La Burocrazia in Italia. Un po' di storia. Realta' e prospettive

( Documento di ricerca e studio )

Significato del termine “Burocrazia”

BUROCRAZIA è l’insieme di apparati e di persone al quale è affidata, a diversi livelli, l’amministrazione di uno Stato o anche di enti non statali; è l'organizzazione di persone e risorse destinate alla realizzazione di un fine collettivo secondo criteri di razionalità, imparzialità, impersonalità. L'etimologia ibrida del termine, dal francese bureau ("ufficio") connesso al greco krátos ("potere") ne rivela l'origine tarda e la derivazione di chiara matrice francese.

Il termine, definito in maniera sistematica da Max Weber indica il "potere degli uffici"; un potere o - più correttamente -  una forma di esercizio del potere che si struttura intorno a regole impersonali ed astratte, procedimenti, ruoli definiti una volta per tutti e immodificabili dall'individuo che ricopre temporaneamente una funzione

Cos’è la Burocrazia

Entrata nella nostra pratica politica e amministrativa per indicare un sistema di amministrazione mediante uffici coperti da impiegati, il termine era utilizzato in opposizione al sistema dei funzionari onorari. Ma essa ha poi perduto gran parte del suo significato letterale per riferirsi piuttosto in senso soggettivo al complesso degl'impiegati di ogni grado, e in senso oggettivo ai pregi e ai difetti che del sistema sono propri, e cioè l'azione continuata e uniforme da un lato, ma dominata, dall'altro, da pregiudizi, da un eccessivo rispetto delle forme e dei precedenti e dalla tendenza a evitare ogni responsabilità. E poiché molto spesso i difetti hanno superato i pregi, così si è aggiunto nella pratica al concetto di burocrazia un senso dispregiativo, difficilmente definibile.

Il concetto di burocrazia è proprio delle scienze politiche, non delle scienze giuridiche. Soltanto il diritto pubblico generale ne ha tratto un attributo dato a quegli uffici dello stato e delle altre persone giuridiche pubbliche che hanno un solo titolare, in contrapposto agli uffici collegiali. In questo senso si parla di uffici burocratici, di organi burocratici. La derivazione del termine è la stessa, in quanto i collegi sono prevalentemente costituiti da funzionari onorari, gli organi burocratici da impiegati.

La formazione della burocrazia nelle società umane è un fenomeno costante, di tutti i tempi e di tutti i paesi a un certo punto del loro sviluppo e si parla, perciò, di Stato burocratico.

Quest’ultimo mantiene una classe di specialisti che assume la direzione amministrativa della “cosa pubblica”, in un progressivo differenziarsi di mansioni. Differenziarsi di mansioni e formazione della burocrazia sono in rapporto diretto.

Il fenomeno burocratico è, peraltro, indipendente dalla struttura costituzionale dello stato, dall'organizzazione interna dei poteri, potendo ben darsi uno stato autocratico burocratico come uno stato liberale burocratico.

Nello stato moderno la burocrazia è una forza di non poca rilevanza e di cui bisogna tener conto, sia per promuovere i vantaggi con essa legati, sia per eliminare gl'inconvenienti. Essa trova tra i suoi componenti appartenenti alla classe di governo. Nel mutare dei governi, proprio dei regimi rappresentativi, è il solo elemento di continuità; nel succedersi delle incompetenze politiche è un elemento tecnico prezioso. Proprio per questo le scienze sociali, e in particolare la politica e la scienza dell'amministrazione, dedicano alla burocrazia il più vigile studio, volendo cioè  disciplinarne razionalmente - per quanto possibile - la formazione e l'attività.

La burocrazia è un apparato organizzativo “tipico” che assume la sua forma più completa nella società moderna. A tal proposito, si suole distinguere tra una razionalità rispetto al valore e una razionalità rispetto allo scopo: se il valore è buono, lo scopo è qualcosa che si prefiggono vari soggetti indipendentemente dal suo valore etico.

Essa non è orientata verso dei valori, con scopi sempre positivi ma può anche essere usata per scopi strumentali, in quanto lo strumento tecnico è superiore a qualsiasi altra amministrazione, rivolta cioè ad esaminare le ragioni per cui un modello è superiore ad altri modelli puri di amministrazione. Se la burocratizzazione è una tendenza generale della società moderna, il potere burocratico ha una particolarità, è acefalo, non ha cioè dentro di sé le direttive supreme di natura politica che guidano le scelte di un paese o di un’organizzazione.

La burocrazia è sempre un apparato al servizio di un potere politico che si può basare su forme di legittimazione carismatica, tradizionale o razionale. Il responsabile di un apparato burocratico è il funzionario che segue le direttive di un capo politico, mentre il capo politico muta a seconda delle vicende storiche. Tra capo politico e funzionario si instaura un rapporto complesso e strumentale, poiché i funzionarti attuano i programmi dei politici interpretandoli e adattandoli, attenuandoli o ritardandoli.

