Camera

Assemblea

 

Martedì 4 aprile

 

Interrogazione

 

5-11037 Ginefra. — Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

I docenti precari di seconda fascia d’istituto sono già stati valutati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con l’esame di stato abilitante per l’insegnamento; è stata proposta la creazione di una graduatoria regionale di merito per i docenti abilitati da realizzare entro la fine dell’anno scolastico 2017/2018; entro il mese di luglio tali docenti dovranno rinnovare le domande e il punteggio per la seconda fascia d’istituto; la presidenza della Commissione per le petizioni del Parlamento europeo si è espressa con seria preoccupazione per la reiterazione di contratti a tempo determinato e ha esortato ad « abbandonare questo comportamento sbagliato rapidamente ». Ha chiesto, inoltre, risposte convincenti e almeno sufficienti circa la procedura d’infrazione già aperta in passato per lo stesso motivo, entro il prossimo autunno per poi decidere quali misure adottare; a settembre 2017 ci sarà nuovamente la stessa difficoltà organizzativa per gli istituti scolastici per iniziare le attività didattiche, a causa di numerosissimi posti da dare a docenti supplenti di seconda fascia, continuando a reiterare i contratti a tempo determinato.

 

Si chiede di sapere se il Ministro interrogato non intenda valutare la possibilità di creare graduatorie di merito regionali entro settembre 2017 e se non ritenga, altresì, che ciò possa avvenire anche qualora si decida di confermare la necessità di una prova orale atta a graduare i docenti di seconda fascia d’istituto già abilitati.

 

Mercoledì 5 aprile

 

Interpellanza

 

2-01751 Pili. — Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca intenderebbe portare all’esame del Consiglio dei ministri la questione dell’attuazione della legge n. 107 del 13 luglio 2015 relativamente a quanto disposto in merito al percorso preaccademico del comparto dell’Alta formazione artistica e musicale (Afam); si tratta di misure non concordate con gli addetti ai lavori del settore e che non sono funzionali alla salvaguardia dei talenti e del percorso professionalizzante in ambito musicale; tale modalità di attuazione rischia di danneggiare fortemente l’Afam e di far scomparire i professionisti della musica. Per salvaguardare l’Afam è necessario porre in essere precise iniziative idonee a tutelare il settore, anche decretando ad ordinamento i corsi di fascia preaccademica dei conservatori inserendoli a regime nel percorso Afam per assicurare, in forma stabile, 3 livelli: corsi di fascia preaccademica suddivisi, in 2 o 3 livelli, corsi di fascia accademica di I livello, corsi di fascia accademica di II livello; è indispensabile che la formazione musicale di base sia assicurata, entro gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione, dalle scuole secondarie di primo grado a indirizzo musicale e dai licei musicali, nonché dai corsi di fascia preaccademica dei conservatori statali di musica, la cui offerta formativa, anche con percorsi integrati in convenzione con le istituzioni scolastiche predette e/o di ogni ordine e grado, sarà indirizzata a garantire a regime e in modo ordinamentale l’adeguata preparazione musicale ai giovani talenti e a coloro che intendono intraprendere lo studio della musica quale scelta di formazione professionalizzante; gli istituti superiori di studi musicali, devono garantire l’offerta formativa prevista per i corsi di fascia accademica di I e II livello, e proseguono « ad ordinamento » l’erogazione dell’offerta formativa nei percorsi di fascia pre accademica per la preparazione indirizzata al conseguimento delle previste certificazioni di livello, finalizzate all’accesso ai corsi di fascia accademica e organizzano, inoltre, corsi propedeutici nell’ambito della formazione ricorrente e permanente; occorre prevedere che i corsi di fascia pre accademica e le attività propedeutiche siano organizzate dalle istituzioni dell’Afam in autonomia e nei limiti delle risorse disponibili del personale in organico e delle risorse disponibili; è necessario che vengano definiti i requisiti di accesso per ciascuna tipologia di corso «pre accademico e propedeutico»; deve essere previsto un  sistema dei crediti formativi riconoscibili e una certificazione finale da rilasciare al termine dei corsi di fascia pre accademica; gli studenti già iscritti ai « corsi di formazione musicale e coreutici di base o pre accademici », devono poter proseguire i percorsi già avviati nei predetti corsi di fascia pre accademica; pertanto, coloro, anche di nuova iscrizione, che non sono in possesso dei requisiti di accesso al livello di fascia accademica, per svolgere il percorso formativo – musicale professionalizzante, dovranno frequentare nelle Istituzioni Afam i predetti corsi di fascia pre accademica.

