Martedì 17 ottobre
Risoluzione
(7-01370) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Airaudo, Paglia, Pellegrino, Andrea Maestri»
La VII Commissione, premesso che la legge n. 107 del 2015, all’articolo 1, commi dal 33 al 43, dispone l’attivazione obbligatoria dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, da svolgersi in aziende, enti locali, musei, istituzioni pubbliche e private per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno dei corsi di istruzione secondaria di secondo grado, di 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di 200 ore nei licei, con l’obiettivo di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti; la suddetta previsione normativa, inserendo organicamente l’alternanza scuola-lavoro nell’offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado quale strategia didattica, ha voluto rispondere alle indicazioni della Commissione europea per la quale la diffusione di forme di apprendimento basate sul lavoro di alta qualità è uno dei pilastri della strategia « Europa 2020 » per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e confermate nella « New skills agenda for Europe » del 2016; il soprarichiamato decreto legislativo n. 77 del 2005 definisce l’alternanza scuola-lavoro l’offerta formativa del secondo ciclo d’istruzione atta ad assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. La normativa ha previsto a tal fine l’istituzione presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di un Registro nazionale delle imprese e degli enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza, stipulando con le scuole interessate convenzioni e accordi; dal corrente anno scolastico 2017/ 2018 l’alternanza entra a regime, e secondo il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ad essere coinvolti in esperienze di transizione tra scuola e lavoro saranno circa un milione e mezzo di studenti; nello spirito della legge, l’organizzazione/impresa/ente che ospita lo studente dovrebbe assumere il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell’aula e del laboratorio. Attraverso la par tecipazione diretta al contesto operativo, quindi, si dovrebbero realizzare la socializzazione e la permeabilità tra i diversi ambienti, nonché gli scambi reciproci delle esperienze che concorrono alla formazione della persona, al fine di favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Ma la breve disamina che segue dimostra come, nel nostro Paese, per la totale assenza di regole etiche e di forme di condivisione tra scuola, territorio e mondo del lavoro – e soprattutto dovendo fare i conti con un mercato del lavoro che, chiedendo sempre più manodopera non qualificata e a basso costo, si allontana da ogni profilo formativo e da ogni terreno di crescita e di progresso –, tali obiettivi sono difficilmente perseguibili.
Impegna il Governo ad assumere iniziative volte ad eliminare l’obbligatorietà dei percorsi di didattica di cui ai commi da 33 a 43 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e per prevedere l’adesione volontaria a tali percorsi, consapevole e condivisa tra docenti e studenti, esclusivamente nell’ambito dell’orario curriculare e scolastico; ad assumere iniziative per garantire l’effettiva gratuità dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e la loro inerenza al percorso formativo degli studenti e delle studentesse; ad assumere iniziative per garantire il pieno diritto all’accesso all’alternanza scuola-lavoro degli studenti e delle studentesse con disabilità, prevedendo, a tal fine, strumenti di supporto e risorse certe per il trasporto di tali studenti; ad avviare un’indagine ministeriale, sui percorsi attivati fino ad oggi, al fine di valutarne la qualità, i loro esiti e la loro capacità di permettere agli studenti di approfondire la conoscenza del mondo del lavoro nella prospettiva di un accesso critico e consapevole assumendo altresì iniziative affinché, al termine dell’indagine, sia predisposta una relazione sui suoi esiti da presentare in Parlamento; a promuovere l’adozione di un « codice etico » che vincoli le aziende coinvolte nei percorsi di alternanza scuola-lavoro all’applicazione agli studenti che partecipano a tali progetti delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici, nonché all’applicazione delle norme in materia ambientale e di sicurezza sui luoghi di lavoro, alla formazione continua dei dipendenti che svolgono attività di tutor nell’ambito di tali percorsi, e all’osservanza di comportamenti rigorosi sul piano della trasparenza, dell’ecosostenibilità e dell’estraneità ad infiltrazioni mafiose e illecite; a promuovere l’istituzione di un apposito Registro delle aziende, degli enti e delle strutture ospitanti l’alternanza, che abbiano aderito al codice etico; a tenere conto delle richieste delle organizzazioni studentesche soprarichiamate, in particolare in merito all’adozione di uno « Statuto delle studentesse e degli studenti impegnati nell’alternanza scuolalavoro », al fine di garantire loro il diritto a poter decidere e co-organizzare il percorso di alternanza, sulla base dei diversi interessi, attitudini e motivazioni; a coinvolgere nell’ambito della « Cabina nazionale di regia sull’alternanza scuola-lavoro », quali componenti attive, le parti sociali e le rappresentanze studentesche.
