Convegno in collaborazione con la Società Consenso
sul tema
L’istruzione in Italia
L’architettura di sistema, la governance
e l’autonomia delle Istituzioni Scolastiche
5 novembre 2013
Sala Carducci - Roma eventi
Intervento introduttivo
del Presidente Anquap Giorgio Germani
Lì, 05.11.2013
PREMESSA
Un’apertura dei lavori quanto più possibile breve, stante la vastità dell’argomento, che cercherà di fare una fotografia di estrema sintesi ma completa del sistema istruzione oggi vigente in Italia, tenterà di stimolare riflessioni non banali ed avanzerà proposte concrete e realizzabili.
Lo sguardo sarà “lungo” e solo in parte rivolto alle contingenze del momento. L’obiettivo è quello di fornire un contributo positivo per migliorare la qualità dell’istruzione, in evidente e documentata sofferenza nelle comparazioni internazionali.
Partiamo dall’architettura complessiva per passare alla sua complessa governance ed arrivare, infine, al ruolo strategico ed indispensabile dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.
ARCHITETTURA DI SISTEMA (Ordinamento e organizzazione).
Nell’ambito dell’architettura di sistema comprendiamo i temi dell’ordinamento e dell’organizzazione, riportando dati utili alla fotografia, alle riflessioni e alle proposte.
Dopo decenni di tentativi non riusciti, l’opera concorrente e complementare di più Governi, Ministri e maggioranze parlamentari ci ha consegnato – sul finire del primo decennio degli anni 2000 – un assetto ordinamentale strutturato su due cicli, interrelazioni con la formazione professionale nel secondo ciclo e un segmento post diploma alternativo ai percorsi universitari di istruzione tecnica superiore (ITS), nel quale è direttamente coinvolto il mondo delle imprese.
Il primo ciclo è preceduto dalla scuola dell’infanzia (istituita nel 1968) che accoglie i bambini dai tre ai sei anni con alcune possibilità di anticipo (le sezioni primavera). Quest’ordine di scuola (facoltativo) è presente in quasi tutti i Comuni della Repubblica, con diversi soggetti gestori (Stato, Enti Locali e privati) e presenta diffusi i caratteri dell’eccellenza.
Il primo ciclo comprende l’istruzione primaria di cinque anni e quella secondaria di primo grado di tre anni (la scuola media unica istituita cinquant’anni orsono il 1° ottobre 1963) per complessivi otto anni tutti obbligatori, come prescritto dall’art. 34 della Costituzione. Il percorso di studi, che accoglie alunni da sei a quattordici anni – con possibilità di anticipo nella primaria -, si conclude con un esame finale di valore unitario e nazionale che consente l’accesso al secondo ciclo o alla formazione professionale.
Scuole del primo ciclo sono presenti in quasi tutti i Comuni della Repubblica con varie modalità organizzative e diversi soggetti gestori (Stato, Enti Locali e privati).
Caratteri di eccellenza sono presenti in modo significativo nel segmento della primaria, mentre in quello della Scuola Media sono evidenti i segni delle criticità sia su alcuni versanti disciplinari che su quello della funzione orientativa.
Il secondo ciclo si struttura nel sistema dei licei, negli istituti tecnici e in quelli professionali. È in parte obbligatorio e accoglie per cinque anni gli alunni da quattordici a diciannove anni di età. Il percorso di studi è articolato in due bienni ed un monoennio, con esame finale di Stato che consente il conseguimento di un titolo (il diploma) avente valore legale per l’accesso all’Università, alla formazione professionale di secondo livello, all’istruzione tecnica superiore o direttamente al mondo del lavoro.
La presenza di licei, istituti tecnici e professionali è completa (o quasi) nelle città capoluogo di Regioni o Province e diffusa nelle città di medie dimensioni demografiche, con varie modalità organizzative e diversi soggetti gestori (Stato, Enti Locali e privati).
