In data 28 ottobre 2022 l’ARAN ha pubblicato, nella sezione Pubblicazioni e Statistiche, l’aggiornamento all'anno 2020, 2021 e, in alcuni casi con dati aggiornati al 2022, delle elaborazioni statistiche sulle retribuzioni medie pro-capite di comparto, distinte in retribuzione fissa e retribuzione accessoria.
Con questo contributo l’ARAN vuole consentire agli utenti analisi quantitative su diversi aggregati e fenomeni del lavoro pubblico sulla base di elaborazioni basate sulle principali fonti statistiche disponibili (Ragioneria generale dello Stato - Conto annuale, Istat).
Purtroppo, come nelle precedenti elaborazioni, le Retribuzioni medie pro-capite fisse, accessorie e complessive per comparto vedono i dipendenti della scuola – insieme a quelli delle funzioni locali - in ultima posizione, nettamente distaccati, in termini retributivi, dai dipendenti degli altri comparti.
Non vogliamo fare una classifica tra enti che hanno peculiarità e caratteristiche così diverse da rendere difficile una comparazione. Ci basta sottolineare che l’importo medio delle retribuzioni pro-capite per comparto riferite all’anno 2020 è pari a 37.073 (nella precedente elaborazione era pari a 36.782), mentre quello della scuola è 30.313 (nella precedente elaborazione era pari a 30.506) e quello del comparto istruzione e ricerca è 30.697 (nella precedente elaborazione era pari a 30.854).
Notiamo quindi che mentre in generale le retribuzioni medie pro-capite della PA aumentano, nella scuola e nel comparto istruzione e ricerca invece diminuiscono.
Ciò è a dir poco paradossale in quanto questi valori sono sempre stati ampiamente al di sotto di quelli medi degli altri comparti ed enormemente distanti dai comparti meglio retribuiti (Autorità indipendenti 96.515 (nella precedente elaborazione era pari a 93.814), Presidenza del consiglio dei ministri 69.056 (nella precedente elaborazione era pari a 66.767), solo per fare qualche esempio.
In termini percentuali le retribuzioni medie della PA sono cresciute dello 0,8 % nel 2020, in rapporto al 2019. Quelle del comparto Istruzione e Ricerca e della scuola in particolare sono invece rispettivamente diminuite dello -0,5 % e dello -0,6 %.
Il rapporto percentuale tra la composizione delle retribuzioni (voci stipendiali e trattamenti accessori) vede il comparto istruzione e ricerca avere uno sbilanciamento (88%) a favore delle voci stipendiali rispetto ai trattamenti accessori (appena il 12%).
Infine, il grafico che riassume la dinamica delle retribuzioni medie pro-capite degli ultimi 19 anni dimostra il triste appiattimento della curva stipendiale riferita all’Istruzione e ricerca.
Per noi lavoratori della scuola e più in generale del comparto Istruzione e ricerca, questa situazione disastrosa era già nota ed avvertita. In pratica siamo i “poveracci” del pubblico impiego.
Le analisi dell’ARAN dimostrano in maniera incontrovertibile che i continui annunci di investimento pubblico nel settore istruzione sono solo “slogan” di propaganda politici.
D'altronde, l’attrazione dei “migliori” la si potrà ottenere solamente con l’innalzamento dei livelli retributivi, portandoli in linea con quelli delle altre nazioni europee.
Vanno riviste anche le procedure concorsuali che devono essere necessariamente selettive.
Le continue “sanatorie” concorsuali e gli attuali sistemi per la sostituzione dei docenti e del personale ATA, basati ancora su graduatorie per soli titoli, non fanno altro che alimentare questo appiattimento qualitativo e retributivo che tanti danni arreca al sistema educativo del nostro Paese.
Sul piano concorsuale, effettivamente selettivo è stato il concorso – dopo vent’anni – per 2.004 posti di Direttore SGA. Purtroppo il trattamento economico e giuridico della categoria non può certo dirsi soddisfacente. Molti nuovi colleghi hanno già scelto altre vie lasciando un lavoro da tutti definito bello e stimolante ma scarsamente retribuito.
Il rinnovo contrattuale in corso deve essere l’occasione per diminuire le differenze retributive che le statistiche hanno descritto in maniera così brutale ed oggettiva.
Vanno fatte delle scelte: o continuare ad “utilizzare” la scuola come serbatoio per garantire i livelli minimi occupazionali, o investire davvero sull’Istruzione per garantire un futuro migliore a questo splendido Paese.