Il Tar Lazio, Roma, Sezione IV-ter, con sentenza 3 novembre 2023, n. 16305, a seguito del ricorso Uilpa Polizia Penitenziaria, ha dichiarato illegittimo il Decreto Ministeriale n. 206 del 17 ottobre 2017, emesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a firma del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione e del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, pubblicato il 29 dicembre 2017 sulla Gazzetta Ufficiale n. 392, concernente il “Regolamento recante modalità per lo svolgimento delle visite fiscali e per l’accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonché l’individuazione delle fasce orarie di reperibilità, ai sensi dell’articolo 55-septies, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
Il D.M. 206/2017 è una delle disposizioni attuative della “riforma Madia”, che in effetti ha ripreso, nella sostanza, la reiterazione delle norme risalenti al 2009 sancite dalla “Decreto Brunetta legge n. 112/2008”, che introdusse la nuova disciplina sulle assenze nel pubblico impiego per malattia, tra cui la determinazione delle fasce di reperibilità dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, mentre nel privato dette fasce sono ristrette agli orari 10:00-12:00 e 17:00-19:00.
Nulla vieta al Governo di fissare per i dipendenti della PA regimi normativi e di trattamento particolari e specifici, infatti la sentenza del Tar Lazio rammenta, “In particolare, l’art. 18 del citato d.lgs n. 75 del 2017 ha novellato l’art. 55 septies del d.lgs n. 165 del 2001, introducendo il comma 2 bis, concernente la competenza dei controlli in capo all’INPS, con la previsione di apposite convenzioni per disciplinare il rapporto tra detto Ente e i medici di medicina fiscale, e modificando il comma 5 bis nel seguente modo: “Al fine di armonizzare la disciplina dei settori pubblico e privato, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le fasce orarie di reperibilità entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo e sono definite le modalità per lo svolgimento delle visite medesime e per l’accertamento, anche con cadenza sistematica e ripetitiva, delle assenze dal servizio per malattia. Qualora il dipendente debba allontanarsi dall’indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, che devono essere, a richiesta, documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione che, a sua volta, ne dà comunicazione all’Inps”.
E’ chiaro che l’intento della norma richiamata era, dunque, modificare l’assetto ordinamentale rispetto a quello del 2009; questo, infatti, introducendo la disciplina delle fasce di reperibilità, quasi raddoppiata rispetto al lavoro privato; l’enunciazione del fine di “armonizzare” i due regimi avrebbe dovuto condurre, sul piano logico, ad una modifica delle fasce, che quanto meno avvicinasse i due regimi o li rendesse equiparati.
Il Tar, a ragione e correttamente afferma: “Va quindi verificato se esso (il DM attuativo 206/2017) effettivamente dia attuazione alla richiamata norma primaria. Ed infatti la risposta a tale domanda consente di chiarire la fondatezza o meno del ricorso in epigrafe”.
La verifica dà un esito negativo; “Al riguardo è sufficiente leggere l’art. 3 del decreto per concludere nel senso della non idonea attuazione della suindicata norma di legge. In particolare, con riferimento al solo settore pubblico, le fasce orarie di reperibilità sono così indicate: 9:00-13:00 e 15:00-18:00, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi. Nulla è innovato rispetto al decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 206 del 2009, specificamente riferito solo ai dipendenti pubblici”.
La sentenza del TAR richiama il parere del Consiglio di stato, che all’epoca si disse esplicitamente contrario al mantenimento della disarmonia tra fasce di reperibilità nel pubblico e nel privato, affermando di condividerne le conclusioni.
Il Tar, sulla base della violazione del fine dell’armonizzazione e della conseguente permanenza di regimi molto differenziati tra pubblico e privato, corrobora e specifica: “La mancata armonizzazione ha altresì determinato una disparità di trattamento tra settore pubblico e settore privato, a parere del Collegio, del tutto ingiustificata, considerato che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito. Ne è quindi derivata la violazione dell’art. 3 Costituzione, non essendo rispettato il principio di uguaglianza.
- Il mantenimento delle differenziate fasce orarie, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell’arco di una giornata) è indicativo anche di uno sviamento di potere: la stessa motivazione addotta dall’Amministrazione nell’interlocuzione con il Consiglio di Stato (il mancato allineamento delle fasce di reperibilità per il settore pubblico a quelle del privato è dovuto ad una minore incisività della disciplina dei controlli) è una dimostrazione del fatto che si parte dall’idea che per il settore pubblico servano controlli rafforzati. Tali controlli ripetuti, associati ad una restrizione delle ipotesi di esclusione dall’obbligo di rispettarle, sembrano piuttosto diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia, in contrasto con la tutela sancita dalla Carta costituzionale dall’art. 32”.
Il Tar annulla: “Le considerazioni svolte nella presente disamina conducono all’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento che ne costituisce l’oggetto”. Pertanto, l’articolo 3 del DM 206/2017 erga omnes, è annullato per tutti.
Non si tratta di sentenza facente stato solo tra le parti.
“Stante l’effetto conformativo riconosciuto alla sentenza, nell’adozione del nuovo decreto non potrà non tenersi conto di quanto affermato nel presente provvedimento.
Le PA e quindi anche le II.SS. autonome è bene che si conformino esse stesse alla sentenza, perché, si ribadisce, essa annulla l’articolo 3 del DM, che quindi cessa di produrre effetti per tutti.
Lì, 06.11.2023
IL VICE-PRESIDENTE VICARIO
Sabato Simonetti