La burocrazia può anche essere avversa a un Parlamento democraticamente eletto, comportando delle degenerazioni nel funzionamento dello Stato ed impostando un rapporto disfunzionale tra potere politico e potere burocratico.

 

Storia della Burocrazia

L’espressione "burocrazia" , da un punto di vista prettamente terminologico,  pare sia  stata introdotta nella seconda metà del Settecento dal fisiocratico J.-C. de Gournay come derivazione da bureau  - come già spiegato precedentemente - che già allora era termine che designava la scrivania dei funzionari.

Il dictionnaire dell'Accademia francese (supplemento 1798) definisce il termine burocrazia come "l'influenza dei capi e del personale degli uffici governativi", mentre il Dizionario tecnico-etimologico-filologico del De Marchi (Milano 1828) lo spiega come "neologismo inteso a significare il potere dei funzionari nella pubblica amministrazione". Certo è che già fra il Settecento e l'Ottocento la burocrazia è vista addirittura come una forma di governo (potere nelle mani dei funzionari); o appare come un termine critico nei confronti dell'organizzazione dello stato. Gli Elementi di scienza politica di G. Mosca (1895) pongono in evidenza che dopo lo stato feudale è sopravvenuto quello burocratico, nel quale il corpo dei funzionari stipendiati esercita un'autorità che trova i suoi limiti nei corpi elettivi.

Il maggior teorico dell'organizzazione, M. Weber, considera la burocrazia  uno degli elementi di razionalizzazione dello stato contemporaneo, fondato sul concetto dell'autorità legale. Ad essa sono legati, attraverso un sistema di norme astratte da applicare ai casi particolari, tutti i membri dell'organizzazione statale attraverso i principi dell'autorità e dell'obbedienza.

Secondo la teoria M. Weber  - una delle più autorevoli - elaborata  nei primi decenni del Novecento e tuttora sostanzialmente valida, la burocrazia è l’apparato amministrativo tipico per l’esercizio del potere legale, cioè quello fondato sulle norme e sulle regole. La stessa si pone  in contrapposizione al potere basato sul carisma del capo o sulle tradizioni e gli usi. Gli apparati della burocrazia si distinguono dalle tradizionali forme di amministrazione del passato perché si fondano, almeno in linea di principio, su alcuni tratti distintivi: la divisione del lavoro disciplinata in modo generale mediante regole; la gerarchia degli uffici; il ricorso a regole generali per governare le decisioni e le azioni; l’enfasi sull’uniformità dei comportamenti; l’impersonalità delle relazioni interne ed esterne; il lavoro come professione e carriera, che implica il possesso di una qualificazione specifica, il dovere di fedeltà all’ufficio, la remunerazione fissa per le proprie prestazioni e la durata vitalizia della carica. Nell’impostazione teorica, le organizzazioni che adottano i principi burocratici funzionano in modo più efficiente delle altre: le regole generali applicate alle situazioni specifiche permettono di orientare il comportamento delle persone, garantendo uniformità, continuità e stabilità nelle attività, oltre che servire per coordinare il lavoro; la gerarchia degli uffici definisce gli ambiti di autonomia e di controllo, nonché il percorso che deve seguire il flusso delle comunicazioni, facilitando i processi decisionali; le competenze stabili e la preparazione specialistica dei funzionari riduce il rischio di errori.

Nel Novecento il processo di burocratizzazione ha conosciuto una straordinaria espansione in tutte le economie del mondo. Osservando le prime fasi di questa tendenza, Weber sottolineò come fosse ormai in atto un processo irreversibile di burocratizzazione universale, che tendeva a imprigionare le persone in una rete di regole minuziose e a sottometterle alla potenza anonima, irresponsabile e ogni giorno più necessaria degli apparati burocratici, i veri detentori del potere nelle società moderne. Questo rischio si è in parte verificato e altri studiosi (R. Merton, A. Gouldner, M. Crozier), analizzando il funzionamento di alcune organizzazioni burocratiche, hanno messo in evidenza i ‘circoli viziosi’ della burocrazia, ovvero gli effetti non voluti o indesiderati derivanti dall’applicazione dei principi burocratici. Queste ricerche hanno inoltre fornito alcune indicazioni pratiche per correggere tali tendenze e recuperare efficienza ed efficacia. Anche grazie a questi studi, le organizzazioni burocratiche resistono ancora oggi, a dimostrazione del valore dei principi indicati da Weber all’inizio del 20° secolo. Con la rivoluzione tecnologica e l’irruzione dell’economia della conoscenza, la più grande sfida delle organizzazioni burocratiche è diventata quella di far evolvere il sistema di regole su cui le organizzazioni stesse si basano alla stessa velocità dei cambiamenti del contesto in cui si trovano a operare.

