“TESTIMONIANZE DEI PROTAGONISTI DI ALLORA SULLA SITUAZIONE DELLE SCUOLE E L’AVVIO DELL’ESPERIENZA ASSOCIATIVA”
Un ringraziamento ai colleghi per questa occasione.
Ritengo che ricordare il XXV° anniversario della nascita della FNADA non debba e non possa essere inteso unicamente come un omaggio al vizio della memoria, ma come sforzo ulteriore e importante per dare nuovo slancio e forza ad una associazione che ha significato negli anni un importante punto di riferimento (se non peccassi di presunzione oserei dire uno dei pochi) per i contributi che ha saputo dare per la costruzione di una scuola nuova e più efficiente, capace di dare le giuste risposte che la società pretendeva.
Lo ha fatto guardando sempre al bene comune in un periodo (è il lontano 1988) difficile e importante per la scuola italiana.
Un ringraziamento, quindi, anche se non posso negare una evidente forte emozione che provo.
Infatti, tornare con la mente alla nascita della FNACA (e ho dovuto farlo per mettere insieme le cose che dirò) è stato come scatenare un flash back di emozioni mai sopite, in un susseguirsi di immagini, di persone e luoghi ai quali, nonostante tutto, ci lega ancora un affetto e un ricordo sempre presente nella nostra mente e nel nostro cuore.
Perché l’affetto per quanti hanno fatto tanto per la nostra categoria e per la scuola italiana, non è mai venuto meno per nessuno di loro.
Nel dire nessuno, intendo dire tutti, comprendendo anche quei colleghi con i quali può esserci stato qualche momento più o meno lungo di incomprensione.
Sono qui anche per questo: se la FNADA ne avesse bisogno potrei dare volentieri ancora il mio contributo.
Rifare la storia della FNADA (allora FNACA) è come rifare la storia degli ultimi venticinque anni della scuola italiana, difficili e importanti.
Anni che hanno visto crescere il fenomeno dell’associazionismo a fronte di una crisi del sindacato che appariva allora sempre più prigioniero delle sue contraddizioni interne, alla ricerca sempre di soluzioni univoche per situazioni diverse, che al di la di risolvere i problemi creavano contrapposizioni stucchevoli e inutili.
La FNADA, che nasce a Milano nei giorni 4 e 5 gennaio 1988 per la volontà di una quindicina di Associazioni Provinciali di Coordinatori Amministrativi, iniziava la sua opera nel momento più difficile.
Eravamo alla vigilia di un rinnovo contrattuale (che scaturì poi nel DPR n. 399 del 23/8/1988) e il mondo della scuola, nel suo insieme, non godeva presso l’opinione pubblica di buona considerazione .
Il lavoro da fare era molto e difficile, il compito affidato al direttivo arduo e impegnativo.
Le difficoltà da superare si presentarono subito nella loro interezza.
Bisognava, comunque e subito, darsi da fare se si voleva mantenere in vita la federazione appena nata; era necessario ed essenziale rimuovere in via preliminare lo scetticismo e l’ironia diffusa perché crescesse l’aggregazione di altri colleghi ed associazioni intorno ad essa. Si individuarono obiettivi immediati verso i quali indirizzare forze e risorse. Era urgente portare all’esterno del mondo della scuola il malessere dei coordinatori amministrativi, esplicitando le ragioni del loro malcontento; rimuovere l’ostilità del sindacato e la sua contrarietà di principio; elaborare progetti e proposte di politica scolastica ed avanzare richieste per la categoria; vincere la diffidenza iniziale dei capi di istituto.
Si cercò di creare un vasto movimento d’opinione intorno alla figura del CA, portando a conoscenza dei più responsabilità e compiti svolti dallo stesso all’interno delle istituzioni scolastiche.