 

Chiede di sapere se il Ministro interrogato non ritenga di dover tener conto delle puntuali indicazioni pervenute dagli operatori dell’alta formazione artistica e musicale di cui in premessa tese a valorizzare il livello pre accademico come base selettiva di rilevante importanza per il livello formativo dell’alunno; se non ritenga di dover avviare un confronto con tali operatori al fine di definire in maniera più puntuale e definita l’attuazione della normativa vigente in materia, tenendo conto delle realtà già operanti che vanno valorizzate e non declassate o peggio emarginate.

 

V Commissione Bilancio

 

Martedì 4 e Mercoledì 5 aprile

 

Sede consultiva

 

Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative. Nuovo testo C. 2950. (Parere alla VII Commissione).

 

Il Viceministro Enrico Morando rileva che la normativa dettata per le imprese culturali e creative, potrebbe contrastare con la disciplina pubblicistica a cui sono soggette le imprese pubbliche. Inoltre, evidenzia che, all'articolo 1, comma 3, viene previsto che con decreto interministeriale sia disciplinata la procedura per l'acquisizione della qualifica di impresa culturale e creativa e la verifica della sussistenza dei requisiti nonché le adeguate forme di pubblicità tramite la costituzione di uno specifico elenco tenuto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. In proposito ritiene necessario che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo dimostri con apposita relazione tecnica che la gestione dello suddetto elenco potrà essere svolta con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Osserva quindi che l'articolo 2 reca alcuni benefici ed agevolazioni di carattere fiscale a favore delle imprese culturali e creative. Al riguardo, evidenzia che la disposizione in esame comporta oneri non quantificati e privi di copertura. Fa presente inoltre che l'articolo 2 del provvedimento in oggetto non prevede l'emanazione di un decreto ministeriale in cui vengano dettate norme di attuazione con riferimento agli aspetti fiscali. Osserva che l'articolo 3 prevede l'istituzione, presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di un'apposita sezione nel Registro delle imprese, cui sono iscritte le imprese culturali e creative. Al riguardo, ritiene necessario acquisire chiarimenti dal Ministero dello sviluppo economico, anche al fine di escludere che dall'istituzione di tale piattaforma scaturiscano oneri a carico delle Camere di Commercio. Rileva che l'articolo 4 prevede che le imprese e i professionisti iscritti nei relativi albi, nonché le pubbliche amministrazioni, possono avvalersi di buoni per l'acquisto di servizi culturali e creativi, offerti dalle imprese in questione, in base a criteri stabiliti con apposito decreto interministeriale ed emessi annualmente per un massimo di 50 milioni di euro. A riguardo non risulta chiaro il meccanismo di assegnazione dei buoni. Quanto alla prevista eventualità della sub-concessione – nel rilevare pure l'indeterminatezza del soggetto, «ente gestore», che dovrebbe, se del caso, autorizzarla – osserva che, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, «Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in use e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato», la subconcessione del bene, totale o parziale, è vietata e la violazione di detto divieto comporta la decadenza immediata dalla concessione.

 

Edoardo Fanucci, presidente, in sostituzione del relatore, fa presente che i chiarimenti forniti dal Governo hanno evidenziato numerose criticità di carattere finanziario presenti nel testo del provvedimento. Propone quindi che la presidenza invii al presidente della Commissione di merito una lettera volta a segnalare i profili problematici di carattere finanziario presenti nel testo del provvedimento, al fine di verificare la possibilità di risolvere tali profili nel prosieguo dell'esame in sede referente tramite opportune modifiche al provvedimento medesimo.

