Assemblea
Mercoledì 2 novembre
Interpellanza urgente
n. 2-01529 Centemero, Brunetta (Presentata il 28 ottobre 2016) (ex articolo 138-bis del regolamento). I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Premesso che: la legge n. 107 del 2015 – « buona scuola » – tra le deleghe che attribuisce al Governo prevede l’intervento in materia di adeguamento alle nuove norme delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo e delle modalità di svolgimento degli esami di Stato sei primo e del secondo ciclo; da notizie apparse sulla stampa si apprende che, per l’esame di Stato conclusivo del ciclo, le modifiche sulle quali il Ministero sta lavorando prevedono l’introduzione nella valutazione della prova Invalsi, somministrata agli studenti del quinto anno nel corso dell’anno scolastico e non come prova d’esame, la riduzione delle prove scritte a due, italiano più materia di indirizzo, e la conseguente eliminazione della terza prova; ai fini della valutazione finale dello studente verrebbero considerate anche le ore di alternanza scuola-lavoro, senza effettuare un monitoraggio a livello nazionale di come sia stata attuata e applicata su tutto il territorio nazionale la normativa relativa all’alternanza; sarebbe prevista anche la modifica dei criteri per sostenere l’esame orale che sarebbe basato su alcuni spunti e documenti suggeriti dalla commissione; secondo le indiscrezioni il Governo avrebbe previsto modifiche anche del sistema dei voti: il punteggio finale sarebbe sempre espresso in centesimi ma quello derivante dai crediti scolastici passerebbe da 25 a 40 punti; altri 40 punti arriverebbero dagli scritti – fino a 20 punti per ciascuna prova–ei rimanenti 20 punti sarebbero assegnati sulla base del colloquio; il Governo starebbe inoltre ipotizzando interventi anche sulla composizione delle commissioni; dalle notizie stampa si apprende che le ipotesi sarebbero due: la prima secondo la quale le commissioni sarebbero formate esclusivamente da commissari interni e il solo presidente sarebbe esterno alla scuola; la seconda ipotesi valuta anche la possibilità di lasciare invariata la composizione delle commissioni, tre commissari interni e tre esterni, ma si introdurrebbe la figura del presidente unico per tutte le commissioni operanti nella stessa scuola; non viene prevista nessuna prova relativa alla conoscenza di una lingua straniera e delle competenze acquisite con il CLIL (content and language integrated learning), tenendo presente l’importanza di conoscere una lingua straniera ed in particolare la conoscenza dell’inglese, una lingua ormai imprescindibile nel mercato del lavoro; le novità potrebbero interessare gli studenti che sosterranno l’esame di Stato nel 2017, quindi coloro che al momento frequentano il quarto anno degli istituti secondari superiori; al termine della scuola secondaria di I grado – primo ciclo – sarebbero previste solo due prove, con l’esclusione anche in questo esame della prova di lingua straniera; si legge inoltre che verrà eliminata la valutazione, nell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo, della prova Invalsi, nonostante il fatto che « la rilevazione serve a migliorare l’efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e a far emergere e diffondere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese ». I test infatti non servono per dare un giudizio sull’operato del docente, né per punire o fare classifiche tra scuole, ma per consentire agli istituti di riflettere sul proprio operato e migliorarsi
Chiede di sapere quali siano le effettive prove, le modalità di svolgimento degli esami e la composizione delle commissioni e quali i tempi di approvazione dello schema di decreto legislativo, in considerazione del fatto che i cambiamenti dell’esame di Stato e del relativo sistema di valutazione dei crediti e di svolgimento delle prove richiede già da ora che le studentesse e gli studenti, sia del primo che del secondo ciclo, conoscano il nuovo esame per prepararsi adeguatamente.
