L’INPS incalzata da sempre più frequenti notizie apparse sulla carta stampata nonché dai sindacati esce finalmente allo scoperto ammettendo di avere dei problemi nella certificazione del diritto a pensione per i pensionandi 2018.
L’Istituto di Viale Ballarin con il comunicato stampa del 12 u.s. fa il punto sui pensionamenti del personale scolastico in procinto di lasciare il lavoro il 1^ settembre p.v.
Con la premessa che è da quest’anno che l’istituto previdenziale è tenuto alla certificazione del diritto a pensione, l’INPS ammette che si è trovata “spiazzata” dal gran numero di domande di cessazione pervenute: ben oltre 41.000.
L’INPS dice di averne certificate quasi 37.000 ma ne rimangono ancora non poche da certificare e certamente i diretti interessati non possono fare salti di gioia.
Eppure giova ricordare due cose:
- le domande di cessazione dal servizio sono state presentate dai diretti interessati entro il 20 dicembre 2017 e di conseguenza già da gennaio 2018 il numero ne era noto;
- l’INPS si è data da subito una tempistica per lavorare le pratiche in modo da poter concludere le operazioni in tempo utile.
Perché allora questo ritardo?
Non si può non far presente che l’INPS certifica il diritto a pensione sulla base dei dati presenti nell’estratto conto previdenziale del singolo dipendente.
I problemi probabilmente nascono proprio qui ovverossia la “non coincidenza” di questi dati con le certificazioni dei servizi sottoscritte dalle II.SS. ed in possesso dei dipendenti.
Fino a quando i servizi non presenti nell’estratto conto non vi entreranno a far parte l’INPS è impossibilitata a certificare il diritto a pensione.
Per far ciò possono intervenire sia le II.SS., in quanto datori di lavoro, sia lo stesso dipendente che può chiedere di variare la sua posizione contributiva. Indubbiamente queste modalità non sono state recepite dalla maggioranza delle scuole che non hanno neanche “avvisato” i dipendenti. Le nuove modalità di certificazione del diritto hanno trovato impreparate le II.SS. abituate da sempre ad interloquire in modalità cartacea con le strutture provinciali degli UU.SS.RR..
Non era difficile, di conseguenza, ipotizzare che ci sarebbero state delle problematiche poi puntualmente emerse in tutta la loro gravità.
L’INPS segnala poi un’altra problematica peraltro già nota. Quella del calcolo dei periodi di servizio che l’istituto previdenziale effettua con l’anno commerciale pari a 360 giorni mentre per il MIUR il calcolo è effettuato come da calendario. Secondo l’INPS la possibile differenza finale dovrebbe essere limitata ma non è possibile escludere che in taluni casi possa precludere al riconoscimento del diritto a pensione.
Ma vengono segnalati casi di non riconoscimento, per via di questo calcolo, di non pochi giorni come dichiarato dall’INPS ed allora i problemi non sono di poco conto.
L’emergere di tutte queste problematiche ha portato il MIUR e l’INPS ad incontrarsi, con i propri vertici; l’INPS a sua volta ha incontrato le OO.SS., ora ci si domanda chi e quando vorrà “incontrare” le scuole per spiegare bene loro quali sono i compiti che gli spettano.
L’Associazione scrivente ha più volte fatto presente che i problemi sono risolvibili semplicemente “facendo dialogare” i sistemi informativi del MIUR con quelli del MEF e dell’INPS. Con gli operatori scolastici che inseriscono i dati nella piattaforma SIDI da cui l’INPS estrae i dati necessari per i suoi compiti: verificare il diritto al trattamento pensionistico. Difficile?
Nel frattempo, seppur l’INPS dichiari tutta la sua attenzione sulle problematiche, qualche migliaio di dipendenti scolastici non sa cosa farà il 1° settembre 2018. È giusto?
Lì, 19.07.2018
IL RESPONSABILE UFFICIO PREVIDENZA
Stefano Giorgini