Non accenna a placarsi lo scambio di vedute e d’idee sulle pensioni specialmente dopo le proposte del nuovo Governo.
Confronti, polemiche, discussioni a tutto campo con teorie, propositi e idee alcune con un minimo di fondamento, altre palesemente strampalate e insensate.
Tutto questo dibattito non fa che aumentare l’angoscia e la frustrazione di coloro i quali sono alla vigilia della pensione, e pensionati compresi, che hanno di fronte scenari che cambiano continuamente.
Si aggiunge poi un’informazione mediatica approssimativa e strumentale che contribuisce ad accrescere apprensione e disorientamento.
Di là di ogni considerazione, vanno registrati due fattori base molto importanti in proposito.
1 - Il nostro sistema pensionistico è in grado di reggere alla sfida della longevità, almeno sin quando si manterrà l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita e la revisione dei coefficienti di trasformazione.
La Corte dei Conti tuona che la Fornero non può essere modificata.
Nella presentazione del Rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica del 12 luglio 2018, la Magistratura contabile, per quanto riguarda la spesa per la previdenza, rileva:
“Nei prossimi anni, il bilancio pubblico sarà fortemente condizionato dall’invecchiamento della popolazione e dalle modifiche della struttura demografica. E’ un fenomeno i cui tratti essenziali sono noti da tempo, ma che, stando a nuove stime prodotte nelle sedi preposte (Istat, RGS, Commissione europea), potrebbe avere effetti sulla spesa per la protezione sociale (previdenza, assistenza e sanità) più acuti di quanto finora atteso.”. Nel 2017 la spesa per prestazioni sociali in denaro è cresciuta dell’1,7 per cento. Sono cresciute dell’1,2 per cento le prestazioni pensionistiche, del 3,4 per cento le altre prestazioni sociali: si tratta di tendenze che segnano miglioramenti rispetto agli ultimi anni. La riduzione della spesa è da ascrivere in misura importante alla riforma introdotta con la legge 214/2011. Certamente, osserva la Corte, la correzione effettuata con la legge Fornero è stata brusca; ma è la virulenza della crisi sovrana che l’ha imposta. Negli ultimi anni il legislatore si è trovato di fronte a due implicite sfide: da un lato, correggere gli effetti indesiderati della legge 214/2011, dall’altro, monitorare il processo di riforma con riguardo agli andamenti complessivi della spesa nel breve e nel lungo termine”.
Pertanto, tutti gli interventi tendenti a favorire la flessibilità in uscita, oltre a comportare conseguentemente una riduzione dell’assegno pensionistico, incrementerebbero fortemente la spesa pensionistica.
2 - La stravagante trovata poi, di riconsiderare tutti i trattamenti pensionistici con il sistema contributivo anche per i periodi ante 1996 con decorrenza quindi, retroattiva, è sbalorditiva.
A parte il caos procedurale che inevitabilmente provocherebbe errori a non finire, tenuto conto della complessità dei calcoli, di dati mancanti, parziali o approssimativi della gestione delle pratiche medesime, tale eventuale disposizione pone problemi d’incostituzionalità perché va a intaccare i c.d. “diritti acquisiti” fino ad ora sempre rispettati nell’ordinamento Italiano.
I diritti acquisiti e immutabili trovano fondamento nell’art. 25, comma 2 della Costituzione, in ragione dell’efficacia della disposizione di legge nel tempo (tempus regit actum), ossia ogni atto va valutato secondo la norma vigente al momento in cui avviene e dunque investe il principio di irretroattività.
Ordinariamente la legge dispone per il futuro: l’abolizione dei diritti acquisiti costituirebbe un pericolosissimo precedente.
Nella fattispecie pensionistica, una volta travolto il principio, si può ad libitum, a piacere, azzerare qualsiasi diritto.
Non può essere che uno si svegli improvvisamente e proponga, ad esempio, un taglio del 50% di tutte le pensioni in essere, escluse magari quelle dei parlamentari.
Comunque sia fioccherebbero ricorsi a iosa.
Luglio 2018 *consulente in diritto previdenziale . Docente in materia
Autore di studi e pubblicazioni
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