Weber, quindi, rileva che il più tipico sistema di autorità legale è quello che si presenta nella forma amministrativo-burocratica e che dà luogo a una gerarchia di uffici e di funzioni, al riconoscimento di diritti e doveri fra cui quello della fedeltà, della professionalità dell'impiego, dello stipendio e della carriera. Al fine di evitare il pericolo che la burocrazia accumuli troppo potere (e possa influenzare e controllare le scelte politiche) Weber indica dei meccanismi correttivi quali la collegialità di alcune decisioni e la separazione dei compiti in sfere funzionali distinte. Tuttavia egli concorda col Mosca nel ritenere che la miglior difesa contro le degenerazioni burocratiche (perniciose soprattutto nelle dittature) è dato dal sistema rappresentativo.

Successivamente le teorie di Weber vennero confutate e discusse: in dottrina si accentuò il distacco fra coloro che studiavano il sistema burocratico con mero interesse scientifico (tendenza accademica) e le tendenze critiche intese a polemizzare e a porre in evidenza i difetti del sistema stesso.

Nel secolo ventesimo si è pervenuti a numerose definizioni della burocrazia a seconda che provenissero da storici, economisti, politologi, sociologi, psicologi sociali o tecnici di organizzazione. Si definisce in tal modo la burocrazia come "organizzazione razionale" (Peter Blan, Scott, Leonard) e vi si vede un sistema che assicura la continuità della realizzazione degli obbiettivi di amministrazione e l'efficienza dell'apparato.

Altri sociologi affermano esattamente il contrario fino a identificare nella burocrazia la causa prima dell'inefficienza dell'amministrazione in quanto organizzazione, incapace di correggersi imparando qualcosa dai propri errori e afflitta da cronica staticità e mancanza di flessibilità (Crozier).

La tendenza a considerare la burocrazia come dominio dei funzionari, risalente a de Gournay e a J. Stuart Mill, è sempre viva: da Lask, che nell'Encyclopaedia of social Sciences (1930) scriveva che burocrazia è "il termine che in generale si usa per un sistema di governo, nel quale il controllo è in mano ai funzionari", a Brecht che, nel 1954, definiva la burocrazia come "governo dei funzionari"; a Meynaud (1968) che esamina il potere connesso a particolari capacità tecniche, fino a un comunista eretico come Gilas (1957) che vede la burocrazia come classe intesa a utilizzare lo stato e a disporne e che -  coerentemente -  identifica il partito, negli stati comunisti, in una burocrazia.

Dalla teoria che i funzionari sono detentori del potere è agevole passare all'identificazione della burocrazia  con la stessa pubblica amministrazione: come già evidenziato precedentemente, essa   è l'elemento di tutte le strutture organizzative e rappresenta la continuità di fronte alla mutevolezza delle classi politiche che si avvicendano. È evidente che possa costituire un gruppo di pressione, di solito a tendenze conservatrici, che tende a identificarsi con l'amministrazione. In Italia l'espressione più recente sarebbe ravvisabile nel d.l. 30 giugno 1972, n. 748, che, dando responsabilità ai dirigenti statali ai vari livelli, ha sottratto poteri agli organi politici e ha reso i burocrati organi con funzioni decisorie di rilevanza esterna.

La più recente pubblicistica riconosce che nell'amministrazione di oggi il ruolo dei pubblici impiegati, dei funzionari e dei dirigenti non è più raffigurabile con la tradizionale piramide burocratica e non consiste soltanto nella fedele attuazione della legge. L'amministrazione non limita più il proprio intervento alla garanzia dell'ordinato svolgimento dell'attività dei privati, ma fa fronte ai nuovi compiti resi necessari dall'evoluzione dello stato e dalla trasformazione della società. In tale prospettiva i pubblici funzionari, chiamati a partecipare ad attività d'indirizzo politico, si trovano di fronte a una sorta di crisi d'identità. La responsabilità, che prima era coperta formalmente dal ministro, vertice della piramide gerarchica, oggi è attribuita in proprio ai funzionari dirigenti ai vari livelli. Ciò ha la conseguenza di fornire una maggiore autocoscienza alla burocrazia, ma impone anche ai funzionari di non essere solo dei freddi e distaccati esecutori della legge, ma di sentire la funzione dell'amministrazione nella società, di condividere le tendenze favorevoli all'espansione, allo sviluppo, all'efficienza dei servizi, in conformità alle aspirazioni degli amministrati. In tal modo la funzione tradizionalmente affidata alla burocrazia si trasforma: l'amministrazione non deve preoccuparsi solo di stare al passo con la società (attraverso un processo di ammodernamento e di adeguamento), ma deve assumere una funzione trainante e di guida, dev'essere strumento e mezzo per rendere più efficace e veloce il processo di sviluppo sociale; ciò accresce l'importanza del fenomeno amministrativo e dà maggior potere e forza ai burocrati.