Punte di eccellenza sono presenti nel licei, negli istituti tecnici e professionali, ma non mancano situazioni di criticità prevalentemente nelle discipline scientifiche e con più evidenza nel meridione d’Italia.
Nel segmento dell’istruzione tecnica e professionale è necessario uno sviluppo delle esperienze di alternanza scuola-lavoro. Il D.L. “L’Istruzione riparte”, nella versione approvata dalla Camera dei Deputati ed ora al vaglio del Senato della Repubblica, sembra andare in questa direzione. Noi lo auspichiamo.
La riforma del secondo ciclo ha il pregio, non da poco, di aver ridotto le tipologie di offerta formativa e i quadri orari, semplificato i curricoli e reso più significativa la flessibilità dell’autonomia didattica di competenza delle singole scuole. La quota del curricolo di scuola è stata elevata al 20% con un picco del 40% previsto per l’ultimo anno dell’istruzione professionale.
Il percorso complessivo degli studi (dalla primaria al completamento del secondo ciclo) resta di tredici anni e sotto questo profilo non presenta nessuna novità. I tentativi del Ministro Berlinguer del sette più cinque e quello, più timido, del Ministro Moratti dell’otto più quattro sono falliti, anche se l’esigenza di un termine anticipato a diciotto anni di età permane e qualche esperienza autorizzata è stata avviata nell’ambito del secondo ciclo, con un percorso di quattro anni in due bienni. Ad una conclusione del percorso di istruzione a diciotto anni di età va il nostro consenso, anche per allinearsi ad altre positive esperienze in ambito comunitario e non solo.
I contenuti dell’attività didattica e i quadri orari sono stabiliti da normative nazionali eccessivamente vincolanti presenti in atti legislativi e regolamentari, che lasciano spazi decisionali ridotti alle Istituzioni Scolastiche.
Sul versante dell’organizzazione – nel corrente anno scolastico 2013/2014 – registriamo sull’intero territorio nazionale 8.644 unità scolastiche dotate di autonomia ed oltre 40.000 sedi scolastiche.
La suddivisione per tipologie ci consegna i seguenti dati:
- 627 Circoli Didattici (il 7,25% sul totale) che comprendono scuole dell’infanzia e dell’istruzione primaria;
- 274 istituti di primo grado (il 3,17% sul totale);
- 4.881 istituti comprensivi (il 56,47% sul totale), che comprendono tutti i segmenti del primo ciclo;
- 2.862 istituti di secondo grado ed istituzioni educative (il 33,11% sul totale) che comprendono tutto il segmento del secondo ciclo.
È evidente la scelta - preponderante nel primo ciclo – in favore degli istituti comprensivi, come soluzione organizzativa anche coerente con la frammentazione e l’orografia territoriale; una soluzione che facilita la continuità educativa e didattica, unificando la governance e la gestione delle singole scuole dotate di autonomia. Non è difficile immaginare che questa soluzione è destinata ad ampliarsi ulteriormente e noi non abbiamo difficoltà a condividerla e a sostenerla.
Le Istituzioni Scolastiche possono essere statali, paritarie private e degli enti locali (sistema nazionale di istruzione - Legge 62/2000)
Sempre con riferimento al corrente anno scolastico, si contano 7.878.661 alunni suddivisi in 366.838 classi, con un rapporto medio tra alunni e istituzioni scolastiche di 911 unità per singola scuola e di 21 alunni per ciascuna classe.
Gli indicati rapporti non possono che considerarsi positivi e testimoniano quanto significativi siano stati i processi di ottimizzazione e razionalizzazione condotti progressivamente negli anni
che hanno preceduto l’autonomia (1° settembre 2000) e in quelli successivi, con una accelerazione dal 1° settembre 2009. Il processo di razionalizzazione dovrebbe coinvolgere maggiormente anche il tessuto delle sedi scolastiche che sono oggettivamente troppe e talune eccessivamente piccole.