n. 2-01531 Centemero La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Premesso che: risulta all’interpellante che alcuni uffici scolastici regionali hanno disposto utilizzazioni e assegnazioni provvisorie su posti di sostegno di docenti di ruolo privi di titolo di studio di specializzazione, nell’ambito delle operazioni di mobilità annuale; la soluzione sarebbe stata individuata per far rientrare il maggior numero possibile di docenti trasferiti fuori regione, in seguito alla mobilità straordinaria 2016/17 e alla necessità di collocare un docente perdente posto nella stessa scuola o in una vicina, a totale discapito della qualità del sostegno che potrebbero fornire i docenti specializzati a disposizione; la legge n. 104 del 1992 stabilisce che « l’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati »; risulta inoltre che all’interno di molte regioni sia stata fatta un’errata distribuzione, tra i vari ambiti territoriali, delle cattedre di sostegno da mettere a disposizione a causa della mancanza dell’adeguata rilevazione delle effettive esigenze degli alunni con disabilità che dovrebbe essere realizzata nel periodo estivo come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 185 del 2006; la situazione si presenta tale per cui, anche a parità di bisogni da parte degli alunni, in alcune province sono previsti più posti di sostegno di altre con la conseguenza che nelle prime i docenti specializzati per il sostegno vengono subito assorbiti e si ricorre anche ai docenti non specializzati, mentre nelle altre non vengono utilizzati tutti i docenti specializzati, siano essi di ruolo o precari.
Chiede di sapere se non ritenga il Ministro interpellato di dover assumere iniziative al fine di prevedere la possibilità per i docenti specializzati per il sostegno di scegliere più di una provincia della stessa regione per la richiesta di utilizzazione e di assegnazione, attraverso l’individuazione dell’organico su base regionale previsto dall’articolo 1, commi 63 e 64, della legge n. 107 del 2015, prevedendo contestualmente anche il ritiro di tutti i provvedimenti che contemplano l’utilizzo improprio di docenti di ruolo non specializzati, affinché il supporto agli alunni con disabilità sia fornito da chi ha adeguata formazione ed esperienza.
n. 3-02594 Centemero. Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Premesso che: con decreto 28 gennaio 2010 è stata indetta una procedura selettiva per l’accesso alla mobilità professionale verticale, in particolare per il passaggio dall’area B all’area D, profilo professionale direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA); con decreto ministeriale n. 74 del 2011 si è disposto che le assunzioni nel profilo DSGA venissero effettuate sulla base delle graduatorie dell’ultima sessione dei concorsi ovvero, in caso di esaurimento delle stesse, in base a graduatorie concernenti la mobilità professionale dell’area inferiore all’area immediatamente superiore; per il profilo DSGA i suddetti passaggi non furono effettuati in seguito a nota ministeriale 1800/2012 che, per quanto in contrasto con il decreto ministeriale 3 agosto 2011 in materia di assunzione di personale ATA, stabiliva che lo spostamento avrebbe potuto aver luogo solo su posti vacanti e disponibili; con circolare 1985/2012 il Ministero stabiliva allora che gli aspiranti sarebbero stati nominati negli anni successivi senza alcun bisogno di autorizzazione, in quanto compresi nelle immissioni in ruolo autorizzate con decreto ministeriale 3 agosto 2011; la consistenza complessiva delle dotazioni organiche DSGA viene determinata con decreto interministeriale e ha durata triennale, eventualmente rivedibile annualmente; il decreto interministeriale relativo all’anno scolastico 2016/2017 ha previsto un decremento di circa 50 unità derivante dalla riduzione delle autonomie scolastiche e dal numero delle scuole sottodimensionate che sono 334; la condizione delle scuole sottodimensionate appare estremamente difficile, in quanto non è possibile assegnare in via esclusiva un DSGA, al punto che molti uffici periferici dell’amministrazione scolastica hanno inoltrato un interpello al fine di coprire i posti di DSGA su tutto il territorio nazionale; i posti relativi all’abbinamento delle sedi sottodimensionate costituiscono uno specifico contingente provinciale del profilo di DSGA, da approvare con decreto degli uffici scolastici regionali; ai DSGA che sono obbligati a farsi carico del lavoro relativo a due scuole non viene corrisposta una indennità mensile come previsto dalla legge; risulterebbero essere più di 1000 i posti vacanti e disponibili per il ruolo di DSGA in altrettanti istituti scolastici, la maggior parte dei quali collocati nel Centro-nord; è necessario riconoscere e valorizzare professionalmente il personale DSGA, che garantisce il corretto funzionamento contabile-amministrativo delle scuole contribuendo sia in termini di quantità che di qualità del lavoro svolto nelle segreterie, al buon andamento delle istituzioni scolastiche; i DSGA, così come gli assistenti tecnici, dovrebbero poter beneficiare del « bonus » formativo e del « bonus » premiale riconosciuto ai docenti dalla legge n. 107 del 2015
Chiede di sapere se non si ritenga di dover al più presto bandire un corso-concorso finalizzato al reclutamento di DSGA nonché all’adeguato riconoscimento professionale di queste categorie di lavoratori.