Il lavoro fatto fu capillare e sistematico (sensibilizzazione dei mass-media, incontri con politici, confronti con sindacato e capi di istituto), mai ci siamo scoraggiati, mai abbiamo pensato di mollare, incoraggiati dal crescente consenso che ci veniva dai numerosi colleghi che in un numero crescente aderivano alla federazione attraverso le loro associazioni.
Il percorso è stato lungo e difficile.
Possiamo dire, al di là di ogni facile retorica e senza ombra di dubbio (la vostra presenza qui ne è testimonianza) di aver dato un contributo importante nel percorso di crescita della nostra scuola e della nostra categoria professionale.
Ma quale era la situazione della scuola italiana all’alba dell’anno 1988? O, meglio, come era strutturato il sistema scolastico italiano negli anni che erano seguiti all’emanazione dei Decreti Delegati del 1974?
Ricordiamo che alcune Istituzioni Scolastiche ancor prima dei decreti emanati in data 30 maggio 1974 in applicazione della legge di delega 30 luglio 1973, n. 477, godevano già di autonomia amministrativa che si accompagnava alla personalità giuridica in virtù di particolari disposizioni.
Queste istituzioni erano gli Istituti tecnici, gli Istituti professionali, gli Istituti d’arte, i Convitti nazionali e gli Educandati femminili.
Con la riforma dell’ordinamento scolastico di cui alla predetta legge n. 477/73 l’autonomia amministrativa (e non la personalità giuridica) venne estesa a tutte le Istituzioni Scolastiche e, mentre nulla o quasi cambiò per le Istituzioni Scolastiche dotate di personalità giuridica, una innovazione di notevole importanza si verificò, invece, per le altre scuole (Direzioni didattiche, Scuole medie di primo grado, Licei classici, scientifici, artistici e Istituti magistrali).
Si trattava tuttavia di una autonomia “chiusa” ristretta in una fitta rete di legami e vincoli formali, con la necessità avvertita di godere di un sufficiente margine legislativo e/o regolamentare per poter dialogare con l’ambiente esterno nel senso più generale del termine.
Va preliminarmente osservato che, antecedentemente al 1974, non era stato mai provveduto a definire un assetto di stato giuridico per tutto il personale della scuola, successivo all’entrata in vigore della costituzione del 1948.
Mentre per gli impiegati civili dello Stato era stato provveduto con il T.U. n. 3 del 1957, per il personale della scuola l’attesa fu molto più lunga.
In buona sostanza i provvedimenti in questione videro la luce dopo i moti contestativi del 1968.
Indubbiamente, tutto il complesso dei provvedimenti delegati costituì il primo tentativo organico e sistematico di disegno di un modo nuovo di concepire la scuola, aperto alla società, che richiede la partecipazione attiva di più soggetti sociali.
Insomma, un primo avvio alla democratizzazione della scuola stessa.
Vengono ridefinite tutte le funzioni, docente, direttiva, ispettiva e dei non docenti. Furono emanate norme anche sulla sperimentazione in campo didattico. Insomma, un corpus di norme poste a base di un nuovo sistema scolastico che si poneva, ormai, al di fuori del vecchio assetto statuale di matrice fascista e, altresì, del vecchio assetto dello stato liberale. Normativa che in buona sostanza si ispirava ai principi di fondo della nostra costituzione, pur in assenza del riconoscimento dell’autonomia alle scuole, in attuazione dell’art. 5 della costituzione.
Ancora era lontana la “Riforma globale” della Pubblica Amministrazione che si avvierà alla fine degli anni ’80, con la legge sulla trasparenza n. 241/1990 e con la legge sull’autonomia degli enti locali n. 142/1990, fino ad arrivare successivamente all’emanazione della legge n. 59 del 1997, nel cui art. 21 furono definiti i principi ispiratori di fondo della riforma sull’autonomia della scuola.