Vi è da dire, a vanto di chi governa il sistema istruzione, che in nessun altro settore pubblico si sono avuti gli stessi processi di ottimizzazione e razionalizzazione. Si pensi alla frammentazione dei Comuni (8.092 in tutta Italia, di cui quasi 6.000 sotto i 5.000 abitanti), delle Province che andrebbero eliminate o ridotte, degli ospedali e dei tribunali.
Non sfugge al tema dell’organizzazione la parte afferente il personale della scuola che si presenta con i seguenti dati riferiti all’organico di diritto:
- 8.049 Dirigenti Scolastici, poiché nelle 595 scuole sottodimensionate il Dirigente è assegnato in reggenza da altra scuola normodimensionata. Una condizione inefficace che va superata con urgenza;
- 728.325 Docenti, di cui 101.391 di sostegno;
- 204.137 unità di personale ATA, di cui 8.049 sono i Direttori SGA, anch’essi come i Dirigenti, non assegnati nelle scuole sottodimensionate.
Il totale complessivo porta alla considerevole cifra di 940.511 unità di personale dipendente dello Stato – probabilmente la più grande “azienda” d’Italia, che da sola corrisponde a circa un terzo del totale dei pubblici dipendenti.
Da ricordare che dal 2009, per effetto del D.L. 112/08, convertito dalla Legge 133/08 che va sotto il nome dei Ministri Tremonti/Gelmini, si è avuta la decurtazione di 87.400 Docenti, 44.500 ATA e quasi 2.000 Dirigenti Scolastici, per un totale di 133.900 unità di personale, con un risparmio strutturale di oltre tre miliardi di euro.
Tutto questo è avvenuto in modo quasi indolore per un generalizzato senso di responsabilità, anche di parte sindacale. Nessun altro settore - né pubblico né privato – ha subito tanto, con la beffa che quella parte dei risparmi conseguenti al taglio degli organici, pur prevista per legge, solo in misura ridotta è ritornata nel circuito dell’istruzione.
Il rapporto medio tra scuola e docenti ci consegna un dato pari a 84,25 unità per ogni istituzione scolastica, mentre quello complessivo tra personale docente, ATA e singole scuole autonome ci porta un risultato di 107,87 unità per ogni scuola. Anche in questo caso possiamo affermare – senza tema di smentita – di essere in presenza di un adeguato processo di razionalizzazione. Non sono molte le pubbliche amministrazioni (ma anche le aziende del privato o quelle a partecipazione pubblica) dove il rapporto tra dirigente e personale dipendente corrisponde alla realtà delle scuole autonome.
Il rapporto di lavoro del personale delle scuole è disciplinato in parte dalla legge ed in parte dalla contrattazione collettiva e presenta non poche criticità sia sul versante retributivo che su quello delle carriere. È necessario provvedere ad alcuni interventi strutturali per un miglior riconoscimento dei ruoli dirigenziali e direttivi, per una vera carriera dei docenti (figure di sistema) e per una riorganizzazione e revisione dei profili amministrativi e tecnici.
La riforma Brunetta (D. Lgs. 150/09) ha migliorato la situazione sul versante del rapporto Legge/Contratto e dei poteri datoriali in materia di organizzazione degli uffici e gestione delle risorse umane.
Il blocco della contrattazione collettiva fino al 2014 non aiuta e mortifica le professionalità, mentre il sistema delle relazioni sindacali dovrebbe essere aggiornato e semplificato.
Nell’organizzazione ci piace ricomprendere anche le problematiche concernenti il patrimonio (edifici, locali, arredi, attrezzature e relative utenze) necessario per le attività scolastiche; problematiche che presentano notevoli criticità sia in termini di sicurezza che di funzionalità. Ciò è dato degli scarsi investimenti nella realizzazione e nelle manutenzioni e dal sovrapporsi di competenze e responsabilità tra Stato, Enti Territoriali e singole scuole.