In senso contrario non si manca d'imputare alla burocrazia la colpa dei mali dell'amministrazione, con l'accusa di scarsa apertura alle innovazioni. Si osserva, infatti, che negli ordinamenti pubblici i tentativi di modifica delle strutture si verificano solo dall'interno, nei limiti in cui la burocrazia  accetta di essere modificata, in quanto essa costituisce un corpo socialmente autonomo che detenendo le leve dell'organizzazione e predisponendo i progetti di riforma e di modifica tende alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed evita che si apportino innovazioni che possano esserle di nocumento. La concezione weberiana, connessa alla visione legale-razionale (reclutamento per concorsi, organizzazione per ruoli e carriere, promozioni e trasferimenti legati a criteri garantistici) resiste nelle accezioni pratiche e ispira ancora la vigente normativa, ma viene considerata superata soprattutto nelle rivendicazioni delle organizzazioni sindacali.

Ciò dovrebbe portare, sia pur lentamente, a un ridimensionamento dei due grandi problemi dei pubblici impiegati, e cioè il reclutamento e la carriera. Il primo è legato alla pretesa di far sì che l'ammissione in servizio avvenga in modo da fornire all'amministrazione la prova della capacità e dell'attitudine degli ammittendi, connessa con la necessità di assicurare l'eguaglianza e di porre tutti alla pari nella possibilità di essere chiamati a prestare servizio: da qui il principio del pubblico concorso al quale possono partecipare tutti i cittadini in possesso dei requisiti richiesti. La tendenza più evidente è quella di eliminare il particolarismo dei concorsi banditi dalle singole amministrazioni per compiti analoghi e d'indirizzarsi, nell'amministrazione dello stato, ai concorsi unici.

Il secondo problema, quello della carriera, dovrebbe anch'esso trovare il proprio ridimensionamento nell'ambito di una ristrutturazione delle qualifiche funzionali dei pubblici dipendenti. Siffatte tendenze trovano già accenni di realizzazione nella normativa di alcune regioni. Ciò ha anche la conseguenza di togliere alla legislazione statale la caratteristica di normativa pilota. Naturalmente l'influenza che hanno le categorie interessate nel rinnovamento della disciplina del pubblico impiego rappresenta un ulteriore stadio di quel secolare processo di evoluzione e di rafforzamento della burocrazia, iniziatosi come garanzia d'indipendenza dal sovrano, attraverso il continuo formalizzarsi dei rapporti, e rafforzatosi poi allorché l'amministrazione-apparato ha acquistato un'importanza e una tecnicizzazione sempre maggiore ed è divenuta meno resistente alle influenze delle organizzazioni sindacali.

 

Il concetto di Burocrazia dei nostri giorni

L'attuale accezione del termine è principalmente negativa, a causa di quelle che nel corso del Novecento sono state definite da alcuni "conseguenze inattese" del fenomeno burocratico: rigidità, lentezza, incapacità di adattamento, inefficienza, inefficacia, lessico difficile o addirittura incomprensibile (il cosiddetto burocratese), mancanza di stimoli, deresponsabilizzazione, eccessiva pervasività, tendenza a regolamentare ogni minimo aspetto della vita quotidiana.

In tempi recenti, vari fattori -  tra i quali i profondi cambiamenti dell'assetto geopolitico ed una migliore consapevolezza dei cittadini, nata anche dal confronto generalizzato con altre realtà oltre i confini nazionali -  hanno posto al centro dell'attenzione il tema di una nuova sensibilità nei rapporti con la burocrazia. Lo stesso vale anche in Paesi tradizionalmente deficitari sotto questo aspetto e privi di una normalizzazione dello spoil system. D'altro canto i progressi nella governance razionale, supportata anche dall'applicazione sistematica della Teoria dei giochi ad opera di studiosi come Robert Cooter, Douglas Baird, Robert Gertner e Randal Picker, hanno contribuito in modo fondamentale ad una migliore comprensione delle dinamiche sociali nella classe dirigente ed hanno portato vari Governi a prendere atto che i continui mutamenti dell'ambiente sociale ed economico (sviluppo tecnologico, differenziazione e frammentazione della domanda sociale, dispersione del potere politico su nuovi livelli anche transnazionali) richiedevano adeguate riforme e ridimensionamenti del "potere degli uffici". Al modello burocratico si sono quindi nel tempo apportate modifiche sia nella pratica che nella teoria, sviluppando forme di amministrazione partecipata, flessibile, contrattata, per progetti (cosiddetto modello telocratico  ).

  

Realtà e prospettive

L’Italia, oggi, appare come un sistema iperburocratizzato e ipercentrista che enfatizza le procedure e perde di vista il raggiungimento degli obiettivi.

A tal proposito è doveroso sottolineare quanto il problema sia sentito. Non a caso, molti sono coloro i quali propongono soluzioni alle carenze presenti nel sistema attuale.

