Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento della Funzione Pubblica
Al Ministro dell’Istruzione e del Merito
Gabinetto del Ministero
e p.c.
Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
All’ARAN
Alle II.SS. e II.EE.
Oggetto: note relative allo sciopero proclamato dai Direttori SGA delle Istituzioni Scolastiche ed Educative per l’11/11/2024, su categoria dei quadri e reformatio in peius operata dall’art. 55 del CCNL 18/1/2024.
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Facendo seguito al documento di proclamazione dello sciopero, si allegano le seguenti note di approfondimento, relative a quanto forma oggetto di doglianza della specifica categoria di lavoratori, con il suffragio dei riferimenti normativi e giurisprudenziali.
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I DSGA contestano nello specifico:
1. l’art. 55 C.C.N.L. del CCNL 18 gennaio 2024 nella sua interezza e in particolare nella parte in cui istituisce una posizione di lavoro già esistente (dal 1° settembre 2000) e precarizza il rapporto di lavoro dei destinatari dell’incarico triennale di Direttore SGA;
2. la nota ministeriale n. 129323 del Ministero dell’istruzione e del merito Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione generale per il personale scolastico del 26 Agosto 2024 e relativo format n. 1 allegato, successivamente sostituita;
3. la nota ministeriale n. 139730 del Ministero dell’istruzione e del merito Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione generale per il personale scolastico del 10 Settembre 2024 in particolare nella parte in cui “con specifico riguardo alla nuova area dei funzionari e dell’elevata qualificazione, nella quale è confluito, secondo il meccanismo di trasposizione automatica di cui all’Allegato B al C.C.N.L., il personale precedentemente inquadrato nell’Area D, con la qualifica di Direttore dei servizi generali e amministrativi, l’attuale impianto negoziale opera, a differenza del passato, una distinzione tra la qualifica professionale rivestita e la “posizione di lavoro” di D.S.G.A., che costituisce oggetto di un incarico triennale di elevata qualificazione, attribuito dal responsabile dell’ufficio relativo all’Ambito territoriale a seguito di procedure cui devono partecipare tutti i dipendenti inquadrati nell’area dei funzionari e dell’elevata qualificazione” e relativo format n. 1 allegato, che sostituisce la precedente del 26 agosto 2024;
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Si richiama, a sostegno della contestazione da parte dei Direttori SGA delle Istituzioni Scolastiche ed Educative, la normativa e la giurisprudenza di riferimento:
a) La Cassazione garantisce la regola dell’intangibilità dei diritti quesiti:
La Suprema Corte ha affermato che “secondo un risalente indirizzo di questa Corte, il principio per cui alla contrattazione collettiva non è consentito incidere, in relazione alla regola dell’intangibilità dei diritti quesiti, su posizioni già consolidate o su diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte degli stessi, non si applica alla distinta ipotesi in cui il contratto collettivo venga ad incidere su posizioni non ancora qualificabili come di diritto soggettivo, ma soltanto a regolare le condizioni di acquisto di diritti futuri (ad esempio: salario non maturato, contingenza non ancora scattata) (in tal senso Cass. civ., sez. lav., 17.3.1999, n. 2429; id., sez. lav., 12.9.1995, n. 9646; id., sez. lav., 23.7.1994, n. 6845, e in termini analoghi id., sez. lav., 1.7.2014, n. 14944; id., sez. lav., 29.9.2009, n. 20838; id., sez. lav., 22.6.2004, n. 11634).” [in tal senso si esprime la sentenza della S.C. n. 14216 depositata il 23 maggio 2023]
Pertanto, lo si ribadisce, all’unisono con la Suprema Corte, alla contrattazione collettiva non è consentito incidere, in relazione alla regola dell’intangibilità dei diritti quesiti, su posizioni già consolidate o su diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte degli stessi.
b) Il termine “posizione di lavoro” di cui al già citato art. 55 e alla sopra richiamata nota ministeriale n. 139730 esprime un concetto inesistente - la disciplina dei quadri si deve applicare anche alla PA:
Benché siano passati anni dalla riforma, ci si rammarica che nessun contratto collettivo del pubblico impiego, e tantomeno quello del comparto scuola, abbia ancora previsto il riconoscimento della categoria di quadro nel sistema di classificazione del personale.
