WHISTLEBLOWING - LA TUTELA DEL DIPENDENTE CHE DENUNCIA ILLECITI
– LA NUOVA DISCIPLINA CONTENUTA DECRETO LEGISLATIVO 10 MARZO 2023, N. 24
CONTRIBUTO PROFESSIONALE
Il Decreto Legislativo n. 24/2023 recepisce la Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento e del Consiglio europeo del 23 ottobre 2019, avente ad oggetto la protezione delle persone che segnalano attività illecite o fraudolente in violazione del diritto dell'Unione, poste in essere all'interno di un'organizzazione pubblica o privata.
La figura del c.d. whistleblower (“colui che soffi a il fi schietto”) è stata elaborata negli Stati Uniti d’America per indicare l’individuo che denunci attività illecite all’interno dell’organizzazione di appartenenza. Alcuni ritengono che la nozione richiami la figura dell’arbitro che “soffi a” il fi schietto per segnalare un “fallo”: immagine accostata a quella del dipendente che denuncia un illecito. In una accezione più ampia, il “whistleblower” è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa (quindi da “interno”) “scopra” un illecito, una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa recare concreto pregiudizio a terzi (es. consumatori, clienti) o all’azienda/impresa stessa (es. danno all’immagine) e decida di denunciarlo, esponendosi così al rischio di vessazioni, ritorsioni, molestie. Queste denunce endogene rappresentano un efficace strumento diffuso di controllo che garantisce un meccanismo di protezione interno all’apparato pubblico creando una sorta di sistema immunitario organico.
Tuttavia, affinché denunce del genere siano incoraggiate è necessario che colui che segnala l’illecito sia “protetto” da eventuali ritorsioni o vessazioni, già solo sul piano del clima lavorativo in cui offre la sua prestazione: ad es., in primo luogo, potendo beneficiare dell’anonimato. Come detto, l’ordinamento italiano si è di recente munito di specifiche misure per tutelare i soggetti che scelgano di denunciare illeciti, all’interno delle organizzazioni pubbliche in cui prestano servizio, in particolare, attraverso il richiamato articolo 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”, quindi con disposizione ad hoc inserita nelle “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
Questa disposizione è stata introdotta dall’articolo 1, comma 51, della Legge 6 novembre 2012 n. 190 e poi integrata dal decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 114 che, da un lato, ha modificato, con l’art. 31, il testo dell’art. 54-bis introducendo l’ANAC quale soggetto destinatario delle segnalazioni, dall’altro (con l’art. 19, co. 5) ha stabilito che l’ANAC “riceve notizie e segnalazioni di illeciti, anche nelle forme di cui all’art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165”.
Infine, l’istituto è stato riscritto dalla Legge n. 179 del 2017. Con il decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 90, lo Stato italiano ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, modificato altre disposizioni trasposte prevedendo, tra l’altro, che nel sistema oggetto di regolamentazione debbano essere adottate procedure volte ad incentivare segnalazioni interne di violazioni, potenziali o effettive, delle disposizioni in materia di antiriciclaggio da parte del personale dipendente.
La nuova disciplina sul whistleblowing è orientata, da un lato, a garantire la manifestazione della libertà di espressione e di informazione, che comprende il diritto di ricevere e di comunicare informazioni, nonché la libertà e il pluralismo dei media. Dall’altro, è strumento per contrastare (e prevenire) la corruzione e la cattiva amministrazione nel settore pubblico e privato.
Si tratta della disciplina di protezione dei whistleblowers (segnalanti). Le tutele sono estese sia a tutti coloro che segnalano violazioni di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo, sia ai cosiddetti “facilitatori”, colleghi, parenti o affetti stabili di chi ha segnalato.
Anche riguardo ai canali di segnalazione il decreto introduce novità per le aziende interessate che dovranno predisporre canali interni di segnalazione in grado di garantire il massimo livello di riservatezza.
Nelle aziende con meno di cinquanta dipendenti, inoltre, viene consentita solo la segnalazione interna escludendo la possibilità di ricorrere al canale esterno e alla divulgazione pubblica.
Il Decreto, che per gli enti pubblici e una parte dei soggetti del settore privato ha gli effetti già decorrere dal 15 luglio 2023, introduce nuovi obblighi in materia di tutela dei dati personali, sia di chi segnala i presunti illeciti, sia delle persone segnalate e/o di eventuali terzi coinvolti nel processo.
In particolare il provvedimento, nel prevedere che le segnalazioni di eventuali illeciti possano essere effettuate attraverso tre diversi canali di segnalazione (interno all'Amministrazione di appartenenza, esterno con segnalazione all'ANAC e tramite divulgazione pubblica), da utilizzare in modo progressivo e sussidiario, richiede che ogni trattamento dei dati personali connesso alla gestione dei predetti canali debba essere eseguito a norma del Regolamento (UE) 2016/679 in materia di protezione dei dati personali o del D. Lgs.18 maggio 2018, n. 51.
I soggetti pubblici e privati che gestiscono i canali di segnalazione, essendo qualificati dalla normativa europea e nazionale vigente in materia di privacy "Titolari del trattamento", devono aver cura di allineare, fin dalla progettazione, ogni operazione ai principi di protezione dei dati personali fissati dall'art. 5 del GDPR e dall'art. 3 del D.lgs. n. 51/2018.
Le misure di tutela a fini applicativi
Qualsiasi operatore (nel caso delle scuole il dirigente scolastico oppure un ispettore svolgente accertamenti) deve fare applicazione delle norme di tutela in esame tenendo ben presente che le stesse intersecano vari complessi normativi, tra cui quelli riferibili all'accesso documentale in generale, alla privacy, ai procedimenti penali, disciplinari, di eventuale responsabilità contabile-patrimoniale.
- Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il dipendente pubblico o privato che segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.
- L'adozione di misure ritenute ritorsive nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
- Il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.
- L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria (articolo 52 Codice della giustizia contabile). Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
- In ogni caso, la denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
A tal uopo segnaliamo il link https://www.anticorruzione.it/-/del.311.2023.linee.guida.whistleblowing dove è possibile reperire le linee guide ANAC Approvate con Delibera n° 311 del 12 luglio 2023, nonché l’ Allegato 2 - Istruzioni sulla trasmissione di segnalazioni e l’Allegato 3 - Istruzioni sull'acquisizione delle segnalazioni
Lì,30.08.2023
IL VICE-PRESIDENTE VICARIO
Sabato Simonetti