L’Italia è il Paese con il maggior numero di  regole e norme ma anche quello con il maggior numero di controlli amministrativi, nonché con il maggior numero di enti che si sovrappongono. Questo accumulo di interventi, però, non corrisponde a un'efficacia reale delle verifiche.  Ad oggi, un  punto sul quale lavorare  è quello della semplificazione delle procedure . Per questo è necessario un drastico intervento di snellimento della macchina pubblica, che proceda al "disboscamento” della miriade di soggetti istituzionali che intervengono in ogni singola, sia pur semplice, procedura. Purtroppo, però, su questo fronte i segnali che vengono dalla politica non sono per niente positivi.

 

E’ anche vero che la promozione di un maggior livello di efficienza nell’apparato pubblico è da sempre un obiettivo per i Governi nazionali.

Oggi, purtroppo, nel particolare momento storico che sta vivendo il Paese, sovrapposizioni e sprechi nel funzionamento della macchina pubblica rappresentano ancora di più un ostacolo per la competitività delle imprese e dell’intero Sistema Paese che deve essere prioritariamente rimosso.

In questo stato di cose, è “luogo comune” sottolineare la necessità di un “rinnovamento" .

Secondo alcuni la colpa di tutto ciò è dei Governi (di centro destra e di centro sinistra) che, con maggioranze forti o ristrette hanno voluto scrivere, di fatto, solo l'indice delle necessarie riforme , senza mai avere un'effettiva volontà di assicurare il necessario profondo rinnovamento. Altro punto dolente, e su cui è anche opportuno intervenire, è la risoluzione definitiva  del conflitto di competenze tra organi dello stato.

 

Secondo altri è sbagliato indicare  la politica come la responsabile di tutti i mali, poichè se si osservano gli ultimi cent’anni di storia italiana, il problema è la burocratizzazione della politica e non la politizzazione della burocrazia. In Lombardia, ad esempio, l’autostrada Pedemontana è stata progettata nel 1963 e forse vedrà la luce con Expo 2015. L’orizzonte elettorale dei politici è troppo limitato temporalmente, perciò l’identificazione di un problema può essere fatta da un politico, ma la decisione, valutazione e messa in opera, cioè tutta la fase dell'implementazione, sfugge al politico ed è tutta in mano agli apparati amministrativi. Il potere vero è policy, non politics. Per questo è necessaria una maggiore cultura e formazione nella gestione delle organizzazioni complesse come le pubbliche amministrazioni. 

La soluzione che si potrebbe suggerire è che, se non è possibile cambiare la mentalità di chi per anni ha gestito il meccanismo di produzione normativa e legislativa ( che di fatto è stato teso solo ad aumentare il potere della burocrazia a discapito delle necessità del paese e dei cittadini ),  almeno si potrebbe tentare di intervenire in maniera sistematica, incisiva ed istituzionale nei processi decisionali. Già sono state evidenziate le criticità di un sistema imperniato e chiuso intorno all'operato di alti funzionari che da sempre hanno gestito questo immenso potere, spesso passando da un ministero all'altro, da un organismo all'altro, gestendo autorità varie, commissioni ed incarichi vari. Si sa ormai  che lo Stato è e resta cruciale per lo sviluppo ma deve essere uno Stato efficiente, moderno, snello.

 

Ad ogni modo, il problema – perché oggi quando si parla di burocrazia si fa riferimento ad uno dei “mali” peggiori dell’Italia – è sentito da quanti, giorno per giorno, incontrano centinaia di ostacoli per la realizzazione di un interesse ( professionale, personale, sociale…). L’iter - suggerito, o meglio disponibile, necessario ed obbligatorio - per qualsiasi adempimento non consente all’interessato d’agire in tempi brevi e con soluzione certa.

 

Semplificazione e trasparenza sono i due strumenti  essenziali per contrastare il problema . Entrambi, però,  per essere efficienti comportano la capacità di saper anche scrivere testi chiari ed accessibili. L’Italia è ricca di leggi di elevato valore. Purtroppo, però, per metterle in pratica si fa - di continuo – ricorso a provvedimenti elaborati in seguito dai Gabinetti dei Ministeri, e tutta la carica innovatrice svanisce. Ed è così che il proliferare dei procedimenti e dei passaggi si pone in netto contrasto con la semplicità e l’immediatezza .

Ritardi, inefficienze, scarsa propensione politica a prendere di petto il problema  hanno creato negli anni incredibili incrostazioni nella macchina pubblica. Un esempio: sarebbe bastato, come hanno più volte richiesto varie associazioni di categoria, estendere e approfondire il sistema dello sportello unico per le imprese, un sistema  che - laddove è in funzione - riesce  ad accelerare la procedura delle autorizzazioni per le imprese. Il che favorirebbe la crescita in Italia e contribuirebbe a risollevare la stessa dal declino in cui versa.

