Il Tar del Lazio mette un po' di ordine sulla schizofrenia previdenziale

Il pensionamento coatto per limiti di eta'

La legge 214/2011 – riforma Monti Fornero - ha stabilito i nuovi limiti per il diritto alla pensione di vecchiaia in 66 anni per il 2012 e in 66 anni e tre mesi per il 2013.

La circolare della Funzione Pubblica n.2 del’8 marzo 2012, suffragata anche dai recenti pareri della medesima Funzione pubblica nn. 13264/2013 - 315888/2013 prevedeva il collocamento a riposo coatto al compimento del 65esimo anno di età nei confronti di quei dipendenti che entro il 2011 erano già in possesso della massima anzianità contributiva, o comunque dei requisiti prescritti per l’accesso a un trattamento pensionistico diverso dalla pensione di vecchiaia. Tale circolare, inoltre, era stata condivisa con i Ministeri del Lavoro, dell’Economia e con lo stesso Inps.

Il Tar del Lazio con la sentenza 2446/2013 ha annullato parte della predetta circolare che riguarda le regole per il pensionamento coatto per limiti di età.

In pratica, a seguito della sentenza, l’amministrazione pubblica non potrà più procedere al collocamento a riposo d’ufficio del dipendente al compimento del limite ordinamentale di 65 anni compiuti dopo il 1° gennaio 2012, contro la volontà dello stesso, ancorché abbia maturato il diritto al pensionamento entro il 31.12.2011. È riconosciuto pertanto il diritto a rimanere in servizio fino al conseguimento dei nuovi requisiti di cui in premessa per accedere al trattamento di vecchiaia. (Salvo l’eventuale biennio di trattenimento di cui al decreto legislativo 503/1992.)

E’ accaduto che il ministero della Giustizia aveva collocato a riposo d’ufficio un proprio dipendente per raggiunti limiti di età che già nel 2011 faceva valere oltre 40 anni di contribuzione dando seguito a quanto previsto dalle disposizioni ministeriali. I giudici amministrativi hanno disposto che i nuovi requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia previsti dalla riforma Fornero trovano applicazione a coloro che alla data del 31.12.2011 avevano maturato i requisiti per la pensione di anzianità ma non quelli per la pensione di vecchiaia.

La riforma previdenziale nella pubblica amministrazione in definitiva non può essere utilizzata per mandare in pensione di vecchiaia tutti quelli che hanno raggiunto i 65 anni. E’ una sentenza annunciata che conferma quanto si andava più volte sostenere da diverso tempo. E’ anche in piena sintonia con il pensiero dello scrivente sin dal sorgere della legge capestro la 133/08 e succ. modificazioni e integrazioni, che prevede il pensionamento forzato. Si è sempre avvalorato, oltretutto, che trattasi di una violazione del diritto del lavoratore che si vede peraltro calpestata la libertà di scelta e peraltro a carico della spesa pensionistica.

 

Lì, 02.07.2013                                                         Giuliano Coan

Consulente in diritto previdenziale e  docente in materia.

Autore di studi e pubblicazioni. 



 
Categoria: Uffici ANQUAP Data di creazione: 02/07/2013
Sottocategoria: Previdenza Ultima modifica: 02/07/2013 09:55:40
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