n. 5-09922 Vezzali. Interrogazione a risposta immediata in VII Commissione. Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Premesso che: la sequenza drammatica di terremoti che ha colpito il centro Italia ha compromesso la quotidianità in un comprensorio di circa 200 comuni; per molti di questi è stato predisposto il piano di evacuazione. Intere popolazioni sono state trasferite in alberghi della costa o in prossimità del lago Trasimeno; si registrano attività interrotte e servizi sospesi. Scenari spettrali nei quali a parte le macerie e il personale dei vigili del fuoco e della protezione civile non resta altro; un anno scolastico, però, non si può interrompere e riprendere successivamente. I ragazzi hanno bisogno di essere impegnati per evitare che si perdano in pensieri tristi e perché non devono pensare che non ci sia futuro. Hanno bisogno di quotidianità, di normalità, di esperienze da condividere con i loro coetanei; non credo sia possibile sapere già oggi quanti sono i ragazzi trasferiti e come potranno proseguire le lezioni a soli 5 giorni da quella che è stata definita una catastrofe. Si tratta di un sisma che non ha eguali negli ultimi 30 anni di storia del nostro Paese, ma intensificare gli sforzi per fare presto a censirli è legittimo. Verificare la possibilità di ripristinare in luoghi consoni le lezioni, per evitare che questi ragazzi perdano l’anno scolastico è possibile ed è un dovere delle istituzioni; nei due plessi ad Amatrice e nei comuni interessati dal sisma del 24 agosto si era iniziato, seppur con difficoltà, l’anno, grazie al piano #RipartiamodallaScuola, che aveva raccolto molte adesioni, e grazie alle donazioni e agli accordi operativi che il Ministero aveva sottoscritto; la sola Camerino, un comune di 7.000 abitanti, che ospitava 9.000 studenti universitari provenienti da 52 diversi paesi è in ginocchio
Chiede di sapere se sia previsto un piano che permetta a tutti i ragazzi dei comuni interessati dal terremoto di riprendere le lezioni e in che tempi e quanti istituti scolastici consentano le attività in sicurezza considerato che lo sciame sismico è ininterrotto e che una scossa di forte intensità potrebbe ripetersi.