Il tema della semplificazione   della macchina pubblica  è da tempo oggetto dell’impegno del governo e  della politica. Il peso della burocrazia rappresenta infatti uno dei grandi motivi di ritardo del sistema Italia. Si tratta di un grave handicap per  le imprese e di una intollerabile complicazione per la vita dei cittadini. Se l’indice di competitività dell’Italia  si è miseramente abbassato nel corso degli anni la causa è da attribuire all’incredibile matassa di ostacoli ed impedimenti che limitano l’attività delle aziende e rallentano la fornitura dei servizi pubblici. Occorre obiettivamente riconoscere che , sulla semplificazione della Pubblica Amministrazione, si sono fatte in passato molte promesse, che però – puntualmente - non si sono tradotte in realtà.

Come si può constatare, ci sono comunque problemi di fondo nel sistema Italia che non possono essere affrontati e risolti soltanto con un decreto, una legge, una norma insomma per quanto incisivo/a esso/a si possa rivelare nell’accelerazione delle procedure amministrative.

Si è più volte fatto riferimento al particolare momento di crisi che sta travolgendo l’Italia.  Alla base della crisi generale, spicca la crisi economica e quindi la crisi dell’impresa. Questo settore, per riprendersi e per poter crescere, ha bisogno di più semplicità, di un’”alleanza” tra la pubblica amministrazione e la società. “La burocrazia non deve opprimere la voglia creativa degli italiani". Questo è quanto espressamente palesato dal Premier Letta trascorsi i suoi primi 100 giorni di Governo. Letta ha evidenziato la necessità e la volontà di rendere più semplice e più facile la vita alle persone ed alle imprese facendo diventare meno esasperante il rapporto dei cittadini con la burocrazia.

Lo ha fatto con :

  • le norme urgenti, che possono avere un impatto immediato sull’economia, inserite nel “Decreto Fare” (Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 . Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.),  approvato dal Consiglio dei Ministri
  • DDL semplificazioni  : Misure di semplificazione degli adempimenti per i cittadini e le imprese e di riordino normativo.  Approvato dal Consiglio dei Ministri del 19 giugno 2013 .

Proprio con il “decreto Fare” l’esecutivo introduce un nuovo strumento che consente di responsabilizzare la Pubblica Amministrazione per evitare perdite di  tempo: l’indennizzo automatico e forfettario cioè l’amministrazione è tenuta a corrispondere una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo, fino ad un massimo di 2.000 euro. Per la prima volta, quando è inadempiente, lo Stato paga quindi una multa “a favore” dell’utente.

Sempre con il “decreto Fare” viene abolito il rompicapo delle scadenze: si introducono le date uniche. Niente più mille scadenzari. Due sole scadenze, dunque, e a cadenza semestrale.

Altre semplificazioni riguardano l’edilizia. Ad esempio sono garantiti tempi certi per il rilascio dei permessi di costruire, anche nei casi in cui ci siano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Viene semplificata la realizzazione degli interventi edilizi che comportano modifiche alla sagoma degli edifici, i quali, purché realizzati nel rispetto dei vincoli e a parità di volumetria, sono soggetti alla segnalazione certificata di inizio attività. L’intento è quello di supportare, appunto semplificando, un settore in crisi. Il governo interviene inoltre sulla sicurezza sul lavoro. Meno carte e più sicurezza è la filosofia che ispira l’intervento, eliminando adempimenti burocratici precedenti i lavori per favorire soprattutto i controlli ex post.

Ancora, per accelerare la digitalizzazione della Pa, arriva lo stop all’uso obbligato del fax negli uffici pubblici. Da oggi basta, dunque, una e-mail nelle comunicazioni ufficiali della Pubblica Amministrazione.

Molte  altre norme per facilitare la vita delle persone da tanti piccoli impedimenti quotidiani sono contenute nel disegno di legge “Semplificazioni" per i cittadini”. Viene, in primo luogo, introdotto il rilascio, a richiesta dell’interessato, dei titoli di studio in lingua inglese, in modo da poterli utilizzare all’estero senza dover pagare costose traduzioni.

Si riunificano, poi, gli adempimenti relativi al cambio di residenza e al pagamento del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi ed altro.

Non sarà inoltre più necessario comunicare al Pubblico Registro Automobilistico (PRA) le perdite di possesso per furto e i cambi di residenza, che verranno acquisiti d’ufficio.

Il disegno di legge prevede altresì l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni per consentire lo scambio dei dati contenuti nelle diverse banche-dati. La norma vuole dare concreta attuazione al principio secondo il quale la pubblica amministrazione non può più chiedere ai cittadini e alle imprese documentazione relativa a dati di cui è già in possesso. Deve essere in grado di reperire queste informazioni al proprio interno.

Ancora, lo stop alle lungaggini burocratiche, in quanto l’interessato che abbia bisogno della segnalazione di Inizio Attività potrà richiedere allo Sportello Unico di provvedere all’acquisizione di tutti gli atti di assenso necessari all’intervento edilizio.

Lodevoli i passi fatti, ma ancora non sufficienti al superamento del problema in argomento.

