Dopo sette anni di blocco della contrattazione collettiva nel pubblico impiego (dal 2010) ed una significativa sentenza della Corte Costituzionale (n. 178 del 2015) che ha “censurato” il prolungarsi della moratoria contrattuale, nel corso del 2016 è ripreso il confronto tra il Governo e le Confederazioni Sindacali sia in sede politica che istituzionale.
Il rinnovato dialogo sociale ha generato, il 13 luglio 2016, un innovativo ed importante Accordo quadro tra l'ARAN e le Confederazioni rappresentative su nuovi comparti ed aree di contrattazione: ridotti da undici a quattro i comparti e da otto a quattro le aree. Un grande risultato di semplificazione delle relazioni sindacali, propedeutico ad un inevitabile e necessario processo di armonizzazione normativa e retributiva in presenza di significative differenze settoriali in larga misura prive di giustificazione logica e funzionale.
A ridosso del citato accordo quadro - ed esattamente in data 26 luglio 2016 - il Governo ha incontrato tutte le Confederazioni sindacali rappresentative nel pubblico impiego, per analizzare le condizioni normative e finanziare utili all'avvio dei rinnovi contrattuali nel nuovo scenario di comparti ed aree.
Nell'occasione il confronto è stato improntato al massimo dialogo ed il Governo ha preannunciato la disponibilità a stanziare i necessari finanziamenti - aggiuntivi rispetto a quelli già previsti per il 2016 - nella Legge di bilancio 2017, nonché l'intenzione di tener conto delle proposte delle forze sociali nella definizione dei decreti legislativi di attuazione della riforma amministrativa prevista dalla Legge 124/2015, con particolare riferimento al nuovo Testo Unico sul Pubblico Impiego.
In occasione della presentazione al Parlamento del Disegno di Legge del Bilancio 2017, il Governo ha tenuto sostanzialmente fede all'impegno individuando un apposito fondo per il pubblico impiego; un fondo con diverse finalità che potrebbe non essere del tutto adeguato ai rinnovi contrattuali del triennio 2016/2018.
Nel corso della discussione parlamentare sulla citata Legge di bilancio tra il 24 e il 28 novembre 2016, il Governo si è incontrato separatamente con le Confederazioni sindacali per ascoltarne le proposte e per informare sui margini di azione possibili da parte del Governo stesso. Il tutto anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 9/11/2016 che ha dichiarato parzialmente incostituzionale la Legge 124/2015, nella parte in cui non prevede intese con le Regioni anche sulle materie del rapporto di lavoro nelle amministrazioni pubbliche.
Fin qui nulla da eccepire: corretto il metodo di confronto e pertinenti al dialogo sociale le questioni di merito affrontate nel reciproco rispetto dei diversi ruoli e responsabilità e con posizioni di merito differenziate anche all'interno delle singole Confederazioni sindacali.
Le criticità emergono, purtroppo ed in termini sostanziali, con l'Accordo di Palazzo Vidoni del 30 novembre 2016, poiché sono coinvolte solo tre Confederazioni su tredici (solo CGIL, CISL e UIL) e perché vengono tagliate fuori inopinatamente tutte le altre ed in particolare le Confederazioni rappresentative nelle sole aree dirigenziali (CIDA, CODIRP, CONFERIR e COSMED), ancorché i contenuti dell'Accordo riguardino anche dirigenti e professionisti appartenenti alle aree e non ai comparti.
Un'operazione incomprensibile che ha portato il Governo ad una scelta di campo discriminatoria ed offensiva nei confronti delle Confederazioni escluse e delle categorie che esse legittimamente rappresentano. Un'operazione forse anche illegale poiché nel pubblico impiego le trattative (D. Lgs. 165/2001 e s.m.i.) si devono fare con le forze sindacali che hanno il prescritto requisito della rappresentatività.
Quanto al merito dell’Accordo la più rilevante criticità è rappresentata dall'impegno ad un riequilibrio del rapporto tra fonte legislativa e fonte contrattuale in favore di quest'ultima (la fonte contrattuale). Un impegno che se tradotto in legge farebbe compiere al complesso della disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche un balzo indietro enorme. Si ritornerebbe alla non felice stagione del pansindacalismo imperante, dove ogni decisione delle amministrazioni pubbliche - anche quelle in materia di organizzazione - era sottoposta al vaglio (e spesso al veto) delle organizzazioni sindacali.
È nostro auspicio che il Governo riconvochi urgentemente tutte le Confederazioni legittimate alle relazioni sindacali nel pubblico impiego e che si raggiunga un nuovo accordo propedeutico all’avvio delle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro nei nuovi comparti e relative aree.
Lì, 02.12.2016
IL PRESIDENTE
Giorgio Germani