 

Esame e rinvio

 

Atto del governo

 

Schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Atto n. 393.

 

La Commissione approva la proposta di parere del relatore Dell'Aringa (PD) con le seguenti condizioni:

 

  • all'articolo 11, comma 1, lettera d), sostituire le parole: gettoni di presenza, né rimborsi spese a qualunque titolo dovuti con le seguenti: compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese comunque denominati;
  • all'articolo 22, comma 3, lettera a), capoverso lettera b-bis), dopo le parole: bilancio dello Stato aggiungere le seguenti: utilizzando le risorse disponibili relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 17, comma 5, lettera b) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
  • si preveda che l'assegnazione all'INPS di un importo di 27,7 milioni di euro in ragione d'anno decorra dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, anziché dalla data di entrata in vigore dell'articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

 

VII Commissione Cultura

 

Giovedì 6 aprile

 

Interrogazioni

 

5-08143 Rocchi: Sulla possibilità di conferire supplenze, per sostituire personale ATA, da parte dei dirigenti scolastici

 

Risposta della sottosegretaria Angela D'Onghia.

 

Al riguardo, l'articolo 1, comma 78, della legge n. 662 del 1996 definisce «supplenza breve e saltuaria» la nomina conferita dal dirigente scolastico, mediante il ricorso alle graduatorie d'istituto, a personale non di ruolo solo per il tempo strettamente necessario ad assicurare il servizio e dopo aver provveduto, eventualmente utilizzando spazi di flessibilità dell'organizzazione dell'orario didattico, alla sostituzione del personale assente con docenti già in servizio nella medesima istituzione scolastica. Il regolamento delle supplenze del personale ATA definisce come supplenze temporanee le sostituzioni di personale temporaneamente assente su posti che per qualsiasi causa si rendano disponibili dopo il 31 dicembre, su tali posti le supplenze sono conferite dal dirigente scolastico utilizzando le graduatorie di istituto. Come è noto, il citato comma 332 della legge n. 190 del 2014 è intervenuto in merito prevedendo, in sintesi, le seguenti misure limitanti il conferimento delle supplenze del personale ATA: abrogazione dell'istituto della supplenza breve a copertura delle assenze degli assistenti amministrativi, tranne che per le scuole nel cui organico di diritto ci siano meno di tre posti. La misura ha inteso estendere anche al personale amministrativo della scuola lo stesso regime, in materia di sostituzioni per assenza, in essere per i restanti comparti del pubblico impiego; abrogazione dell'istituto della supplenza breve a copertura delle assenze degli assistenti tecnici, che saranno sostituiti nelle loro funzioni, per il periodo dell'assenza, dai colleghi rimasti in servizio. In caso di effettiva indisponibilità di colleghi che possano supplire all'assenza, le funzioni potranno essere, per il periodo strettamente necessario, assicurate dall'insegnante tecnico-pratico o, in assenza anche di questi, dal docente di teoria; previsione che, per i primi sette giorni di assenza, i collaboratori scolastici siano sostituiti mediante ore straordinarie in capo ai colleghi rimasti in servizio, da remunerare a carico del fondo del Miglioramento dell'Offerta Formativa assegnato alla relativa istituzione scolastica. La norma, dunque, ha inteso comunque mantenere la possibilità della sostituzione dell'assistente amministrativo per le scuole di minori dimensioni, in particolare quelle con uno o due posti, ove l'assenza temporanea di un'unità avrebbe rischiato di gravare eccessivamente sui colleghi rimasti in servizio. Fermo restando che la vigenza della norma non può venir meno se non attraverso un apposito intervento legislativo, il MIUR è tuttavia intervenuto al fine di mitigare gli effetti restrittivi di tali misure. Con nota dipartimentale (prot. n. 2116) del 30 settembre 2015 è stata data indicazione circa la possibilità che il dirigente scolastico, con determinazione motivata, possa superare il divieto di sostituire i collaboratori scolastici, qualora non sia possibile trovare nessuna altra soluzione organizzativa atta a tutelare l'incolumità e la sicurezza degli alunni. Inoltre, con successiva nota dirigenziale (prot. n. 10073) del 14 aprile 2016 è stato previsto il superamento del divieto di nominare supplenti ATA per i casi di pensionamento in corso d'anno del titolare. Anche in questa fattispecie i dirigenti scolastici devono valutare caso per caso la possibilità di ricorrere alla nomina del supplente, motivando dettagliatamente le cause oggettive dell'impossibilità di garantire il pubblico servizio.