Il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione continua ad essere retto da una organizzazione fondata unicamente sulla suddivisione tra dirigenti e personale delle aree. In mezzo, tra queste due macro categorie, non c’’è nulla, perché i contratti collettivi di comparto del settore pubblico non hanno ritenuto di istituire una qualifica intermedia, che rappresenti e riconosca le specifiche problematiche di quella parte (numerosa) dei lavoratori pubblici che rivestono funzioni di elevata responsabilità e specializzazione.
La mancata previsione di un inquadramento separato e distinto per le professionalità medio-alte finisce per tradire lo spirito della riforma del pubblico impiego, impedendo che il modello di organizzazione delle aziende private sia pienamente esteso alla pubblica amministrazione. La classificazione del personale dipendente nelle quattro categorie (di operaio, impiegato, quadro e dirigente) delineate dall’’art. 2095 cod. civ. costituisce uno dei tratti essenziali del lavoro privato, in assenza del quale il processo di “privatizzazione” del pubblico impiego non può dirsi compiuto.
Ed a risentire di questa perdurante diversità nel sistema di classificazione sono proprio le professionalità elevate, che per effetto del loro indistinto inquadramento nella più generale categoria del personale delle aree vedono negata la specificità degli interessi e delle problematiche di cui sono portatrici.
Per quanto concerne il comparto scuola, in particolare, il modello di inquadramento operante nel settore pubblico impedisce di riconoscere ai Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi sul piano giuridico/contrattuale una propria autonoma identità professionale, che rappresenti e persegua gli specifici interessi di cui questa categoria di lavoratori è portatrice.
Si richiamano le argomentazioni che l’organizzazione sindacale di categoria ha già fatto proprie e che sorreggono l’’istanza di riconoscimento della categoria di quadro. In primis viene in rilievo la legge 13.5.1985 n. 190, che ha operato la suddivisione dei prestatori di lavoro subordinato nelle quattro categorie civilistiche degli operai, impiegati, quadri e dirigenti. Trova, in particolare, applicazione l’’art. 2, co. 1, della legge 13.5.1985 n. 190, a norma del quale “La categoria dei quadri è costituita dai prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa”.
Attraverso questa disposizione il legislatore ha delineato gli elementi essenziali che caratterizzano la posizione di quadro e la distinguono dalle altre categorie legali in cui sono stati suddivisi i lavoratori dipendenti. Infatti: il quadro si caratterizza per essere il profilo professionale che nella gerarchia interna viene subito dopo il dirigente; il quadro è preposto all’esercizio di attività che contribuiscono in modo significativo al perseguimento dei risultati e delle finalità dell’’amministrazione; il quadro esercita dette funzioni di rilevante importanza con carattere di continuità.
La stessa lettura della norma è stata resa dalla giurisprudenza di legittimità, che ha osservato come “(……) l’art. 2, 1° comma, legge citata conteneva una definizione sufficientemente articolata e diffusa della categoria in questione, facendo riferimento ad una posizione aziendale immediatamente successiva a quella dei dirigenti, alla rilevante importanza delle funzioni, alla loro continuità ed alla loro inerenza agli obiettivi dell’impresa; definizione nella quale andavano sottolineati sia il valore del collegamento tra la rilevante importanza delle funzioni e gli obiettivi dell’impresa, in virtù del quale la posizione aziendale dei quadri doveva ricondursi nell’ambito dell’attività direzionale dell’impresa, sia la collocazione degli stessi tra la categoria dei dirigenti e quella degli impiegati (…)” (Cass. 27.2.1995 n. 2246; nello stesso senso, Cass. 2.12.1998 n. 12214).
Nel comparto scuola, dall’’applicazione di questa disciplina, deriva il diritto dei Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi, che ricoprono responsabilità ed esercitano funzioni corrispondenti alla definizione della posizione di quadro dettata dalla legge 13.5.1985 n. 190, al riconoscimento della relativa categoria di inquadramento.
Il Direttore dei servizi generali e amministrativi si trova, in questo senso, al vertice dell’organizzazione tecnico-amministrativa della scuola, essendovi in posizione a lui sovraordinata il solo Capo d’Istituto, inquadrato nella categoria di dirigente. Il DSGA ricopre, inoltre, funzioni di primo piano per lo sviluppo e l’attuazione degli obiettivi dell’amministrazione scolastica, coordinando il lavoro di tutto il personale ATA e gestendo i servizi generali, amministrativi e contabili della scuola.
