IL DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO RIMESSO AL VAGLIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE

CONTRIBUTO PROFESSIONALE

Con ordinanza del 30.10.2023 il Tribunale amministrativo Regionale della Campania ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, commi 5-quater, 5-quinquies e 5 sexies del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, per contrasto con l’art. 117 comma 3 della Costituzione, disponendo l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

La vicenda trae origine dall’impugnativa da parte della Regione Campania del decreto interministeriale n. 127 del 30.6.2023, recante criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027, ai sensi dell'art. 19, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies del D.L. 6.7.2011 n. 98, come modificato e novellato dall'art. 1, comma 557, della l. 29.12.2022 n. 197 nonché delle note e di ogni altro atto preordinato, connesso e inerente l’esecuzione del decreto interministeriale stesso.

Con il decreto interministeriale n. 127 del 30 giugno 2023 il Ministro dell’Istruzione e del Merito di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ha stabilito i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi per gli anni scolastici 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027.

Con il suddetto decreto si stabilisce che “a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025 i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni tengono conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale. Le Regioni, sulla base dei criteri di cui al presente comma, anche ai fini di garantire le tutele ivi richiamate, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nel limite del contingente indicato nella tabella richiamata al comma 2 dell’articolo 2, sentite le Province e le Città metropolitane per le scuole secondarie di secondo grado e i Comuni per le scuole di ogni altro ordine a grado, utilizzando i procedimenti regionali a ciò finalizzati”.

Le dotazioni organiche dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la loro distribuzione tra le regioni sono indicate in apposita tabella allegata al decreto interministeriale, costituendone parte integrante.

Al fine di ricostruire il dettato normativo sotteso al decreto interministeriale, oggetto di impugnativa da parte della Regione Campania, occorre analizzare l’art.1 comma 557 della legge n. 197 del 29 dicembre 2022.

Le legge di bilancio per l’esercizio finanziario 2023, infatti, ha stabilito che “All’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 5-ter sono inseriti i seguenti: «5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato; 5-quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dello anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato; 5-sexies. In sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5- quinquies del presente articolo definisce un contingente organico, comunque, non superiore a quello determinato mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico, comunque, non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell'anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente”.

In attuazione delle disposizioni richiamate la Regione Campania vede assegnate n. 839 istituzioni scolastiche a differenza delle 899 precedenti; il che, secondo la ricostruzione del ricorrente e come si legge dell’ordinanza di rimessione, “si risolverebbe in un evidente vulnus contravvenendo alle esigenze di presenza dell’istituzione scolastica sul territorio regionale, specialmente nelle aree contrassegnate da maggiore disagio sociale”.

Giova, inoltre, precisare che non è stata raggiunta l’intesa nella seduta del 24.5.2023 in sede di Conferenza unificata per il voto contrario delle Regioni Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana.

Il decreto interministeriale n. 127 del 30.06.2023, pur in assenza di intesa, è stato registrato da parte della Corte dei Conti in data 2.8.2023 ed a partire da tale data ha acquisito piena efficacia con il conseguente obbligo esecutivo a carico degli enti destinatari.

L’impugnativa della Regione Campania del decreto interministeriale si fonda sulla violazione del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni sancito dall’art. 117 comma 3 della Costituzione, la quale prevede l’istruzione tra le materie di legislazione concorrente, stabilendo, inoltre, che “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

Le disposizioni impugnate, pertanto, a giudizio della Regione Campania, determinerebbero un’illegittima invasione nella sfera di competenza legislativa regionale, traducendosi non nella definizione di principi generali ma in una normativa di dettaglio da rispettare. L’impugnato decreto interministeriale n. 127/2023 sarebbe dunque viziato in via di derivazione dalla illegittimità costituzionale dell’art. 19, commi quater, 5-quinquies del D.L. n. 98/2011 convertito con la legge n. 111/2011, commi inseriti dall’art.1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025”).

La questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Regione Campania, è stata ritenuta dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania rilevante e non manifestamente infondata.