 

5-09438 Chimienti, 5-09496 Vezzali, 5-09775 Pannarale: Sull'ampliamento delle graduatorie concorsuali ad un maggior numero di idonei

 

Risposta della sottosegretaria Angela D'Onghia:

 

Gli interroganti auspicano la più ampia copertura dei posti messi a concorso, anche in caso di rinunce, e nel contempo che vengano assicurate misure in favore dei candidati che hanno superato le prove. In particolare, propongono di eliminare il limite del 10 per cento per la formazione delle graduatorie di merito del concorso a posti di personale docente previsto dall'articolo 1, comma 113, lettera g), della legge n. 107 del 2015, che ha, in tal senso, modificato il comma 15 dell'articolo 400 del Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione. Le procedure concorsuali conclusesi entro la data del 15 settembre 2016 – che, come è noto, hanno consentito la nomina dei vincitori già a decorrere dall'anno scolastico 2016/2017 – sono state il 61 per cento di quelle relative alla scuola secondaria di I e di II grado e al sostegno. Per le altre relative ai citati gradi d'istruzione, unitamente a quelle per la scuola dell'infanzia e primaria, le graduatorie di merito resteranno valide per un triennio a decorrere dall'anno scolastico successivo alla loro approvazione, a norma dell'articolo 400, comma 01, del Testo unico n. 297 del 1994, come modificato dall'articolo 1, comma 113, della legge n. 107 del 2015. Venendo alla questione specifica sollevata dagli interroganti, si evidenzia come questa fosse già all'attenzione dell'Amministrazione. Difatti, la stessa è stata oggetto di approfondite riflessioni anche in sede di dibattito parlamentare presso questa Commissione e ha trovato soluzione nell'ambito dello schema di decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, in applicazione della delega legislativa di cui all'articolo 1, comma 181, lettera b), della legge n. 107 del 2015, che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in sede preliminare e verrà portato in questi giorni al Consiglio per l'approvazione definitiva. Si segnala che, nei pareri approvati dalla 7a Commissione del Senato e dalle Commissioni riunite VII e XI della Camera, è stata posta al Governo una condizione, quella di coprire prioritariamente il 50 per cento dei posti vacanti e disponibili mediante scorrimento delle graduatorie di merito dei concorsi banditi nel 2016, anche in deroga al limite del 10 per cento, limitatamente a quanti abbiano raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando, avendo comunque riguardo alle legittime aspettative dei vincitori di concorso di essere immessi in ruolo. Ciò nell'ambito di una serie di misure che, rivedendo l'intera disciplina transitoria per l'accesso nei ruoli di docente, consentano di passare in modo graduale dall'attuale situazione al nuovo percorso di formazione iniziale, tirocinio e accesso al ruolo dei docenti della scuola secondaria, mediante l'introduzione di procedure di valutazione e selezione che garantiscano di coprire, in modo regolare e prestabilito, con docenti di ruolo, i posti vacanti e disponibili. Il Governo intende accogliere la descritta condizione in sede di stesura definitiva del testo di decreto legislativo. Di conseguenza, successivamente all'approvazione definitiva del decreto legislativo summenzionato, si prevede che già nel mese di settembre 2017 coloro i quali hanno superato le prove concorsuali e tuttavia non hanno conseguito un punteggio sufficiente per essere iscritti in graduatoria potranno ciononostante essere assunti in ruolo, nell'ambito del 50 per cento dei posti vacanti e disponibili e secondo l'ordine del punteggio.