I tentativi compiuti nel tempo, di ammodernare il patrimonio di edilizia scolastica (e aspetti connessi), si sono rivelati in larga misura inadeguati e con tempi di realizzazione eccessivamente lunghi. Su questo versante molta (e lunga) è la strada da percorrere.
GOVERNANCE
Nella “governance” dell’istruzione abbiamo tanti protagonisti e diversi livelli (troppi):
- lo Stato con poteri legislativi, regolamentari e funzioni amministrative;
- le Regioni con poteri legislativi, regolamentari e funzioni amministrative;
- le Province con poteri regolamentari e funzioni amministrative concernenti il secondo ciclo;
- I Comuni con poteri regolamentari e funzioni amministrative concernenti il primo ciclo;
- le singole scuole (statali e paritarie) dotate di autonomia funzionale e personalità giuridica, con alcuni poteri regolamentari e funzioni amministrative.
Il potere legislativo è in parte esclusivo dello Stato ed in parte concorrente tra Stato e Regioni, come prescrive il vigente Titolo V della Costituzione. Questo schema ha generato tanta confusione e conflitti, con un gran lavoro per la Corte Costituzionale. È indispensabile e urgente che venga rivisto.
Il potere regolamentare è legato a quello legislativo ed in parte all’esercizio di funzioni amministrative.
Nelle funzioni amministrative vi è un peso gestionale eccessivo da parte dello Stato, soprattutto in materia di personale e finanziamenti, che vincola l’autonomia delle scuole.
Su atti fondamentali di programmazione e indirizzo sono da annoverare gli accordi Stato/Regioni nell’ambito della Conferenza Unificata. Su questo versante un argomento di grande rilievo è costituito dal dimensionamento della rete scolastica, che determina l’offerta formativa integrata sul territorio.
Le funzioni amministrative degli Enti Territoriali si esercitano in tema di diritto allo studio, assistenza scolastica (trasporti, mensa etc… etc…), realizzazione e manutenzione degli edifici scolastici, attività di pre-scuola e post-scuola.
Funzioni che impattano sulla programmazione e gestione delle singole unità scolastiche (funzioni miste), sia in termini organizzativi che didattci.
La forza antica e pervasiva del centralismo ministeriale e di quella politica (anche organizzata) degli Enti Territoriali è preponderante rispetto alle autonomie scolastiche, prive di un organismo di rappresentanza (ci vorrebbe l’ANCI delle scuole) capace di interloquire sul piano istituzionale con Stato ed Enti Territoriali.
Stato ed Enti Territoriali quasi mai consultano le scuole prima di assumere decisioni che le riguardano e condizionano.
Le consultazioni sul versante istituzionale, ordinamentale ed organizzativo che coinvolgono le associazioni professionali e sindacali sono utili, ma certo non possono ergersi a rappresentanza degli interessi del variegato mondo delle scuole autonome.
L’AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE, GLI ORGANI COLLEGIALI ED INDIVIDUALI.
Il contesto normativo di riferimento delle autonomie scolastiche lo rinveniamo nella Legge (art. 21 L. 59/97), nei Regolamenti (sull’autonomia - DPR 275/99 - e la contabilità - D.I. 44/01) e nelle regole generali riguardanti le amministrazioni pubbliche con riferimento sia all’organizzazione che ai rapporti di lavoro (D. Lgs. 165/01 e CCNL).
Tutte le istituzioni scolastiche sono dotate di autonomia funzionale e di personalità giuridica dal primo settembre 2000. Questa condizione di soggettività funzionale e giuridica conferisce loro poteri decisionali con responsabilità diretta relativamente ad alcuni ambiti della didattica, dell’organizzazione e dell’amministrazione ma senza poteri reali sul versante normativo (Statuto e Regolamenti) e del reperimento diretto delle risorse professionali, finanziarie e strumentali.
Altre autonomie funzionali come le Università, le Accademie e i Conservatori godono di poteri più rilevanti, bisognerebbe andare in questa direzione.
