In questi giorni si fa un gran parlare di autonomie regionali differenziate e ci sembra doveroso (quanto meno opportuno) partecipare alla discussione con una ragionata riflessione.
L’art. 116 (Parte II - Titolo V) della vigente Carta Costituzionale prevede la possibilità di attribuire alle Regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia su alcune materie che l’art. 117, della stessa Carta, assegna come legislazione esclusiva allo Stato e come legislazione concorrente allo Stato ed alle Regioni.
Nella legge dello Stato che dovesse approvare le ulteriori forme e modalità di autonomia, sulla base di intese fra lo Stato e la Regione interessata, è d’obbligo il rispetto dei principi di cui all’art. 119 in tema di risorse finanziarie e fondo perequativo.
Tra le materie che possono determinare un’autonomia regionale differenziata vi è anche l’istruzione che - a mente del citato art. 117 c. 2 lett. n) (norme generali sull’istruzione) ed al comma 3 - è prevista sia come legislazione esclusiva dello Stato che come legislazione concorrente fra lo Stato e la Regione.
Ergo, l’iniziativa regionale in argomento ha fondamento costituzionale e lo Stato, attraverso l’azione complementare di Governo e Parlamento, deve necessariamente prenderla in considerazione.
Nel farlo è, altresì, doveroso tenere in considerazione altre norme costituzionali contenute nei Principi Fondamentali presenti nella Parte I (art. 3 l’uguaglianza e art. 5 l’unità della Repubblica) e nel Titolo II dei rapporti etico-sociali (art. 33 norme generali sull’istruzione ed istituzione di scuole statali e art. 34 scuola aperta, istruzione obbligatoria e gratuita, diritto al merito), che debbono guidare le scelte dello Stato per l’eventuale attribuzione alle Regioni di ulteriore autonomia in tema di istruzione.
Se la trama delle norme costituzionali affida all’istruzione il rango di diritto fondamentale ed universale per tutti i cittadini, nel rispetto formale e sostanziale del principio di uguaglianza e di indivisibilità della Repubblica, è evidente che risulta inammissibile l’istituzione ed organizzazione di scuole pubbliche in condizioni differenti da Regione a Regione.
Se si dovesse pervenire ad attribuzioni diversificate tra Regioni, con maggiore autonomia per talune che la richiedono, sarebbe comunque impossibile che le scuole istituite dallo Stato presentino un’offerta formativa che non sia uguale per tutti coloro che ovunque le frequentano. Peraltro, risulta oggettivamente insormontabile il precetto costituzionale presente nel comma 2 dell’art. 33 che impone allo Stato (espressamente allo Stato e non ad altri Enti) l’istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi in ogni parte del territorio nazionale.
Certo anche le Regioni, come Enti, hanno il diritto di istituire in proprio scuole ed istituti di educazione nel rispetto di diritti ed obblighi fissati dalla legge dello Stato, senza oneri per lo Stato (vedi art. 33 commi 3 e 4 della Carta).
Se vi è l’obbligo dello Stato di istituire direttamente scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio nazionale, è impossibile che lo Stato venga meno al dovere di legislazione esclusiva in tema di “norme generali sull’istruzione”. Sarebbe, inoltre, manifestamente illogico sotto ogni profilo che lo Stato accettasse di soggiacere ad una legislazione regionale sulle scuole che ha il dovere di istituire ed organizzare, assumendo i relativi oneri anche sul personale alle proprie dipendenze (status giuridico e trattamento economico).
In siffatto contesto già oggi la legislazione vigente consente alle Regioni di proporre e finanziare progetti da realizzare in collaborazione con le scuole sia per aspetti curricolari (il curricolo locale) che extracurricolari (l’ampliamento dell’offerta formativa).
Diversamente si pone, invece, l’ipotesi di concedere alle Regioni maggiore autonomia sulle scuole regionali (paritarie) che come Ente intendesse istituire direttamente e a proprio carico. Potrebbe innestarsi una competizione virtuosa tra scuole statali e scuole regionali a tutto vantaggio degli alunni e delle loro famiglie ed anche del sistema economico/produttivo.
Lì, 18.02.2019
IL PRESIDENTE
Giorgio Germani
P.S.: il presente documento viene inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri (Prof. Giuseppe Conte), ai Vice Premier (On. Luigi Di Maio e Sen. Matteo Salvini), al Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca (Dott. Marco Bussetti), al Sottosegretario con delega all’Istruzione (Prof. Salvatore Giuliano) ed ai Presidenti delle competenti Commissioni in materia di Istruzione del Senato e della Camera (Sen. Mario Pittoni e On. Luigi Gallo).
Viene, altresì, inviato al Presidente della Confederazione di appartenenza, CIDA (Giorgio Ambrogioni), al Presidente della Federazione FP CIDA (Giorgio Rembado) e al Presidente dell’ANP (Antonello Giannelli).