Nel decreto delegato n. 420 del 1974 furono definite le nuove mansioni del segretario: cura dei servizi amministrativi secondo i criteri del Consiglio di circolo/istituto e le direttive del capo di istituto. Firma dei mandati e reversali con il presidente e un membro della G.E., dei certificati e documenti unitamente al Preside. Vigilanza sugli impiegati esecutivi e sugli ausiliari.
Analizzando con la dovuta attenzione critica il decreto n. 420 può facilmente rilevarsi che la nuova figura del segretario risulta sempre incardinata all’interno di un ufficio rigidamente organizzato e gerarchicamente definito. In assenza di una riforma dell’autonomia, sia i presidi sia i segretari risultavano strutturati all’interno di organi e uffici con le vecchie connotazioni. Il progresso, invece, risultava tangibile nel campo dell’attività didattica organizzata e degli ordinamenti didattici.
Con il DPR n. 588 del 1985 viene definita la figura del Coordinatore Amministrativo con proprio profilo professionale.
Non più carriere ma qualifiche e profili professionali. Ancora una volta si volta pagina ma sempre all’interno di apparati rigidamente organizzati e gerarchizzati. Le mansioni sono quelle di: predisporre, attuare, elaborare gli atti amministrativi, contabili, di ragioneria e di economato e di organizzare la segreteria. Ha autonomia operativa e responsabilità diretta sugli atti compiuti, nell’ambito di sole direttive di massima. Coordinamento e vigilanza sulle unità sotto ordinate.
Nell’anno 1995 si cambia ancora rotta. Nel CCNL del 4 agosto dello stesso anno, il vecchio coordinatore amministrativo si trasforma in responsabile amministrativo con le seguenti mansioni: organizzazione di tutti i servizi ATA dell’unità scolastica con il conferimento della responsabilità del loro funzionamento; sovrintendenza, nell’ambito delle direttive di massima ed obiettivi assegnati, con potere di coordinamento del personale; facoltà di svolgere attività di formazione ed aggiornamento; esprimere pareri ed elaborare progetti; firma di certificati, copie ed estratti che non implichino valutazioni discrezionali; cura dell’attività istruttoria diretta alla stipula di accordi, contratti e convenzioni con soggetti esterni.
Ciò a seguito del processo di contrattualizzazione e privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, a seguito dell’attuazione del D.Lgs 3 febbraio 1993, n. 29 (oggi D.Lgs 3 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni, ivi comprese quelle della riforma Brunetta – D.Lgs n. 150/2009).
Ricordiamo che l’ultimo contratto ancora soggetto a “decretazione” è stato il contratto del triennio 1988-1991, di cui al DPR n.399 del 23 agosto 1988.
In esso erano contenute due importanti novità:
- all’art. 4, comma 12 “Per il personale dei servizi ausiliari, tecnici ed amministrativi si procederà, in sede contrattuale, alla ridefinizione dei profili professionali sulla base della individuazione cui si perverrà a seguito dell'attuazione dell'art. 67 del D.P.R. 17 settembre 1987, n. 494”, la
- all’art. 10, comma 2 “ Analoga indennità è attribuita, a decorrere dall'1 maggio 1990, ai coordinatori amministrativi. Detta indennità sarà determinata, ferma restando la disciplina prevista dalle vigenti disposizioni per il lavoro straordinario, con le modalità ed i criteri stabiliti per l'indennità di istituto di cui all'articolo 7 del D.P.R. 10 aprile 1987, n. 209. Il relativo fondo è costituito da un importo pari a £. 2.500 milioni in ragione d'anno”.
È da quel momento che il personale ATA viene normato dal contratto collettivo (sempre per quanto riguarda i contenuti del rapporto di lavoro, restando escluse le forme di responsabilità civile, amministrativa, contabile e penale e le incompatibilità).