Quanto alla rilevanza, essa è apparsa, a giudizio del Collegio, sussistente considerando “che ove la Corte Costituzionale dovesse ritenere fondata la prospettata questione di legittimità costituzionale e per l’effetto espungere dall’ordinamento la fonte statale autorizzante, l’impugnato decreto ministeriale n. 127/2023 perderebbe il suo fondamento legislativo autorizzante e pertanto sarebbe illegittimo con l’ovvia conseguenza che il Tribunale dovrebbe accogliere il ricorso”.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il Collegio ha proceduto ad un’attenta analisi del dettato normativo vigente corredato dalle pronunce giurisprudenziali che ne chiariscono la portata e i contenuti.

In particolare, il Collegio ha ricordato che, come previsto dell’art. 117 comma 2 lett. n) della Carta Costituzionale, appartengono alla legislazione esclusiva statale “le norme generali sull'istruzione”, mentre, ai sensi dell’art. 117, comma 3, costituisce materia concorrente quella dell’istruzione, tra cui rientra la funzione organizzativa del servizio pubblico in questione.

La materia dell’istruzione, dunque, rientra nella potestà legislativa delle Regioni, esclusa la determinazione dei principi fondamentali di spettanza statale.

La Corte costituzionale in precedenti pronunce (cfr. Corte Cost. n. 147/2012, n. 92/2011 e n. 200/2009) ha avuto modo di precisare che rientrano tra le norme generali sull'istruzione “quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali. Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell'istruzione “quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale”.

La giurisprudenza costituzionale, inoltre, ha ulteriormente chiarito che  “proprio alla luce del fatto che già la normativa antecedente alla riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 d.lgs. n. 112 del 1998, è da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita, sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo” (cfr. Corte Cost. 21 dicembre 2016, n. 284).

Si è statuito in ambito costituzionale in riferimento all’istituzione di nuove scuole che “la norma oggetto di conflitto che, in riferimento alla scuola dell'infanzia, dispone che "l'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni avviene in collaborazione con gli enti territoriali, assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie al sistema scolastico nel suo complesso", non può essere considerata norma generale sull'istruzione e, riguardando in maniera diretta il dimensionamento della rete scolastica sul territorio, invade la competenza concorrente delle regioni (in materia di istruzione) sul punto specifico di adattamento della rete scolastica alle esigenze socio-economiche di ciascun territorio regionale; né, d'altra parte, la norma può essere ascritta all'area dei principi fondamentali della materia concorrente dell'istruzione [ …]” (Corte Costituzionale, 21 marzo 2011, n. 92).

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, ripercorrendo la giurisprudenza costituzionale in materia di istruzione, come si legge nell’ordinanza, ha analizzato  “la differenza, additata da Codesta Sovrana Corte, tra norme che richiedono per l’attuazione l’intervento ragionale e norme che invece richiedono solo un intervento esecutivo della Regione”, la quale “può individuarsi nella circostanza che le prime, per poter essere portate ad effetto, postulano l’intervento di ulteriori atti del legislatore regionale, laddove quelle che richiedono il mero intervento esecutivo dell’ente territoriale sono quelle che hanno già definito in modo più completo la fattispecie normativa. Ebbene, solo le norme che dettano principi fondamentali, e che quindi necessitano per la loro attuazione di ulteriori norme di legge regionale, possono legittimamente essere varate dello Stato”.

L’art. 19 comma 5-quater del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, secondo cui “Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, (…) sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata” appare, a giudizio del Collegio, “incontrovertibilmente esorbitante i confini delle norme dettanti i soli principi fondamentali della materia dell’istruzione e come tale riservata alla normazione statale”.

La suddetta disposizione, infatti, a giudizio del Tribunale Amministrativo, autorizzando un decreto interministeriale a fissare criteri direttivi per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali ed amministrativi e la loro distribuzione sul territorio regionale, integra non una norma di principio ma di dettaglio.