Interrogazione
(3-03305) Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto e Totaro. – Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Negli ultimi mesi nella scuola italiana si stanno introducendo importanti cambiamenti; in primo luogo, nelle scuole elementari è stata disposta l’abolizione del voto in condotta, che dovrà essere sostituito da un più astratto « giudizio »; i docenti, inoltre, dovranno essere affiancati da tutor per la progettazione dei percorsi di alternanza scuola lavoro, rispetto ai quali, peraltro, gli studenti stanno manifestando proprio in questi giorni la loro insoddisfazione; il percorso di istruzione secondaria superiore, poi, sarà ridotto a quattro anni in luogo degli attuali cinque; nessuna nuova efficace iniziativa si registra, invece, sul fronte dell’edilizia scolastica; è di questi giorni la notizia di nuovi crolli in alcuni edifici scolastici e gli investimenti per le ristrutturazioni e la messa in sicurezza delle scuole, già insufficienti, marciano a rilento; in questo contesto si segnala che è stato insediato un gruppo di lavoro dal Ministro interrogato per rivedere le indicazioni relative all’utilizzo o meno di telefoni cellulari e tablet durante le lezioni, proibito da una circolare del 2007; una revisione di tale disciplina potrebbe produrre un risultato dirompente rispetto alla didattica seguita sinora negli istituti scolastici.
Si chiede di sapere se non ritenga che l’utilizzo dei citati dispositivi elettronici durante le lezioni da parte degli studenti possa disturbare il regolare svolgimento del percorso didattico.
(5-12471) Carocci, Iori, Narduolo e Crimì. — Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Nelle ultime settimane, decine di presidi hanno comunicato alle famiglie che da quest’anno i ragazzi iscritti alle scuole secondarie di primo grado non potranno uscire soli da scuola. Questo perché, si legge nella circolare identica in molti istituti, « nel codice penale è specificato che per i minori di 14 anni è prevista una presunzione assoluta di incapacità » e quindi « chiunque abbandona una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni »; in tal senso, appare evidente che se un professore dovesse lasciare uscire da solo un ragazzo, rischierebbe una denuncia per mancato controllo; se un genitore lasciasse tornare il minore a casa da solo rischierebbe la denuncia per abbandono di minore; a determinare questo orientamento vi è anche la sentenza n. 21593 del 19 settembre della Corte di cassazione che ha riconosciuto la validità della decisione del tribunale di Firenze che, sette anni dopo la morte di uno studente undicenne fuori dalla scuola, attribuiva una parte di responsabilità anche al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; in tal senso, non è stato accolto il ricorso con cui il Ministero ha richiesto di essere sollevato dagli obblighi di vigilanza che incombono tra i suoi doveri, argomentando che il punto di raccolta dei ragazzi all’esterno dell’istituto non rientri sotto la giurisdizione della scuola; nella maggior parte delle scuole, le famiglie firmano un documento che autorizza l’uscita autonoma da scuola dei figli liberando la scuola da ogni responsabilità, ma esso non ha alcun valore ed, anzi, può aggravare la posizione della scuola; dubbi vengono espressi anche sulla legittimità della circolare stessa, come pure di eventuali norme contenute nel regolamento di istituto che consentano l’uscita autonoma dei ragazzi previa autorizzazione dei genitori; inoltre, appare evidente che la circolare sia dettata dalla legittima paura dovuta alla mancanza di una disciplina della responsabilità pedagogica nelle norme attualmente in vigore. In Italia solo il 30 per cento dei ragazzi torna a casa da solo. Nel resto d’Europa si arriva al 90 per cento. L’età 11-14 anni è quella dell’autonomia: così si preclude ai ragazzi ogni percorso di crescita.
Si chiede di sapere quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per favorire il processo di autonomia dei ragazzi e dare informazioni chiare e uniformi ai dirigenti e a tutto il personale scolastico.
Mercoledì 18 ottobre
Interrogazione
(3-03315) Centemero. — Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Al comma 108 dell’articolo la legge n. 107 del 2015 ha previsto per l’anno scolastico 2016/17 l’avvio di un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti dell’organico dell’autonomia, indirizzato a docenti già assunti a tempo indeterminato e in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia; con l’accordo sindacale siglato tra la Ministra e il sindacato di categoria, la mobilità straordinaria è stata estesa anche all’anno scolastico 2017/18, a giudizio dell’interrogante contravvenendo a quanto sancito dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2009, che prevede che « una norma in materia di lavoro possa essere derogata da parte dei contratti solo se tale possibilità è espressamente prevista dalla norma stessa ».
Si chiede di sapere, a due anni dalla sua approvazione e nella fase iniziale del terzo anno scolastico regolato dalla legge n. 107 del 2015, quali iniziative intenda assumere la Ministra interrogata al fine di rendere pubblici e trasparenti i dati relativi all’applicazione della legge, indicando nello specifico, per quanto riguarda il piano di mobilità straordinario, in ciascuno degli anni 2015/16 e 2016/17: a) quanti docenti hanno presentato domanda di trasferimento e per quali regioni; b) quanti docenti hanno ottenuto il trasferimento e in quali regioni, province e ambiti territoriali; c) quanti docenti hanno chiesto le assegnazioni provvisorie nel complesso e divisi per « strumenti » utilizzati (legge n. 104, riavvicinamento a coniuge e figli, maternità e altro); d) quanti docenti hanno ottenuto le assegnazioni provvisorie; e) quanti docenti hanno fatto richiesta di utilizzo e quanti lo hanno ottenuto; f) quante cattedre sono rimaste scoperte e sono state assegnate in supplenza in seguito all’ottenimento di assegnazione provvisoria o di utilizzo e in quali province/ ambiti territoriali.
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