n. 5-09923 Simone Valente, Vacca, D’Uva, Brescia, Di Benedetto, Marzana e Luigi Gallo. Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Premesso che: l’attività motoria, in età evolutiva, riveste un ruolo fondamentale per uno sviluppo sano, sia fisico che psichico; l’attività motoria, legata ad una sana alimentazione, aiuta il bambino ad un migliore sviluppo fisico e psicologico: favorisce la mobilità articolare, migliora la coordinazione, riduce il rischio di obesità, ha notevole importanza nella prevenzione primaria e secondaria. Educa anche ad un buon controllo emotivo, migliorando l’autostima e aumentando le capacità di socializzazione e di autonomia; l’attività motoria praticata dai bambini, in maniera corretta, previene, inoltre, molte malattie dell’età adulta (ipertensione, ipercolesterolemia, malattie cardiache, obesità, diabete, alcuni tumori), oltre a permettere di sperimentare appieno i vari stimoli sensoriali di orientamento e identificazione con l’ambiente in cui il bambino vive; in Italia il 30-40 per cento della popolazione non pratica attività fisica, e tra i bambini la sedentarietà si aggira tra il 15 e il 20 per cento già nella fascia compresa trai3ei5 anni. Secondo i dati dello studio HBSC, in Veneto il 5 per cento dei ragazzi di 11 anni sono obesi e il 21 per cento in sovrappeso, quindi circa 1 bambino su 4 ha un peso superiore alla norma; nella scuola primaria – bambini che vanno da 6-11 anni – l’attività motoria settimanale è obbligatoria per i bambini, tuttavia essa non è spesso condotta da insegnati che abbiano una conoscenza ampia della materia; spesso, infatti, l’ora di attività motoria è gestita da insegnanti non specializzati nella materia che, pur impegnandosi per permettere ai bambini di svolgere al meglio le ore settimanali dedicate all’attività fisica, non hanno a disposizione tutti gli strumenti per fornire al bambino quegli input motori e fisici che solo un esperto della materia saprebbe dare; nonostante i ripetuti annunci e le manifestazioni d’interesse al tema del Governo Renzi, la situazione è rimasta pressoché immutata. La cosiddetta « buona scuola », secondo gli interroganti, non contiene, infatti, misure sufficienti ad una netta inversione di tendenza, quale sarebbe stata, come proposto dal M5S, l’istituzione del ruolo di insegnante di educazione motoria nella scuola primaria; l’articolo 1, comma 20, della legge n. 107 del 2015 si limita a prevedere l’utilizzazione di laureati in scienze della formazione che vantino non meglio definite « competenze certificate » in educazione motoria e autorizza il ricorso a professionisti della materia solo in qualità di specialisti
Chiede di sapere se il Governo non intenda potenziare efficacemente l’attività motoria nella scuola primaria, in particolare assumendo iniziative per portare ad almeno tre le ore settimanali e istituire il ruolo sì da garantire che l’insegnamento dell’educazione motoria sia impartito da laureati in scienze motorie ovvero diplomati ISEF.
n. 5-09925 Coscia, Carocci, Sgambato, Coccia, Rocchi, Malpezzi, Crimì, Iori, Blažina, Malisani, Pes, Narduolo, Dallai, Rampi, D’ottavio, Manzi, Ghizzoni, Ventricelli e Bonaccorsi. Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Premesso che: in Italia è indispensabile acquisire la specializzazione per le attività didattiche di sostegno mediante l’abilitazione, per la quale vengono indetti appositi corsi di specializzazione come previsto dall’articolo 13 del decreto ministeriale n. 249 del 2010; le caratteristiche dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, devono prevedere l’acquisizione di un minimo di 60 crediti formativi, comprendere almeno 300 ore di tirocinio pari a 12 crediti formativi universitari e articolarsi distintamente per la scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondo grado; inoltre, al comma 1 del suddetto articolo, viene stabilito che: « in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione e della compiuta regolamentazione dei relativi percorsi di formazione, la specializzazione per l’attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità si consegue esclusivamente presso le università »; parimenti, anche su posto comune è stabilito che gli insegnanti possano accedere alle procedure di reclutamento solo se in possesso di un titolo abilitativo come sancito dall’articolo 1, comma 110, della legge n. 107 del 2015 secondo cui: « a decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 114, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono accedere alle procedure concorsuali (...) esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all’insegnamento »; tuttavia, da notizie di stampa si apprende che molti docenti privi del titolo abilitativo o della specializzazione sul sostegno stiano conseguendo il medesimo all’estero attraverso corsi che non prevedono alcuna prova di ingresso e nessun percorso formativo adeguato. Tale fenomeno diventa macroscopico per quanto riguarda la specializzazione sul sostegno, vista la carenza di insegnanti specializzati; tali corsi sono molto costosi, ma consentono in tempi rapidissimi di conseguire un titolo attraverso cui si può essere inseriti in graduatoria una volta tornati in Italia. Infatti, si può facilmente richiedere il riconoscimento del titolo conseguito attraverso una verifica di omologazione da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca in applicazione della direttiva 2005/36, recepita con il decreto legislativo n. 206 del 9 novembre 2007, per cui anche nel nostro Paese è possibile presentare richiesta di riconoscimento del titolo di studio conseguito in un Paese membro dell’Unione europea; da notizie apparse sugli organi di stampa sembrerebbe che tra il 2012 e il 2014 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha emanato solo per il riconoscimento dei titoli di abilitazione all’insegnamento conseguiti in Romania circa 500 decreti attuativi; per queste ragioni, molti aspiranti docenti stanno recandosi all’estero ottenendo il riconoscimento di tali abilitazioni o specializzazioni
Chiede di sapere se sia a conoscenza di questo grave fenomeno e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per impedire che questa pratica gravemente lesiva dei diritti dei ragazzi ad una didattica di qualità possa proseguire.