In questo processo di riorganizzazione del processo formativo, interviene l’art. 21 della legge di delega 15 marzo 1997, n. 59, che prevede un ampliamento dell’autonomia delle Istituzioni Scolastiche e l’estensione della personalità giuridica a quelle istituzioni che ne erano prive. Per acquisire o mantenere tale configurazione giuridica e per garantire l’efficace esercizio dell’autonomia, il DPR 18 giugno 1998, n. 233, stabiliva le dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche, anche ai fini di dare stabilità nel tempo alle stesse e offrire una pluralità di scelte che favorissero l’esercizio del diritto all’istruzione.
Nell’art. 21 della legge di delega n. 59 del 1997 sono definiti i principi ispiratori e i contenuti della riforma dell’autonomia della scuola. È previsto anche il conferimento della qualifica dirigenziale ai capi di istituto.
Con successivo DPR n. 275 del 1999 viene emanato il Regolamento sull’autonomia scolastica con attribuzione alle Istituzioni Scolastiche di funzioni già di pertinenza dell’amministrazione centrale e periferica. Ad ogni Istituzione Scolastica è attribuita la personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia didattica, organizzativa, di sperimentazione, ricerca e sviluppo, negoziale e finanziaria.
Il Dirigente Scolastico, in quanto tale, è responsabile della gestione unitaria dell’ente e dei risultati. Ogni scuola diventa ente erogatore di un servizio di educazione, formazione, istruzione in favore di alunni e studenti.
Con il CCNL del 26/5/1999 la vecchia figura del Responsabile Amministrativo (già appartenente alla carriera concettuale) viene trasformata in Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, appartenente alla carriera direttiva.
Nel mentre le vecchie figure del Direttore Didattico e del Preside assumono la figura di Dirigenti Scolastici, la vecchia figura del Responsabile Amministrativo assume quella del DSGA. L’evoluzione è contestuale e risponde pienamente al nuovo assetto di sistema delle Istituzioni Scolastiche in regime di autonomia.
È tipico e proprio delle entità dislocate nel territorio, aventi personalità giuridica di diritto pubblico, affondare le radici in una organizzazione flessibile all’interno dei riconosciuti spazi di autonomia. È tipico dei sistemi di autonomia avere potenzialità espansiva per le finalità del servizio da rendere agli utenti. Non, allora, una organizzazione e funzioni che staticamente ripetono se stesse nel tempo e nello spazio, ma una organizzazione e funzioni che si evolvono in rapporto ai bisogni da soddisfare.
Il relativo profilo professionale contenuto nel CCNL ancora in vigore assegna al DSGA il ruolo di dominus dell’autonomia amministrativa.
Ciò stando a significare che il detto direttore è elemento connotante e costituente, sotto il profilo funzionale, della stessa istituzione.
È nella stessa filosofia politica che sorregge l’impianto del nuovo sistema di autonomia la considerazione di fondo che evolvendo la società si evolvono i bisogni da soddisfare. In ragione di ciò si evolvono le funzioni e le organizzazioni perché siano sempre edotte e pronte a svolgere il servizio che sono tenute ad erogare.
È in quest’ultima affermazione che risiedono, in primo luogo, il futuro del servizio e, in secondo luogo, il futuro delle organizzazioni e delle funzioni. Questa nostra ricostruzione, seppure necessariamente sintetica e per certi versi non esaustiva, ci consente di inquadrare al meglio la linea d’azione che la nascente federazione intese porre in essere in un contesto in cui la stessa scuola era alla ricerca di una necessaria e sempre più improcrastinabile ed imprescindibile ridefinizione della sua stessa organizzazione didattico/amministrativa.
Proprio per questo i ragionamenti sull’autonomia scolastica, sul dimensionamento ottimale delle Istituzioni Scolastiche, sulla ridefinizione di nuovi profili professionali con la necessaria chiarezza nei rapporti istituzionali, furono punto centrale nell’azione posta in essere in quel momento.