 

XI Commissione Lavoro

 

Martedì 4 aprile

 

Audizione informale

 

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, CONFSAL, CSE, CGS, USAE, USB, CISAL, CIDA, CODIRP, COSMED, CONFEDIR nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ( Atto n. 393)

 

La Cgil esprime giudizio positivo sui passi avanti fatti nella contrattazione nel pubblico impiego ma li definisce tuttavia insufficienti. Il decreto in oggetto necessita di ulteriori modifiche per rendere coerente il suo contenuto con quello dell’Accordo del 30 novembre raggiunto con il Ministro Marianna Madia.

La Cgil riscontra delle criticità negli articoli 2, 5 e 40 dalla cui combinazione si evince che manca un dispiego reale della contrattazione. Qui infatti manca il riferimento a una necessaria contrattazione sui processi organizzativi del lavoro, il trasferimento di competenze dalla legge alla contrattazione non è reso in maniera netta e il superamento della precarietà è definito come un obiettivo da raggiungere a invarianza dei costi ma manca un approfondimento sulla programmazione della realizzazione per raggiungere tale obiettivo.

 

Carmine Russo, intervenuto a nome della Cisl sottolinea la necessità di rilanciare la partecipazione e il sistema di contrattazione con i sindacati sia a livello generale che particolare. Anche lui conviene che gli articoli 2, 5 e 40 sono il perno della riforma. Bisogna inserire nel pubblico modalità di coinvolgimento comune tra datore e rappresentanti dei lavoratori già presenti nel privato e che consentano anche un ritorno in termini di fiscalità agevolata e di welfare. Bisogna superare il precariato e i tre criteri richiesti nel decreto sono assolutamente lineari per il settore privato ma troppo rigidi per il pubblico impiego.

 

Anche per Antonio Foccillo, della Uil, è necessario un riequilibrio tra legge e contratto e quindi ridurre gli spazi legislativi per dare spazio alla contrattazione. Il combinato disposto dagli articoli 2, 5 e 40 di fatto allarga però definisce ancora la 165 come una legge che non può essere derogata e questo è un limite. Riguardo l’articolo 5, nell’accordo del 30 settembre si era previsto di ripristinare tutte le relazioni sindacali invece qui si aggiungono soltanto ulteriori forme di partecipazione. In contrasto con un altro articolo della medesima legge che definisce che non si può fare contrattazione sulla partecipazione. Con l’articolo 40 invece si fa un elenco dettagliato delle materie fuori dalla contrattazione come l’organizzazione del lavoro. L’organizzazione funzionale che non ha diretto rapporto con il dipendente è materia che resta all’organo preposto, all’amministrazione. Mentre quello che riguarda il rapporto di lavoro dovrebbe essere materia che riguarda la contrattazione. Infine la Uil segnala la mancata liberalizzazione anche della contrattazione di secondo livello e la sbagliata gestione dei fondi integrativi.

 

Tra le altri sigle sindacali la Cse, attraverso le parole di Roberto Cefalo, da una valutazione assolutamente negativa. Il decreto è permeato da un elevato approccio burocratico formale e da un continuo intervento sulle norme. Non si da il via libera alla contrattazione bloccata da 10 anni. Reputa inoltre trattate in maniera insufficiente i temi del precariato, del blocco delle carriere, delle sanzioni disciplinari e del ripristino dei tetti ai salari aziendali.

 

Mara Passafiume, per la Cgs, rileva le seguenti criticità:

Articolo 1: Prevalenza della norma sul contratto nella regolazione dei contratti pubblici.

Articolo 3: Sulla mobilità del pubblico impiego permane l’obbligo dell’assenso dell’amministratore cedente. Bisogna invece demandare, quindi senza vincolo, la materia contratti di lavoro.