Giovedì 3 Novembre
Interrogazioni
5-09923 Simone Valente: Sul potenziamento delle attività motoria e sull’istituzione del ruolo di insegnante di educazione motoria nella scuola primaria
Il Sottosegretario Toccafondi risponde: assicura che il Ministero rappresentato riconosce un ruolo fondamentale all’attività motoria per l’assunzione di corretti stili di vita e per una sana crescita. Difatti, proprio per l’importanza che riveste l’attività motoria e l’educazione fisica nell’età dello sviluppo, il Miur da tempo svolge un’opera di promozione della stessa nella scuola primaria in sinergia con il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), con il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e con le Federazioni sportive nazionali. In particolare, evidenzia il progetto « Sport di Classe », co-finanziato dal CONI e dal MIUR, che coinvolge tutte le regioni italiane e più di 3000 istituti scolastici. Nel progetto è prevista per le classi aderenti la presenza del tutor specializzato. Tale figura viene selezionata tramite un bando nazionale che richiede, tra i requisiti d’accesso, il possesso della Laurea in Scienze motorie o il Diploma ISEF. Conclude, inoltre, evidenziando che il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009 sulla revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione non prevede per la scuola primaria un quadro orario settimanale con la definizione del numero minimo di ore da dedicare alle diverse discipline, ivi compresa l’educazione motoria. Spetta pertanto a ciascuna istituzione scolastica, nell’ambito della propria autonomia didattica e organizzativa, l’elaborazione del curricolo d’istituto, la definizione dei modelli e dei quadri orari, l’eventuale aggregazione delle discipline in aree, tenendo a riferimento le citate Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione.
5-09925 Coscia: Sul fenomeno del conseguimento all’estero del titolo abilitativo per le attività didattiche di sostegno.
Il Sottosegretario Toccafondi risponde: premette che il riconoscimento della professione docente avviene in attuazione del principio della libera circolazione delle professioni sulla base della reciproca fiducia tra i Paesi dell’Unione europea. Ciò, tuttavia, non avviene in regime di « riconoscimento automatico » bensì all’interno del « sistema generale » disciplinato dalla Direttiva 2013/55/CE, recepita dal decreto legislativo n. 15 del 2016, che prevede la valutazione della formazione attraverso l’analisi comparata dei percorsi formativi previsti nei due Stati membri coinvolti. Tutti gli esami del percorso abilitante, nonché il tirocinio, devono essere svolti nel Paese che rilascia il titolo abilitante e nella lingua di quel Paese. Di conseguenza, il riconoscimento può essere richiesto solo per gli insegnamenti per i quali l’interessato sia legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo e può essere ottenuto a condizione che tali insegnamenti trovino corrispondenza nell’ordinamento scolastico italiano. Afferma che è assolutamente priva di fondamento la notizia relativa a 500 decreti emanati per il riconoscimento di titoli di abilitazione all’insegnamento conseguiti in Romania. Peraltro, secondo gli obblighi di legge, i decreti emessi sono pubblicati sul sito istituzionale. Altrettanto infondata è la notizia secondo cui Ministero rappresentato ha stipulato convenzioni tra Università italiane e/o straniere, tanto meno con enti privati che pubblicizzano – ingannevolmente – tali informazioni.
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