In sostanza, alla luce dell’’ampio e articolato ventaglio di responsabilità che ne connotano il ruolo professionale, risulta che il DSGA svolge funzioni che incidono in modo significativo e determinante nella realizzazione degli obiettivi dell’amministrazione scolastica. In questo quadro normativo, è inaccettabile escludere il pubblico impiego dal campo di applicazione della legge 13.5.1985 n. 190 e, più in generale, dal sistema di classificazione del personale delineato dall’art. 2095 cod. civ..
Le disposizioni sul lavoro privato sono state, infatti, estese in via generalizzata ai rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, con la sola eccezione di alcune materie indicate tassativamente dal legislatore. E tra le materie per le quali continua ad operare una normativa speciale, separata e distinta rispetto alla disciplina dei rapporti di lavoro di diritto privato, non rientrano le disposizioni che concernono il sistema di classificazione dei lavoratori. In nessun passaggio della riforma, le cui disposizioni sono oggi raccolte nel Testo Unico del pubblico impiego (il D.Lgs. 30.3.2001 n. 165), è dato rinvenire una riserva di legge con riferimento all’art. 2095 cod. civ. ed al modello di classificazione del personale operante per le imprese.
Ma il riconoscimento della qualifica di quadro non può essere vanificato neppure dalla mancata previsione della categoria da parte del contratto collettivo. Anche sotto questo profilo, le valutazioni dell’’amministrazione scolastica devono essere fermamente contestate. Se è vero che gli artt. 2, II° comma, e 3 della legge 13.5.1985 n. 190 prevedono che i requisiti di appartenenza alla categoria di quadro siano stabiliti dalla contrattazione collettiva entro un anno dall’entrata in vigore della legge, è altrettanto indiscutibile che il difetto di intervento da parte di quest’ultima non può impedire l’attribuzione della qualifica.
Il diritto alla categoria di quadro nasce direttamente dalla legge e deve essere riconosciuto anche in mancanza di una disciplina contrattuale collettiva integrativa. La giurisprudenza di legittimità ha avuto più di un’’occasione per confrontarsi con questa problematica ed è giunta alla conclusione che “Il diritto al riconoscimento della qualifica di quadro, istituita dalla legge 13 maggio 1985 n. 190, è configurabile anche se, entro l’anno dall’entrata in vigore della legge, la contrattazione non abbia provveduto, a norma degli artt. 2 e 3, a stabilire i requisiti di appartenenza alla categoria.” (Cass. 27.2.1995 n. 2246; v. anche, Cass. 2.12.1998 n. 12214).
Il giudizio reso dalla giurisprudenza di legittimità è pienamente condivisibile, tanto più se si considera che lo stesso art. 2095 cod. civ., nel suo II° comma, opera un analogo rinvio alla contrattazione collettiva, senza che in passato ciò abbia mai impedito la rivendicazione delle categorie di operaio, impiegato e dirigente in difetto di uno specifico intervento della disciplina contrattuale collettiva.
Negare all’art. 2095, cod. civ. carattere immediatamente precettivo significherebbe, del resto, subordinare l’applicazione della legge nazionale all’intervento di una fonte secondaria, quale necessariamente è la contrattazione collettiva, con evidenti effetti negativi sulla certezza del diritto. È sufficiente che la contrattazione collettiva rinvii a tempo indeterminato la configurazione della categoria di quadro, o che, come nella fattispecie, ometta completamente di provvedere al riguardo, per vanificare l’operatività stessa della legge.
Anche a questo proposito, meritano di essere riportate le osservazioni della Suprema Corte, per la quale si pone il problema se “la qualifica di “quadro” possa essere attribuita solo per la legge, se, in altre parole, la detta qualifica possa trovare fondamento direttamente nella sua legge istitutiva o questa, per dar effettiva vita ai “quadri” nel mondo del lavoro, debba essere integrata necessariamente dalla contrattazione collettiva…Ritiene il Collegio fondata la prima delle due alternative, proprio perché dalla citata legge nulla viene previsto per il caso in cui la contrattazione collettiva non segua entro un anno dalla sua entrata in vigore e non potendosi ritenere che la legge, nel momento stesso in cui introduceva nell’ordinamento giuridico la categoria in esame, abbia previsto la possibilità che ciò fosse lasciato senza limiti di tempo alla volontà delle parti collettive, le quali potevano persino non dare affatto applicazione alla legge stessa….“Va, dunque, affermato che, laddove la normativa collettiva non provveda con norme proprie a dare attuazione alla legge, il giudice possa attribuire la qualifica di quadro al lavoratore dipendente sulla base delle indicazioni specifiche poste dalla legge n. 190/1985 (…)” (Cass. 2.12.1998 n. 12214, cit.).