 

Il Premier dovrebbe avviare concretamente – con gli uomini giusti – la ristrutturazione della macchina dello Stato, delle Amministrazioni territoriali e delle Autorità terze attrezzando strutture capaci di abbattere il muro culturale che sta impantanando il nostro Paese.

 

Le Amministrazioni devono capire che l’unica via non può essere sempre e solo quella di aumentare le tasse.

 

Il sindacato, sia nel pubblico che nel privato, deve superare i tabù sui nuovi lavori e deve far in modo che ci si possa avvalere dei nostri cervelli migliori, scegliendoli con criteri meritocratici e pagandoli per quello che valgono.

 

Le imprese devono fare anch’esse la loro parte relativamente all’innovazione  e sui mercati globali.

 

Gli uomini dello Stato locale e centrale devono dimostrare di riuscire a guardare avanti rinunciando alla conservazione e non al patrimonio dell’esperienza.

 

Insomma, non deve essere alimentato più il dubbio che in Italia governa la “burocrazia” altrimenti gli investimenti non arriveranno, la scuola non cambierà mai, i giovani meritevoli andranno altrove a sviluppare ed utilizzare le proprie conoscenze e capacità; sanità e qualità dei servizi non miglioreranno mai.

 

Tutto quanto sin ora detto, è necessario per recuperare davvero le risorse indispensabili a ridurre l’enorme quantitativo di prelievo fiscale e contributivo che mette a terra un sistema produttivo tra i più internazionalizzati.

 

Un altro grande e strategico tema è quello della riforma del processo civile, a lungo reclamata ma che non è mai riuscita a passare dal mondo “virtuale” a quello della realtà. E tutto questo, nonostante si ripeta da molto tempo che l’abnorme durata  delle cause in tribunale è uno dei fattori che maggiormente sfavoriscono gli investimenti esteri nel Belpaese.

 

Altro fattore di complicazione – come già accennato prima - è la sovrapposizione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali (con una incredibile serie di conflitti di attribuzione sollevati davanti alla Corte Costituzionale), un vero e proprio caos legislativo e amministrativo che è stato prodotto dalla “riforma” del Titolo V della Costituzione operata, tra il 2000 e il 2001,  dal centrosinistra allora al governo. Anche qui sarebbe necessario un intervento incisivo e coraggioso, come riconosciuto persino dagli esponenti del centrosinistra.

A riguardo, è opportuno ricordare che nello scorso mese di luglio è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il d.d.l. che riguarda Città Metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni e che ne rivede e ne svuota in parte i poteri in vista dell’abolizione dalla Carta Costituzionale. Il d.d.l. successivamente passerà all’esame della Conferenza Unificata e, dopo quel vaglio, tornerà nuovamente al Consiglio dei Ministri per il varo definitivo. A conferma di quanto esposto, è da citare quanto riportato dai giornali in questi giorni., e precisamente la notizia avente ad oggetto la nuova ripartizione dell’Italia secondo la proposta di riordino territoriale a cui sta lavorando la Società Geografica Italiana in accordo con il Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomie.

L’Italia suddivisa in circa in 35/40 nuove regioni che sostituiscono le attuali province e gli attuali confini regionali per diventare i centri propulsori della gestione amministrativa e dello sviluppo in un rinnovato “patto di cittadinanza”. All’esame del tavolo di lavoro la riforma del titolo V della Carta Fondamentale che prevede, come e’ noto, l’abolizione delle 110 Province ed un riordino istituzionale funzionale per migliorare i servizi diminuendo la spesa pubblica. La proposta in oggetto parte da un importante studio del 1999 che già prevedeva un ridisegno dei confini regionali volto a snellire la macchina burocratica e amministrativa delle Province e delle Regioni, oltre che a rivedere il territorio secondo criteri geografici, demografici, culturali, infrastrutturali e sociali.

Le nuove regioni sarebbero il risultato di un’aggregazione intercomunale e non di un accorpamento delle province così come previsto dal ddl costituzionale già approvato . Si tratta di un disegno programmatico che trascende le consolidate suddivisioni amministrative provinciali e regionali. Competitività, sostenibilità ambientale, innovazione socio-culturale rappresentano i nuovi assets strategici su cui fondare una possibile proposta. L’obiettivo, secondo la Società Geografica, è quello di proporre un’organizzazione dell’Italia articolato in una molteplicità di centralità strategiche secondo l’individuazione di una pluralità di “nuovi fattori di localizzazione” che sostengano un ritaglio amministrativo adeguato al territorio.

 

Lodevoli anche questi passi in avanti sempreché ad un percorso di riforma dell’assetto istituzionale, seguano realmente impegni precisi e risultati proficui per il Paese.

 

Occorre insomma un vero salto di qualità, non solo politico ma culturale, per permettere all’Italia  di affrancarsi da una pesante eredità che risale al XIX secolo.