Articolo 4: Nell’organizzazione degli spazi di lavoro permane la sola informativa sindacale.

Articolo 6: La possibilità di individuare idonei nel numero massimo del 30% dei posti messi a concorso. Si raccomanda invece che resti una mera possibilità.

Articolo 8: Rischio incostituzionalità, soprattutto il comma 7.

Articolo 11: Penalizza tutti i lavoratori delle amministrazioni mediamente considerate meno virtuose.

Articolo 20: Riduttivo l’intervento sul precariato perché legato al 50% delle assunzioni programmate.

Articolo 23: Inaccettabile la previsione di determinare  il limite massimo dei fondi di produttività delle amministrazioni centrali a quello del 2016.

 

 

Senato

5a Commissione Bilancio

 

Mercoledì 5 aprile

 

Sede consultiva su atti del governo

 

Schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (n. 393)

 

Esame e rinvio

 

11a Commissione Lavoro

Mercoledì 5 aprile

 

Sede consultiva

 

Schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (n. 393)

 

La Commissione approva il seguente schema di osservazioni favorevoli con rilievi proposto dal relatore Ichino (PD):

 

Con riferimento all'articolo 1, con cui si interviene sull’articolo 2 del Testo Unico del pubblico impiego (in combinato disposto con l'articolo 5, comma 2, e con l'articolo 40), prevedendo la possibilità per i contratti collettivi nazionali di derogare alle disposizioni recate da legge, regolamento o statuto in materia di mobilità, valutazione e progressioni economiche, si segnala che la novella consente da una parte di superare lo squilibrio in favore delle fonti normative derivante dal testo introdotto dalla legge n. 15 del 2009, ma dall'altra potrebbe anche produrre uno squilibrio contrario, determinando una sorta di regime di cogestione delle amministrazioni per quel che riguarda la materia della mobilità interna o fra amministrazioni. Rispetto al testo originario del decreto legislativo n. 165 del 2001, è stato cancellato il passaggio secondo il quale la deroga può avere luogo "salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario": sembra pertanto essere definita la totale esclusione della possibilità che le leggi e gli altri atti normativi possano dichiarare la inderogabilità, generale o parziale, di regole da esse dettate da parte degli accordi collettivi. Si suggerisce alla Commissione di merito di valutare la congruità di questo articolo con i principi di delega di cui alla legge n. 124 del 2015, e comunque di prevedere una disposizione che consenta alla legislazione futura l’eventuale fissazione di limiti alla contrattazione collettiva in funzione di salvaguardia delle prerogative dirigenziali in materia di valutazione e di mobilità.

 

In merito all'articolo 4, si fa rilevare che la procedura del trasferimento d’ufficio fra amministrazioni diverse per esigenze organizzative non è stata, di fatto, quasi mai applicata, nonostante i gravi squilibri esistenti tra gli organici delle diverse amministrazioni. Sarebbe pertanto opportuno integrare la disciplina contenuta nel TU, nel senso di rendere più effettivo l’obbligo di ciascuna amministrazione di rilevare annualmente, al tempo stesso, le eventuali eccedenze di organico e le eventuali carenze, ai fini dell’attivazione delle procedure di trasferimento e dei percorsi di formazione o riqualificazione necessari; e in ogni caso escludere che le eventuali integrazioni procedurali introdotte dalla contrattazione collettiva possano appesantire o rallentare il procedimento.

 

Sull’articolo 5, sarebbe necessario chiarire che la definizione del rapporto di collaborazione autonoma, risultante dal combinato disposto degli articoli 2222 del codice civile e 409 n. 3 del codice di procedura civile si applica anche ai contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche.

