701

89.443

95.521

Anticipazioni dello Stato/Tesoreria

2.314

1.305

2.640

12.048

17.005

Diminuzione disponibilità liquide

366

12.080

4.865

5.131

2.296

*Dal 01.01.2010 i valori recepiscono l’effetto dell’incorporazione dell’IPOST nell’INPS ex art. 7 D.L. n. 78/2010

**Dal 01.01.2012 i valori recepiscono l’effetto dell’incorporazione dell’INPDAP e dell’ENPALS nell’INPS ex art. 21 D.L. n. 201/2011

Fonte: INPS

Tanto premesso, le conclusioni del Rapporto  OECD-Pensions at glance 2014 sintetizzano che: “A causa dell’invecchiamento demografico e in particolare della diminuzione costante dei tassi di mortalità e dell’aumento della speranza di vita, le pensioni a ripartizione (PAYG) sono esposte a problemi di sostenibilità finanziaria, mentre è necessario assicurare la continua solvibilità dei fondi di pensione a prestazione definita e per le pensioni a contributo definito (DC) è opportuno esaminare soluzioni che garantiscano che i singoli soggetti abbiano un reddito da pensione adeguato”. A tal fine, e in particolare tenendo conto della situazione del nostro paese, il Rapporto suggerisce all’Italia di provvedere a aumentare il ruolo complementare delle pensioni private (…) attraverso l’obbligo o l’adesione automatica”.

Aggiungo, su base anche contrattuale e, se ritenuto viceversa più opportuno, pur modulata dall’introduzione di clausole di tipo “opting out”, che consentano cioè all’iscritto di esercitare il diritto di recesso dalla forma pensionistica complementare entro un tempo contrattualmente prestabilito.  

In argomento, estremamente significativi appaiono i dati, ripresi dalla Relazione Covip per l’anno 2013, così come riportati nelle due tabelle qui di seguito.

 

 

Lì, 21.05.2015

                                                                                                                      Angelo Giubileo

Esperto di settore


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Categoria: Uffici ANQUAP Data di creazione: 21/05/2015
Sottocategoria: Previdenza Ultima modifica: 22/05/2015 11:15:12
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