 

In un momento cruciale, qual è l’attuale periodo di crisi per l’Italia, il “male”, quindi, raggiunge livelli esponenziali. Sembra quasi impossibile poter risalire dal baratro  in cui si sta sprofondando. Tutto sembra inutile. Ecco perché aggregazioni di vario stampo si stanno facendo avanti per suggerire soluzioni, evidenziando quelli che sono i punti forti su cui far leva per poter cambiare questa situazione, da definire purtroppo “ drammatica”.

 

In un Paese che non ha soldi, ci si chiede quali siano le leve rimaste per riformare il sistema. Dal punto di vista delle istituzioni, ripensare la preparazione delle classi dirigenti, puntando non più sulla cultura del diritto ma sul management.

 

Per quanto sin ora detto, è opportuno citare un evento particolarmente esplicativo.

Si fa  riferimento all’ incontro di natura professionale e sindacale svoltosi a Milano il 26 novembre 2012 . La nuova Confederazione del Management pubblico e privato ( CIDA  - Manager ed Alte Professionalità per l’Italia ) ha tenuto gli Stati Generali, che hanno visto la presenza e l’intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, Senatore Mario Monti (Premier in quel momento) e la partecipazione di oltre 5.000 appartenenti alla Confederazione provenienti da tutta Italia. In questa occasione sono state esposte alcune proposte, quali :

  • l’esigenza di ricostruire lo Stato, favorendo una continua osmosi tra pubblico e privato, e una forte contaminazione di cultura d’impresa nella gestione degli apparati statali;
  • la necessità di superare il vigente ordinamento della Repubblica che è stato pensato dai padri costituenti per uno Stato pesante ed onnipresente, non più attuale in ragione di una forte connotazione europea e di una diffusa presenza di autonomia territoriale ( Regioni, Province e Comuni ) e di quelle funzionali ( Scuole, Università e Camere di Commercio );
  • l’importanza di un dimagrimento strutturale di uffici e apparati statali , con effetti positivi sulle economie di spesa e sulla semplificazione;
  • l’attenzione a politiche di reclutamento nel pubblico impiego completamente diverse dalle attuali, che non costituiscono quasi mai una vera opportunità per i giovani, anche quelli laureati e con titoli tecnici di rilievo;
  • l’ineludibile esigenza di introdurre effettivi sistemi di valutazione per favorire sia le carriere che le retribuzioni di risultato;
  • la sottolineatura di quanto una parte rilevante  della dirigenza pubblica soffra ancora di condizionamenti rilevanti da parte del decisore politico.

 

Non meno importante è l’evento “#Prioritalia” , espressione dei buoni propositi della nuova Cida (Cida-Mapi), che nasce nell’agosto del 2012 come incontro di appartenenti alla dirigenza ed alle alte professionalità del settore sia pubblico che privato. Finalità dell’evento : aggregare soggetti capaci di offrire competenze, progetti ed esperti a servizio della politica in generale. Da questo incontro, a distanza di meno di un anno, è nata l’Associazione omonima ed  apartitica , che costituisce un asset sociale importante per la modernizzazione, la competitività, la trasparenza, l'eticità del nostro sistema: questa è la mission di #Prioritalia . Si vuole fornire uno strumento utile, un valore aggiunto derivante da una visione di tematiche che vadano al di là della categoria rappresentata.

Necessita , quindi, un radicale cambiamento per l'Italia .E’ da ritenere fondamentale l’ apporto del modello della cultura manageriale affinché sia garantito il raggiungimento di certi obiettivi  nel rispetto di tempi e costi.

 

Ad ogni modo è necessario ed urgente iniziare a percorrere la strada che sembra la più difficile, quella che parte dalla ristrutturazione dello Stato e della sua “burocrazia” se si vuole garantire un futuro all’Italia che ancora soffre in un’Europa che prova a ripartire ma senza aver  ancora risolto i problemi più gravi.

 

Da quanto detto , appare chiaro che in tanti vorrebbero apportare modifiche, snellendo l’attività amministrativa, ma è pur vero che bisognerà fare i conti con un esercito  ( di burocrati ) che ha tutto da guadagnare dalla scarsa chiarezza e dall’inefficienza in cui spesso annaspano i procedimenti.

 

 

Fonti di Ricerca

 

 

 Lì, 16.09.2013

  

                          Giuseppina Filippelli                                                                                                                                 Giorgio Germani

                                           (Staff ANQUAP)                                                                                                                                 (Presidente ANQUAP)

 



 
Categoria: Approfondimenti Data di creazione: 16/09/2013
Sottocategoria: Sottocategoria n. 1 Ultima modifica: 18/09/2013 10:44:37
Permalink: La Burocrazia in Italia. Un po' di storia. Realta' e prospettive Tag: La Burocrazia in Italia. Un po' di storia. Realta' e prospettive
Autore: Giorgio Germani, Giuseppina Filippelli Pagina letta 27354 volte



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