 

Con riferimento all’articolo 9 (Modifiche dell’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), comma 1, lettera b), si segnala che il diritto di precedenza si applica al solo personale reclutato mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, mentre la relazione illustrativa riconosce tale diritto solo al personale delle categorie protette. Si suggerisce pertanto un chiarimento nel testo legislativo su questo punto. Alla medesima lettera b), si dà facoltà alle amministrazioni di ricorrere a forme di lavoro accessorio retribuito mediante buoni-lavoro. Considerata la normativa sopravvenuta che abolisce la norma del decreto legislativo n. 81 del 2015 su tale materia, si suggerisce un coordinamento formale con il testo del decreto-legge n. 25 del 2017 (Disposizioni urgenti per l'abrogazione delle disposizioni in materia di lavoro accessorio nonché per la modifica delle disposizioni sulla responsabilità solidale in materia di appalti). Sempre alla lettera b), sarebbe opportuno precisare che il personale utilizzato dalle amministrazioni in regime di somministrazione, al pari di quello utilizzato dalle imprese private, debba in ogni caso essere sottoposto agli stessi percorsi formativi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e di prevenzione della corruzione. Inoltre, poiché le amministrazioni e gli enti locali possano procedere all’immissione in ruolo dei loro dipendenti o collaboratori precari, si suggerisce di prevedere che vengano offerti loro strumenti affidabili di aggiustamento degli organici in caso di sopravvenute difficoltà economiche od organizzative. In materia di procedimento disciplinare, gli articoli da 12 a 17 dello schema di decreto in esame confermano l’orientamento già fatto nel decreto legislativo n. 150 del 2009: dettare una disciplina dettagliata del procedimento disciplinare, differenziandola da quanto previsto per la generalità dei rapporti di lavoro nell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, e sanzionare l’omesso esercizio del potere disciplinare da parte dei dirigenti responsabili. Sarebbe tuttavia necessario valutare se sia più funzionale regolare minuziosamente ogni aspetto che la dirigenza pubblica deve compiere su questo ambito, o non piuttosto attivare gli incentivi adeguati affinché la dirigenza stessa si riappropri di questa prerogativa e la eserciti, in funzione degli obiettivi di efficienza e produttività cui è vincolata, in modo analogo a quanto accade nelle strutture private funzionanti.

 

In merito alla disposizione contenuta nell’articolo 13 (modifiche all’art. 55 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n, 165), comma 1, lettera c), dove si prevede la convenzione non onerosa per la gestione unificata delle funzioni dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, si fa osservare che l’affidamento di una funzione di consulenza e assistenza a un organismo consortile esterno comporta sempre (e non può, logicamente, non comportare) per l’amministrazione interessata l’onere di un corrispettivo per il servizio in tal modo decentrato, ovviamente compensato dal corrispondente risparmio di risorse interne all’amministrazione stessa. Pertanto, per salvaguardare le buone prassi di gestione consortile delle funzioni di gestione del personale della PA, si suggerisce alla Commissione di merito di sostituire la dicitura "convenzione non onerosa" (che vieta il pagamento di qualsiasi corrispettivo all’ente cui il servizio viene affidato) con un’espressione che consenta una gestione consortile congruamente remunerata, purché "senza maggiori oneri complessivi" per le amministrazioni interessate rispetto all’ipotesi della gestione in proprio della stessa funzione.

 

Qualche perplessità suscita il contenuto dell’articolo 15 (modifiche all’art. 55 quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n, 165), che modifica l'articolo 55-quater del Testo unico. La novella contenuta nella lettera f-quater), del citato articolo 55-quater, prevede che si attivi il licenziamento per la "reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa che abbia determinato la sospensione dal servizio per un periodo superiore a un anno nel corso di un biennio". Si fa presente che tale formulazione rischia di essere utilizzata allo scopo diametralmente opposto, per evitare o annullare il licenziamento in tutti i casi di violazioni gravi che non siano "reiterate" e che non abbiano già in precedenza dato luogo a sospensione di durata superiore a un anno nel corso di un biennio. Inoltre si osserva che l’ipotesi di accertamento in flagranza non pare agevolmente riferibile, in concreto, a tutte le condotte per le quali la disposizione intende comminare il licenziamento a norma dell’articolo 55-quater, comma 1: nei casi di accertamento delle "falsità documentali o dichiarative" appare necessario, in ogni caso, lo svolgimento di una qualche attività istruttoria, così come per quelli di "ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per esigenze di servizio". Si suggerisce pertanto di chiarire questo aspetto. Si coglie altresì l'occasione per introdurre nel decreto una disposizione transitoria, a norma della quale i procedimenti disciplinari in corso alla data di entrata in vigore siano portati a termine secondo le procedure e il riparto di competenze vigenti alla data del loro avvio, ossia alla notifica della contestazione, risultando tuttavia applicato anche a tali procedimenti il comma 9-ter dell’articolo 55-bis del testo novellato; inoltre, sarebbe opportuno che, alle infrazioni disciplinari cui si riferiscono i procedimenti in corso, si applichino le sanzioni previste a tale data, se più favorevoli.