Gli stessi ambiti esercitabili sul versante curricolare ed extracurricolari, nonchè di ampliamento dell’offerta formativa, sono condizionati negativamente dall’assenza di poteri normativi e di acquisizione diretta delle risorse.
Per migliorare la situazione e rendere più responsabile l’autonomia sarebbe molto utile l’assegnazione di un organico funzionale e la possibilità di reperire sul mercato le professionalità necessarie per la quota “locale” del curricolo e, almeno in parte, per le attività extracurricolari. Non si tratta di “rivoluzioni” impossibili, ma di proposte concretamente realizzabili e non particolarmente costose.
Occorre, inoltre, riscrivere il regolamento di contabilità per renderlo coerente con la legge di contabilità del 2009 e il codice dei contratti del 2006.
Gli accordi di rete, che sono un’ opportunità sia sul versante della didattica che dell’amministrazione, sono purtroppo poco praticati. Andrebbero incentivati, anche facendo crescere la cultura della collaborazione istituzionale che non toglie poteri ma aggiunge ricchezze.
Sui risultati conseguiti dall’autonomia, anche al fine di apportare eventuali modifiche, il Ministro dell’Istruzione ha l’obbligo di presentare una relazione al Parlamento ogni quattro anni (comma 19 art. 21 L. 59/97). Dal 1° settembre 2000 si sono succeduti a Viale Trastevere più Ministri, ma nessuno ha presentato la prescritta relazione e di anni ne sono passati 13 : un pessimo esempio di esercizio delle funzioni ÌŽgovernative ÌŽ.
Per avviare la ÌŽ costituente dell’istruzione ÌŽ proposta dal Ministro Carrozza, la presentazione della citata relazione e la conseguente discussione parlamentare sarebbero di evidente importanza.
Rivolgiamo ora, velocemente, lo sguardo agli organi collegiali (ancora quelli del 1974) e all’introduzione della funzione dirigenziale ( dal 1° sett. 2000).
Il Consiglio di Istituto è l’organo elettivo di governo che decide sugli atti fondamentali di programmazione e pianificazione (POF, Regolamenti, Programma Annuale - e sue modifiche -, Conto Consuntivo). Al suo interno elegge una Giunta Esecutiva , di cui fanno parte come membri di diritto il Dirigente e il Direttore, con inutili compiti di preparazione dei lavori consigliati; compiti che rientrerebbero nelle funzioni dirigenziali e direttive.
Il Collegio dei Docenti è l’organo tecnico professionale che decide su alcuni aspetti rilevanti dell’attività didattica e predispone il POF, con il rischio di entrare in conflitto con il Consiglio e/o con il Dirigente (o di essere passivamente acquiescente a quanto proposto dai citati organi).
Il Dirigente Scolastico è l’organo di vertice – non elettivo – che ha la legale rappresentanza dell’istituzione, poteri datoriali, titolarità delle relazioni sindacali e responsabilità gestionali sulle risorse (professionali, finanziarie e strumentali).
Il Direttore SGA è il funzionario direttivo che sovraintende ai servizi generali e amministrativi e coadiuva il Dirigente nell’esercizio delle attività gestionali, anche con responsabilità diretta e a rilevanza esterna.
Anche le scuole, come tutte le AA.PP., soggiacciono al principio che vuole distinte le funzioni di indirizzo da quelle gestionali; un principio che impone un raccordo diverso tra Consiglio di Istituto e Dirigente e una profonda revisione degli Organi collegiali oggi esistenti: troppi, pletorici e spesso inconcludenti.
Ci vorrebbe un Consiglio di Amministrazione (o un Consiglio dell’Istituzione) con un numero limitato di componenti (5/7) che vada oltre l’autoreferenzialità delle componenti interne.
CONCLUSIONI
Nella speranza di aver correttamente fotografato , stimolato riflessioni e indicato proposte concrete, ringrazio per la cortese attenzione.