Nell’ordinanza si legge che “dettare dei criteri a cui debba uniformarsi la normazione regionale equivale, infatti, in ultima analisi, a imbrigliare la potestà normativa della regione entro margini assai limitati, atteso che appare evidente che ogni criterio in quanto tale circoscrive e astringe lo spazio di determinazione autonoma del destinatario del criterio stesso”.

Il Collegio precisa che “non può certo configurarsi e realizzarsi autonomo dimensionamento della rete scolastica da parte dell’Ente territoriale, a fronte di una presupposta griglia di criteri – dettati dal legislatore statale – la quale non può che avere l’effetto di costringere lo spazio di residua autonomia normativa affidato alle Regioni”. “La sospetta infrazione costituzionale, infatti, discende dal congiunto operare delle citate norme di legge statale autorizzante e della pedissequa fonte secondaria, disposizioni che finiscono per costituire un tutt’uno con la norma statale”.

L’art. 117 comma 3 della Costituzione prevede che nelle materie di legislazione concorrente lo Stato abbia potestà legislativa unicamente per la determinazione dei principi fondamentali. Appare, dunque, dirimente la differenza ontologica tra “principi fondamentali” e “criteri”.

I primi evocano, secondo il Collegio “le linee di base, di fondo, della legislazione, afferenti a nozioni e concetti di ampia portata e respiro; laddove i criteri si traducono in fattori e parametri guida, che consistono in proposizioni utili a distinguere, discernere, giudicare e sono pertanto caratterizzati da un concreto tasso di definitorietà e specificità, a differenza dei principi fondamentali che si arrestano, invece ad un più rarefatto livello di generalità”.

L’art.19 comma 5-quinquies del D.L. n. 98/2011 fissa, inoltre, un coefficiente numerico per il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (non inferiore a 900 e non superiore a 1000) in caso di mancato accordo, il quale si connota “per uno spiccato carattere di disposizione di dettaglio e non certo di principio, elidendo in toto ogni spazio di concorrente intervento del legislatore regionale che finisce per essere in buona sostanza esautorato”.

Il Collegio, inoltre, riporta nell’ordinanza in rassegna la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 64, comma 4, lettera f bis) D.L. 25 giugno 2008 n. 112 (c.d. Decreto Bersani), conv., con modificazioni, in Legge 6 agosto 2008 n. 133 che dettava norme di dettaglio per la definizione del ridimensionamento della rete scolastica.

All’epoca la Corte Costituzionale ha così argomentato: “Premesso che la normativa antecedente alla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 d.lg. n. 112 del 1998, e che deve quindi escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le regioni di una funzione che era già ad esse conferita sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo, la disposizione censurata, la quale prevede che, con atto regolamentare, si dovrà provvedere alla "definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica", lungi dal poter essere qualificata come "norma generale sull'istruzione", invade spazi riservati alla potestà legislativa delle regioni relativi alla competenza alle stesse spettante nella disciplina dell'attività di dimensionamento della rete scolastica sul territorio, poiché la mera sussistenza di un ambito materiale di competenza concorrente comporta che non è consentita, ai sensi del comma 6 dell'art. 117 cost., che attua il principio di separazione delle competenze, l'emanazione di atti regolamentari (sent. n. 34 del 2005).” (Corte Cost., 2 luglio 2009, n. 200).

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, dunque, richiamando la giurisprudenza costituzionale passata, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, commi 5-quater, 5-quinquies e 5 sexies del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, per contrasto con l’art. 117 comma 3 della Costituzione, ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sospendendo, inoltre, in accoglimento della domanda cautelare, il D.M. n. 127/2023 e le note ministeriali impugnate nei limiti dell’interesse del ricorrente.

La suddetta ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale rappresenta un’occasione per discutere i limiti e i poteri tra Stato e Regioni in ordine al tema del dimensionamento delle istituzioni scolastiche, all’interno della più ampia cornice relativa al corretto confine tra la legislazione esclusiva statale e la potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni.

 

Lì, 03.11.2023

D’INTESA CON IL PRESIDENTE

IL PRESIDENTE PROVINCIALE ANQUAP FROSINONE

Annalisa Della Posta


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