 

L’articolo 17 (modifiche all’art. 55 sexies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n, 165), che modifica l’articolo 55-sexies del TU, contiene un rinvio erroneo all’articolo 55-quater, comma 3-sexies (comma inesistente), mentre dovrebbe intendersi all’articolo 55-quater, lettera f-ter).

 

Sull'articolo 20 (superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni), che prevede un doppio canale per la stabilizzazione del personale che abbia maturato almeno un triennio di servizio in una amministrazione pubblica, e al comma 2 prevede in particolare il canale riservato a chi abbia collaborato con contratti di "lavoro flessibile", si sottolinea l'opportunità che nel testo del decreto venga chiarito l'intendimento di ricomprendere in questa espressione anche i rapporti di "lavoro parasubordinato", ovvero le collaborazioni autonome continuative in posizione di sostanziale dipendenza dall'amministrazione. In riferimento allo stesso articolo 20, dove viene espressamente esclusa la possibilità che personale già regolarmente assunto con funzioni dirigenziali in forza di reiterati contratti a termine possa rientrare in questo processo di stabilizzazione, si osserva che, per evitare di determinare una irragionevole esclusione pregiudiziale del personale dirigenziale, sarebbe opportuno che le pubbliche amministrazioni possano procedere a inquadrare nei rispettivi ruoli dirigenziali il personale che abbia i seguenti requisiti: · avere maturato almeno 5 anni in posizioni funzionali alle quali è richiesto il possesso della laurea; · essere stato assunto nella PA con le forme previste dall'articolo 97, quarto comma, della Costituzione; · aver svolto, in forza di contratti a tempo determinato, funzioni dirigenziali presso la PA per almeno 3 anni, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni, conseguendo sempre valutazioni positive.

 

In merito all'articolo 21 (modifiche all’art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n, 165), che stabilisce una nuova disciplina delle conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi per le amministrazioni, si fa osservare che la legge n. 124 del 2015 non reca contenuti specifici in tema di recesso unilaterale. Essa delega tuttavia il Governo all’emanazione di norme volte a sciogliere le antinomie, ovvero i nodi interpretativi e applicativi esistenti, che in questo caso devono intendersi come relativi alla legge n. 92 del 2012, la quale ha modificato l’apparato sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi anche in riferimento al settore pubblico. Si suggerisce alla Commissione di merito di valutare attentamente la congruità, rispetto al contenuto e ai principi della legge delega, di questo articolo del decreto in esame. Si invita altresì la Commissione di merito a valutare l’opportunità di fornire, viceversa, indicazioni circa le modalità dell’armonizzazione della nuova disciplina dettata dalla legge n. 92 del 2012 su questa materia, rispetto all’ordinamento generale dell’impiego pubblico, anche in riferimento all'entità del risarcimento.

 


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Categoria: Lavori parlamentari Data di creazione: 07/04/2017
Sottocategoria: Monitoraggio legislativo Ultima modifica: 07/04/2017
Permalink: Monitoraggio legislativo 3 - 9 aprile 2017 Tag: Monitoraggio legislativo 3 - 9 aprile 2017
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