Ricordo, ma sono sicuro che tutti voi lo ricordiate, che ad ogni nostro intervento, ad ogni nostra proposta per un nuovo profilo, che allora definimmo di Funzionario Amministrativo, la risposta e l’obiezione ricorrente era quella che tale profilo poteva essere realizzato solo a condizione del conferimento della personalità giuridica a tutte le scuole e solo dopo il conferimento della dirigenza ai Capi di Istituto.
Un ulteriore ostacolo a parere di alcuni (le Organizzazioni Sindacali in primis) era posto dal fatto che i Coordinatori Amministrativi operavano in scuole diverse e per questo svolgevano differenti mansioni; ricordiamo a riguardo che le istituzioni scolastiche con personalità giuridica provvedevano, tra le altre cose, al pagamento diretto delle retribuzioni fisse ed accessorie al personale dipendente.
È bene ricordare, altresì, che l’approccio delle OO.SS. alla revisione dei profili professioni del personale ATA non è stato, inizialmente, dei più felici.
Vogliamo qui ricordare ancora quanto lunga, faticosa e difficile sia stata la strada che ha portato alla loro attuale stesura; e non soltanto per gli oggettivi problemi esistenti.
Inizialmente il sindacato non riteneva che tutti i Coordinatori Amministrativi dovessero transitare nel nuovo profilo e prevedeva per quella parte di essi una procedura concorsuale per l’accesso alla nuova qualifica.
Far comprendere a tutti che la federazione non avrebbe accettato mai una soluzione di nuovo profilo che non riguardasse tutti i CA, non fu cosa di poco conto. Fu necessario ribadire con sempre più forza, dimostrando all’occorrenza grande fermezza, che la federazione avrebbe reagito a tentativi che mirassero a dividere la categoria, non accettando una catalogazione in coordinatori di serie A e di serie B.
La FNADA si è sempre battuta per l’unità della categoria e per un profilo unico, a prescindere dalla sede di servizio.
In conclusione una considerazione finale con uno sguardo al presente.
Sono di questi giorni le seguenti notizie:
a) necessità di nuove forme di reclutamento del personale docente, in rigoroso rapporto alle richieste del servizio da erogare;
b) ridefinizione di un assetto di status del personale docente e non;
c) revisione di piani e programmi universitari per far fronte a queste necessità.
Insomma sembra che ci si avvii, finalmente, a trasformare geneticamente il vecchio sistema nazionale di istruzione in “servizio nazionale di istruzione”.
La differenza che corre tra le due espressioni è decisamente molto profonda.
La vecchia nozione di sistema, in buona sostanza, riecheggia la nozione di scuola apparato, centralista, verticista e organizzativamente rigida. La nozione, invece, di servizio è proprio tipica del nuovo sistema di autonomia, decentrato, autonomo e organizzativamente flessibile, avente la finalità, per come detto, di rendere un servizio alla persona e al paese. Insomma, dire servizio è dire processo continuo di democratizzazione della scuola.
Le prospettive di una ulteriore e futura rivisitazione della figura del DSGA sta tutta in questa previsione di processo riformistico.
È a tutti noto che funzioni e figure professionali crescono e si evolvono come cresce e si evolve la società che le contiene.
Da ultimo, ma non ultimo, il testo del DDL 3542 sulla riforma degli Organi Collegiali della scuola, approvato alla VII Commissione istruzione e cultura della Camera dei deputati che, pur avendo subito delle modifiche rispetto al testo originario unificato, non può essere condiviso senza ulteriori sostanziali modifiche.
Infatti, nel Consiglio dell’Autonomia a livello di scuola il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) continua a non avere diritto di voto.
Ai colleghi, pertanto, un invito a non abbassare la guardia, a svolgere ancora la loro funzione di sentinella della legalità in una scuola che, negli ultimi tempi, sembra aver sempre più smarrito i principi che sono a fondamento della sua stessa funzione.
Continuiamo ad accompagnare questa nostra scuola in un processo di crescita per niente affatto concluso.
Un grazie di vero cuore ed un augurio a tutti voi di buon lavoro.
Mario Paladini