Alla luce di queste considerazioni, in una funzione di tutela delle istanze di cui sono portatrici le alte professionalità del pubblico impiego, si confida che venga dato atto dell’estensione della categoria di quadro al lavoro nella pubblica amministrazione, come peraltro già occorso, innanzi ai Giudici del lavoro, che hanno riconosciuto il diritto del lavoratore alle dipendenze del Ministero al riconoscimento della predetta categoria di quadro pur in mancanza di una specifica previsione del contratto collettivo.
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Le considerazioni che precedono vanno completate con un ultimo dato: la stabilità del rapporto di lavoro (che è a tempo indeterminato) e la posizione stipendiale (DA DSGA) si configurano certamente diritti quesiti.
Tre elementi oggettivi suffragano questo assunto:
1) Bando del 2018 (lex specialis): ART. 18 COMMA 1 à “Nei limiti delle facoltà assunzionali previste dall’articolo 39, commi 3 e 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, il candidato utilmente collocato nella graduatoria finale di merito, in regola con la prescritta documentazione, è invitato a stipulare un contratto individuale di lavoro, finalizzato all’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato nel profilo professionale di direttore dei servizi generali ed amministrativi ed assegnato ai ruoli provinciali in base all’ordine di graduatoria e delle preferenze espresse all’atto dello scorrimento della graduatoria”.
Quanto sopra vale anche per chi aveva già conseguito il ruolo di Direttore SGA a partire dall’1/9/2000 e anni successivi.
2) Contratto individuale di lavoro: “SI CONVIENE E SI STIPULA il presente contratto di lavoro individuale a tempo indeterminato nell’area professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, per l’assolvimento delle funzioni attribuite al profilo professionale di direttore dei servizi generali ed amministrativi (…)” e inoltre
(…) Il trattamento economico, spettante dalla data di effettiva assunzione in servizio, corrisponde alla posizione iniziale prevista nelle vigenti tabelle contrattuali ed e' pari a euro 24910,87 (importo comprensivo della 13’ mensilità), come stipendio annuo lordo secondo le vigenti tabelle contrattuali oltre ogni altro assegno o indennità previsti dalle vigenti disposizioni.”
Identico contratto individuale di lavoro è stato stipulato, nel corso degli anni a partire dal 1° settembre 2000, da tutti coloro che a vario titolo sono diventati Direttori SGA.
3) ANQUAP NON è firmataria del nuovo CCNL
Le seguenti considerazioni, infine, confermano la rilevanza del dato oggettivo:
È evidente che se la stabilità del rapporto di lavoro non si configurasse quale diritto quesito allora ci troveremmo di fronte ad un contratto a tempo determinato.
A nulla rileva che il comma 6 dell’art. 55 CCNL 2019-21 aggiunga: “Ferma restando la durata triennale dei singoli incarichi, ai dipendenti che, sulla base del previgente ordinamento professionale, erano inquadrati nell’Area dei DSGA è garantito, fino alla cessazione del rapporto di lavoro, l’incarico di DSGA nonché il diritto di precedenza laddove presentino domanda per la stessa sede ove hanno svolto l’incarico nel triennio precedente.”
La frase “Ferma restando la durata triennale dei singoli incarichi” lascia dedurre che il contratto per il profilo professionale di D.S.G.A. sia stato illegittimamente riformato in pejus degradandolo a contratto di lavoro a tempo determinato.
Inoltre, anche il cd. “rinnovo automatico” previsto per i dipendenti, che erano inquadrati nell’area dei DSGA nel previgente ordinamento professionale, non conferisce alcuna stabilità nel tempo, in quanto la stessa disposizione potrebbe essere modificata nei successivi rinnovi contrattuali.
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Si confida che quanto precede, relativo a diritti quesiti per i quali si profila un ingiustificabile compressione in pregiudizio di personale qualificato e, per conseguenza contrario ai principi di buon andamento della P.A., possa trovare il riscontro e si resta a disposizione per un auspicabile confronto.
Distinti saluti.
Lì, 07.11.2024
IL PRESIDENTE
Giorgio Germani
P.S.: la presente nota è stata predisposta con la collaborazione della collega Michela Rebolia e dell’Avv. Stefano Boero.